lunedì 8 giugno 2015

Alastair Crooke - Se la Siria e l'Iraq vanno in pezzi, lo stesso succederà a Tripoli e al Libano settentrionale


Traduzione da Huffington Post.

Beirut. In questi giorni ci si chiede se la Siria e l'Iraq finiranno per subire delle divisioni territoriali. Il discorso è diventato attuale perché Arabia Saudita, Qatar e Turchia hanno deciso tutti insieme di ammassare molti jihadisti a ridosso delle frontiere siriane. Secondo due politici ben informati con cui ho potuto parlare, oltre diecimila combattenti wahabiti o salafiti, per lo più appartenenti ad An Nusra, ovvero ad Al Qaeda, sono stati raggruppati dai servizi segreti dei paesi di cui sopra. Si tratta per lo più di non arabi, provenienti dalla Cecenia, dal Turkmenistan e da altri paesi. E' chiaro che a Washington sono al corrente di questa oltremodo costosa operazione saudita, ed è altrettanto chiaro che hanno deciso di chiudere un occhio.
L'idea che l'Iraq possa subire una scissione ha acquistato molta visibilità dopo che lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante ha fatto il suo ingresso in Ramadi, con quella che è stata sostanzialmente una passeggiata militare. L'immagine delle lunghe colonne di Toyota Land Cruiser dello Stato Islamico con gli stendardi neri al vento, che si dirigevano verso Ramadi lungo le sgombre carreggiate nel deserto della strada proveniente dalla Siria senza che in cielo si vedesse un solo aereo ameriKKKano richiedono certamente una qualche spiegazione. Non può esistere bersaglio più facile di una evidente colonna di veicoli che si snoda lungo una strada di grande comunicazione in mezzo ad un deserto.
Chissà che questi due casi di cecità selettiva non abbiano qualcosa a che fare con la necessità di persuadere il Consiglio degli Stati del Golfo a sottoscrivere a Camp David una dichiarazione in cui accettano l'idea che un accordo con l'Iran sul programma nucleare riguarda i loro "interessi in materia di sicurezza". Oggi come oggi Obama ha un disperato bisogno di far vedere Netanyahu come l'isolato bastian contrario che si oppone ad un accordo con l'Iran, e di minare in questo modo la sua capacità di influenzare il Congresso.
Guarda caso, nel contesto di una controversia legale federale è stata resa pubblica una considerazione prodotta ai più alti livelli della D.I.A. statunitense nell'agosto di tre anni fa. Vi si legge che "Se la situazione [in Siria] si sblocca, esiste la possibilità di impiantare un'entità statale salafita, dichiarata o meno, nella zona orientale del paese (hasakah e Deir ez Zor). QUesto è quello che vogliono i paesi che sostengono l'opposizione, per isolare il governo siriano". La dichiarazione afferma che la creazione di questa entità salafita avrebbe "conseguenze tragiche" per l'Iraq, che avrebbe probabilmente portato alla nascita di uno Stato Islamico e che avrebbe "instaurato il clima ideale per permettere ad Al Qaeda in Iraq di tornare nelle sue vecchie roccaforti di Mossul e di Ramadi".
Pochi giorni dopo l'uscita del testo che conteneva queste affermazioni della DIA John Bolton ha conferito ad esse maggior peso: "Credo che gli arabi sunniti non consentiranno mai di far parte di uno stato [l'Iraq] in cui il rapporto con gli sciiti è di tre contro uno. Lo Stato Islamico in Iraq e nel Levante ha saputo approfittarne. Io penso che il nostro obiettivo dovrebbe essere la creazione di un nuovo stato sunnita nell'Iraq occidentale e nella Siria orientale, guidato da moderati o almeno da autorità che non siano islamici radicali".
E questo è esattamente quello che è successo. Perché dovremmo esserne sorpresi? L'idea di frammentare i grandi stati arabi in enclave etniche o su base settaria è un vecchio cavallo di battaglia di Ben Gurion e dividere l'Iraq su basi confessionali è quello che il vicepresidente Joe Biden sta cercando di fare fin dai tempi della guerra. L'idea di mettere un cuneo sunnita lungo il percorso che unisce l'Iran alla Siria fino a Hezbollah in Libano è un'idea condivisa dagli occidentali fin dai tempi della guerra del 2006, in cui lo stato sionista fallì nel tentativo di sradicare Hezbollah. Per rifarsi dallo smacco del 2006 le potenze occidentali hanno pensato si dovesse isolare Hezbollah dall'Iran che gli fornisce armi.
In breve, l'affermazione della DIA indica che questa idea del cuneo sunnita è tornata in voga quando è servito fare pressione su Assad, ai tempi dell'insurrezione del 2011 scatenata contro lo stato siriano. I "paesi che sostenevano l'insurrezione" volevano davvero iniettare un fluido idraulico di frattura nella Siria orientale, rappresentato dai salafiti radicali, che permettesse di lesionare il ponte che unisce l'Iran ai suoi alleati arabi, anche se le conseguenze dell'operazione si sarebbero fatte sentire in Iraq fino a Ramadi. Le dichiarazioni dei servizi dovevano fornire un punto di vista, non descrivere o prescrivere una pratica politica: chiaro è che gli ammonimenti contenuti nello scritto della DIA erano entrati in un giro piuttosto ampio ed erano ormai parte delle valutazioni politiche.
Ecco, adesso i "pareri" della DIA sono diventati realtà, sono diventati qualcosa di concreto. Si potrebbe concludere che nel dibattito politico l'idea di isolare Hezbollah dall'Iran e di indebolire e di mettere sotto pressione il Presidente Assad hanno finito per distorcere le facoltà di giudizio che si basano sul buon senso fino a far dimenticare che quando si pompano fluidi di frattura altamente tossici in una formazione geologica non si può mai avere una consapevolezza precisa o completa di quelle che saranno le conseguenze. Una volta imboccata questa strada non è che si possa facilmente tornare indietro: il fluido velenoso si è già diffuso tra le rocce. Sicché, il Consiglio degli Stati del Golfo ha preteso una contropartita in cambio di un qualsiasi accordo con l'Iran (vale a dire il concentramento di molte forze... di rottura vicino ad Aleppo), ma il benestare di Washington era in parte già arrivato nel 2012, quando non ci sono state obiezioni a fronte di quello che i "sostenitori dell'insurrezione" volevano fare.
Cosa succederà allora, il Medio Oriente si strutturerà attorno ad un solido corridoio wahabita/salafita compreso tra l'Iraq e la Siria con i paesi non wahabiti (Iran, Iraq, Siria, Yemen e Hezbollah) che vi si oppongono in permanenza con le armi? Forse sarà così, al momento non possiamo saperlo. Le dichiarazioni del secondo di Hezbollah sceicco Naim Qassem e quelle di Sayyed Hassan Nasrallah fanno pensare che né l'Iran né Hezbollah accetteranno una Siria in quelle condizioni. Non si sa se per l'Iraq siano della stessa opinione, ma a nostro modo di vedere almeno l'Iran lo è.
Un comandante superiore dello Hashad iracheno si è espresso in modo simile: "E' impossibile stradicare lo Stato Islamico dall'Iraq senza inseguirlo in Siria. Passeremo sopra alle nostre divergenze con la Siria e ci sforzeremo tutti insieme per eliminare lo Stato Islamico... Gli Stati Uniti sapevano che lo Stato Islamico si sarebbe espanso in Siria, e stavano progettando di dividere l'Iraq. Ora è tutto finito...". Commenti come questi fanno pensare che l'Iran risponderà in modo più incisivo. Ed è difficile pensare che anche Russia e Cina non si muoveranno, vista la composizione delle forze che i servizi sauditi e turchi stanno mettendo insieme.
In tutte queste congetture esiste un altro aspetto da approfondire. Nessuno parla del Libano. Se si deve creare una frattura tra Siria ed Iraq e il fondamentalismo sunnita più intransigente fa nuovamente il suo ingresso "nelle vecchie roccaforti di Mossul e di Ramadi" -come le chiama la DIA- perché mai Tripoli e il nord del Libano non dovrebbero subire fratture analoghe? In Libano, Tripoli è stata a tutti gli effetti il primo "emirato" nello stile dello Stato Islamico.
Sul come mai Tripoli in Libano potrebbe aver fatto nascere un movimento salafita jihadista è necessaria qualche spiegazione in più. Tripoli è una città di mezzo milione di abitanti che è in sostanza il cardine della potenza sunnita libanese. Tripoli, per tradizione, è il centro del movimento nazionalista panarabo e delle pulsioni nasseriane; fino alla guerra civile, ha fatto parte della principale corrente sunnita nella regione. Negli anni Venti e Trenta del passato secolo il movimento militante arabo è stato così forte in città che i suoi abitanti si opposero aspramente all'inclusione di Tripoli in un "grande Libano". Negli anni Trenta i sunniti di Tripoli presero parte ad una rivolta armata diretta contro questa possibilità, pretendendo invece che Tripoli rientrasse con le città siriane di Homs, Hama ed Aleppo in una distinta area autonoma sunnita.
La nascita dello jihadismo a Tripoli può essere fatta risalire all'inizio della guerra civile nel 1975, ma l'inizio di un sostanziale mutamento del carattere dell'islam sunnita vi può essere datato al 1947, anno in cui lo sceicco salafita Salim al Shahal tornò dall'Arabia Saudita per fondare il primo movimento salafita di orientamento wahabita. Durante la guerra civile il movimento Al Jama'a, l'equivalente libanese dei Fratelli Musulmani, si frammentò e si divise per effetto della pressione. Con l'intervento siriano in Libano nel 1976 si sviluppò un ramo radicale di Al Jama'a, ispirato dalla rivoluzione islamica in Iran del 1979. Nel 1982 questi gruppi separatisi da Al Jama'a formarono lo Harakat al Tawhid al Islami, il Movimento per l'Unificazione Islamica. Il settore intransigente dei Fratelli Musulmani, noto da allora in poi come Tawhid, prese il controllo di Tripoli sottraendo la città alle milizie sostenute dalla Siria.
Il Tawhid si rafforzò grazie alle armi e all'addestramento forniti dall'OLP, oltre che per l'influsso dei quadri siriani dei Fratelli Musulmani dopo la feroce repressione della loro rivolta di Hama da parte del Presidente Assad nel febbraio del 1982. Le forze del Tawhid imposero con le armi la legge islamica nelle zone di cui avevano il controllo. La "repubblica islamica" di Tripoli durò per un paio d'anni (alcool proibito, donne costrette al velo, eccetera). Decine e decine di oppositori politici laici, soprattutto comunisti, vennero passati per le armi dando il via all'esodo dei cristiani dalla città. Negli anni successivi l'influenza saudita a Tripoli è stata dominante, e la città diventò il nido di vari gruppi salafiti che assorbirono molti appartenenti ai Fratelli Musulmani sopravvissuti alla repressione in Siria; si assisté ad una progressiva deriva verso lo jihadismo radicale.
Se Aleppo, altre regioni della Siria e dell'Iraq rientrassero in una scissione, c'è da aspettarsi che lo stesso succeda a Tripoli e al Libano settentrionale.



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