giovedì 11 dicembre 2014

Alastair Crooke - La crisi del petrodollaro e della politica statunitense in Medio Oriente


Il commercio internazionale fondato su monete diverse sta uccidendo il petrodollaro e, con esso, i fondamenti della politica statunitense e saudita in Medio Oriente.

Traduzione da Huffington Post.

BEIRUT, 2 dicembre 2014. Oggi è in corso una profonda trasformazione del sistema monetario mondiale. Una trasformazione che nasce da una tempesta perfetta: la necessità di Russia ed Iran di sottrarsi alle sanzioni occidentali, la concomitante politica di bassi tassi d'interesse attuata dalla Fed per sostenere l'economia statunitense, e la crescente domanda di petrolio mediorientale da parte della Cina.
Le implicazioni di questo mutamento sono di portata incalcolabile per quanto riguarda la politica statunitense in Medio Oriente, che per cinquant'anni si è fondata su una stretta alleanza con l'Arabia Saudita.
Sfuggire alle sanzioni. Le sanzioni economiche sono un'arma dell'arsenale occidentale che viene usata sempre più spesso; ne sono bersaglio, o bersaglio potenziale, i paesi non occidentali. Che stanno attuando una contromossa: il commercio basato su monete diverse dal dollaro. Ricorrervi significa annullare l'impatto delle sanzioni.
Il commercio internazionale basato sullo yuan o sul rublo permette ai paesi sovrani di aggirare le pretese statunitensi di giurisdizione legale; trasforma completamente la situazione di paesi come l'Iran e la Siria, soprattutto nel settore delle riserve energetiche, e va ad interessare in modo rilevante l'Iraq, che si colloca tra i due.
Mentre affrontava la questione del come ridurre i punti deboli dell'economia russa, il Presidente Putin ha affermato che considera il monopolio del dollaro nel mercato energetico come una fattore che danneggia l'economia russa. Dal momento che le rendite da idrocarburi costituiscono la parte più corposa delle entrate per l'economia russa, non c'è da sorprendersi se Putin è passato all'azione in questo settore in particolare.
Messo davanti alle sanzioni, Putin sta cercando di ridurre la dipendenza economica della Russia dall'Occidente. La Russia ha firmato due enormi contratti con la Cina per forniture di gas naturale ed è in trattativa per offrirle armamenti sofisticati di ultima generazione. Sono in corso trattative per corposi accordi commerciali con l'India e con l'Iran. Tutto questo porterà benefici anche all'Iran: i russi hanno annunciato di recente il raggiungimento di un accordo per la costruzione in Iran di vari nuovi impianti nucleari.
La nascita del petrodollaro. Il dollaro diventò moneta di riserva di tutto il mondo nel 1944, con gli accordi di Bretton Woods. Gli Stati Uniti disponevano delle riserve auree più cospicue del mondo, e fu questo a permettere loro di assumere questo ruolo. Un'oncia d'oro venne fissata a trentacinque dollari, e il dollaro era liberamente cambiabile in oro allo stesso tasso. Solo che a partire dal 1971 la convertibilità in oro non è più stata praticabile, perché le riserve auree ameriKKKane si erano esaurite. Il dollaro divenne una moneta puramente legale, il cui valore era sganciato da qualunque supporto fisico, fino a quando il Presidente Nixon non concluse il trattato per il petrodollaro.
In sostanza, il trattato stabiliva che gli Stati Uniti avrebbero provveduto ad armare e a difendere l'Araba Saudita, e come contropartita tutto il commercio degli idrocarburi sarebbe stato effettuato in dollari statunitensi.
Il risultato di questo accordo fu che il dollaro divenne l'unico mezzo di scambio per le transazioni commerciali nel campo dell'energia. Il suo costituire moneta di riserva uscì rafforzato dal fatto che i governi di altri paesi si trovarono nella necessità di procurarsi dollari; inoltre l'accordo permise agli Stati Uniti di reimmettere nel proprio sistema finanziario le spese sostenute per l'acquisto di idrocarburi e, cosa fondamentale, fece del dollaro una valuta effettivamente convertibile in barili di petrolio. Il dollaro si spostò dallo standard aureo allo standard del greggio.
I tassi di interesse negli Stati Uniti furono controllati in modo tale che chi esportava petrolio, e fino a quel momento aveva considerato l'oro come base per le proprie riserve, cominciasse a non far caso a dove si trovassero fisicamente le proprie riserve di valuta accumulate con l'esportazione di idrocarburi: non importava più che fossero in oro o nel tesoro degli Stati Uniti, perché il loro valore era lo stesso.
Secondo Sprott Global, un'organizzazione statunitense nel campo energetico,
La Fed ha manipolato in maniera sostanziale i tassi di interesse per mantenere stabile il prezzo del petrolio, anche quando questo richiedeva di fissare tassi attorno al quindici per cento e di affrontare periodi di recessione uno dietro l'altro, come nel 1980-1982. Dal momento che i tassi sono stati controllati in modo da tutelare il potere d'acquisto dei creditori degli USA e degli esportatori di petrolio, il sistema è stato considerato accettabile dalla maggior parte degli stati sovrani.
Il petrodollaro ha funzionato bene per una trentina d'anni, ma dal 2002-2004 ha cominciato a dare segni di cedimento... Il prezzo del petrolio ha iniziato a salire costantemente nel 2002 e nel 2003, mentre la Fed ha tenuto bassi i tassi di interesse per limitare gli effetti della "bolla tecnologica" e della recessione statunitense del 2001.
Il risultato è stato che il nunero di barili di petrolio acquistabili col valore nominale del denaro statunitense ha iniziato a calare drasticamente... Dal 1986 al 1999, per mille dollari degli Stati Uniti si sono costantemente acquistati dai cinquantacinque ai sessanta barili. Poi, si è passati dai sessanta barili del 1999 ai meno di trenta dell'inizio del 2004.
Troppi dollari. Quello che alla fine potrà rivelarsi fatale per il sistema del petrodollaro è stata la politica dei tassi di interesse a zero e dell'alleggerimento quantitativo praticata senza soste dal 2008. All'atto pratico, i produttori di energia si sono accorti che l'economia statunitense è diventata così dipendente dai bassi tassi di interesse da non riuscire più a tenere stabile il rapporto tra prezzo del petrolio e buoni del tesoro, a meno di non mandare all'aria tutto il sistema finanziario mondiale. L'economia statunitense è diventata troppo finanziarizzata per tollerare aumenti appena appena sostanziali nei tassi di interesse.
Il sistema del petrodollaro, che ha permesso al dollaro statunitense di soppiantare l'oro come riferimento per il commercio mondiale degli idrocarburi tra il 1973 ed il 2002, è a pezzi.
I paesi produttori hanno iniziato ad accumulare beni reali, per esempio nel settore immobiliare, e sono tornati ad acquistare oro vero e proprio invece che valuta statunitense. Alla fine, proprio quest'anno, quel rifluire dei petrodollari all'interno del sistema finanziario statunitense che durava da tanto tempo si è interrotto, almeno secondo uno studio di Reuters. "Quest'anno, per la prima volta dopo molto tempo i paesi produttori di idrocarburi toglieranno capitali [e liquidità] al sistema", ha notato David Spegel, a capo del dipartimento mercati emergenti e ricerche di mercato alla BNP.  
La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le affermazioni di Putin sul monopolio del dollaro si basano su tutto questo. Contro il monopolio del dollaro, Putin elaborerà una qualche risposta alla decisione dei sauditi di mandare un messaggio ai mercati affinché entrino nell'ordine di idee che il regno saudita non avrebbe difeso il prezzo dei cento dollari al barile e che si sarebbe accontentato di vederlo crollare del trenta per cento. Quali che siano le circostanze contingenti, e qualunque siano gli altri obiettivi dei sauditi, questo annuncio può aver contribuito al crollo dei prezzi e ci sono pochi dubbi sul fatto che Putin interpreterà tutto questo come una guerra del petrolio ordita ai suoi danni.  
L'utimo crollo nel prezzo del greggio sta provocando una forte svalutazione delle monete dei paesi esportatori sul mercato dei cambi. Il petrodollaro non è più un bene dal valore costante; insieme a questo crollo valutario, la cosa può rivelarsi la mazzata finale al sistema dell'OPEC e agli scambi in dollari.
Iran e Russia contro Araba Saudita? Il momento sembrerebbe propizio a Russia ed Iran, che potrebbero iniziare a mettere gradualmente in discussione sia la leadership saudita nel cartello dell'OPEC sia il mercato dell'energia basato sul dollaro, se solo un numero sufficiente di appartenenti all'OPEC fosse pronto a ribellarsi. L'Iran ha iniziato ad esercitare forti pressioni in questo senso.
Nel più lungo termine, la Russia potrebbe davvero fare tesoro dell'affermazione del Principe Bandar secondo cui la Russia poteva diventare uin attore fondamentale nel determinare prezzo del greggio e quantità prodotte, ma all'interno di un cartello a parte, non certo secondo quello che aveva in mente Bandar quando nel luglio 2013, secondo una fonte diplomatica, disse "Pensiamo a come costruire una politica petrolifera unica tra russi e sauditi. Potremmo raggiungere un accordo sui prezzi e sulle quantità da produrre, in modo da tenere stabili i prezzi sul mercato mondiale".
Perché il rublo o lo yuan invece del dollaro? Per quale motivo i paesi produttori dovrebbero passare al rublo o allo yuan? Sia la Cina che la Russia, negli ultimi tempi, hanno acquistato molto oro. Le riserve auree russe, oggi come oggi, sostengono il ventisette per cento dei rubli in circolazione. E' una percentuale alta, molto più alta di quella di qualunque altro grande paese, e più alta anche della copertura in oro minima a suo tempo sottoscritta dalla Fed statunitense. Inoltre, la Russia è un gande esportatore di manufatti e di energia, sanzioni nonostante. Per questo le riserve auree russe continueranno probabilmente a crescere, invece di contrarsi.
Nel più lungo periodo, avere rubli o yuan può consentire ai paesi produttori di sottrarsi ai dannosi effetti inflazionistici di un sistema-dollaro la cui stabilità dipende ormai dai bassi tassi di interesse e dall'espansione monetaria.
Queste prospettive di cambiamento sono ancora delle ipotesi, ma hanno un significato potenzialmente di vasta portata. Il petrodollaro esiste da oltre quarant'anni, ed ha rappresentato il basamento della potenza economica, politica e militare ameriKKKana. Sarebbe davvero il colmo se le attuali tensioni con la Russia finissero quasi per sbaglio col togliere all'AmeriKKKa il suo asso nella manica.

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