domenica 9 novembre 2014

Ad Andrea Cangini non piace che gli picchino i gazzettieri


L'otto novembre 2014 per l'aggregato "occidentalista" noto come Lega Nord è stata tutt'altro che una giornata da poco: prima si diffonde la notizia della prossima scomparsa del fogliettino di partito, poi l'ennesima provocazione elettorale, stavolta affidata al segretario Matteo Salvini, riceve a Bologna un'accoglienza abbastanza in linea con quanto messo in preventivo.
A gazzettare sull'accaduto c'era un certo Enrico Barbetti, che ha avuto la brutta sorte di constatare de visu di quale considerazione e di quale stima godano certe "professioni" e soprattutto certa "libera informazione" appena si esce dal Cinguettatore e dal Libro dei Ceffi e si entra nella realtà, che per la "libera informazione" e per chi vi "lavora" rimane un qualche cosa con cui evitare ogni commistione ed ogni contatto.
Un certo Andrea Cangini non l'ha presa affatto bene, e sul "Quotidiano nazionale" ha immediatamente sbraitato Ora basta!
No, Andrea Cangini, non basta affatto.
Ci sono dei limiti alle menzogne.
Ci sono dei limiti all'incompetenza.
Ci sono dei limiti alla dabbenaggine.
Ci sono dei limiti al servilismo.
Tutti questi limiti la "libera informazione", soprattutto quella "occidentalista" incarnata dalle gazzette dei Cangini, li supera ogni giorno. E non tutti quelli che ne fanno le spese hanno i modi, la pazienza, la cognizione di causa e soprattutto il denaro necessari a difendersi dall'intraprendenza delatrice delle redazioni nelle sedi opportune e con metodi meno perentori. Su questi margini di manovra la "libera informazione" campa come sulle pubblicità che ne infarciscono le uscite: Cangini fa ovviamente finta di cadere dal pero, e vorrebbe che ci cadessero anche i destinatari dei suoi starnazzi.
Entriamo nel merito.
In molte città non solo "occidentali" avanza da decenni la gentrification dei centri storici; per quanto abbiamo potuto vedere solo nella Repubblica Portoghese il fenomeno non ha ancora infierito. E' probabile che a Bologna la "crisi del settore immobiliare" -ovvero l'irrompere del principio di realtà nella vita di tanti sfaticati in cravatta- la abbia resa anche più forsennatamente stolta di quanto non fosse per conto proprio. In questo contesto la via Zamboni dove si affacciavano molte facoltà universitarie è stata progressivamente sanforizzata cancellando molte tracce di una presenza umana ampiamente discutibile, ma ad occhi "occidentalisti" insopportabilmente viva. Nell'infinita serie di cose che Andrea Cangini trova orabastabili c'è il fatto che alla cancellazione sia sfuggito "il murales che inneggia a Francesco Lorusso, il militante di Lotta continua ucciso da un carabiniere a Bologna durante degli scontri". La "libera informazione" dei Cangini di solito loda molto le pubbliche amministrazioni che si liberano di certi ricordi imbarazzanti e le definisce coraggiose: nel mondo dell'occidentalame fogliettesco gendarmi, tribunali e galere hanno torto solo quando si trovano a Tehran.
Con la morte di Lorusso, sostanzialmente vittima di una esecuzione extragiudiziale, si apre un brano di Filippo Scòzzari che descrive la Bologna del 1977. Lo si riporta qui innanzitutto ad ulteriore dileggio di Cangini. Nel testo compare il nome dello stato che occupa la penisola italiana; ce ne scusiamo come sempre con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.
In marzo, dopo lunghi brontolii invernali, cortei, occupazioni, scrosciar di vetrine sfiorate dai vidiam, Bologna eruttò. Durante un corteo uno stronzo chiamato Tramontana, ufficiale dei carabinieri poi velocemente assolto e fatto sparire, all’angolo di via Mascarella sotto un portico ammazzò uno studente, Lo Russo. In audace risposta, il PCI ammassò i propri benpensanti a centinaia sotto le Foto dei Partigiani Morti©, scagazzati dai piccioni e ingialliti per niente. Bisognava difendere le amate memorie da quegli schifosi, che non studiano e che sono capaci magari di venir qui a tirar sassi.
Ma naturalmente di gente morta gratis più di trent’anni prima agli studenti non gliene sbatté una minchia. In Piazza Maggiore non ci misero mai piede. Oltretutto era fisicamente impossibile, transennata da muraglie di operai e carabinieri (che da allora, essendo della stessa pasta, non smisero più di far comunella).
Preferirono farsi il Cantunzèn, un ristorantino per fighetti. Ed elevarono barricate, specialmente nella zona dell’università.
Gli autonomi, soliti esagerati, si fecero un’armeria.
Vidi le tout Bulaña dietro le tavole, i copertoni, le assi, i cassonetti ammucchiati. Esiliati del Pilastro e reietti del “Serpentone”, che avevano sentito l’odor della mischia e che non gli pareva vero venire in centro a prendersi un po’ di vendette, autonomi in erezione, vecchi operai commossi, giovani operai a lezione, disoccupati, studenti di tutto il mondo (meno gli israeliani, in paranoia per i loro servizi segreti, e i greci, occupati com’erano a odiarsi tra Partito Comunista Interno e Partito Comunista Esterno), molti giornalisti del Carlino, che stavano scoprendo quanto bene facciano all’ulcera una bella barricata e i tipi strani che l'hanno tirata su.
Anche tossici, che a volte ritornano.
Tutti untorelli, insomma, secondo la generosa definizione del Re degli Zombi, Berlinguer.
La gente, con la borsa della spesa, guardava da sotto i portici come dalle colline attorno a Balaklava aveva guardato senza capirci una sega la Carica dei Seicento.
Non ci capì una sega nemmeno il PCI. Le sue risposte a mense da epatite, tasse universitarie da cravattari, affittacamere cannibali, zero case, zero speranze, zero futuro, zero garanzie, lavori di merda, salari di merda, condizione giovanile da occultare in silenzio, periferie da inchieste del Congresso, giornali ridicoli, specchio dello spaventoso piattume generale, furono le seguenti:
· gridare subito fortissimo Al Complotto Al Complotto, e dare la sveglia in questo senso a tutti i magistrati in suo possesso. Sbocciava la gagliarda stagione dei Catalanotti, giunti sino a noi nella forma mediatica di barboncini a molla, con bei peli bianchi bombati a phon.
· ospitare chilometri di blindati, invitati da tutta Italia, a far le fusa alle entrate della tangenziale in attesa di “dar la spallata” e far poltiglia degli scalmanati, e dei sovversivi, e degli ingrati. Un’altra volta avrebbero imparato, a sputtanare il Santuario.
· nei mesi e anni successivi, commissionare (e sovvenzionare) centinaia di studi ai propri Centri Studi chiedendo perché “le giovani generazioni” fossero così scontrose “nei nostri confronti. Con tutto quello che abbiamo fatto per loro. Siamo il comune più a misura d’uomo d’Europa. Cosa vogliono ancora”.
Siccome però gli studi, per quanto pilotati possano essere, rischiano di far venire fuori la verità, e ti rivelano che è solo colpa tua, e ti dicono che o ti dai una mossa o la cosa si ripeterà, nelle more il PCI & la questura immaginarono che forse un po’ più d’eroina in città sarebbe stata una mano santa per spegnere bronci e vogliette per un tot d’anni. Giusto quel tanto. Già che c’è, approfittiamone, no? Poi vediamo, abbiamo ricette per ogni evenienza della vita. Intanto lasciamo che s’addormentino, non opponiamoci a questa strana sostanza che non capiamo kosé, dikié, perkié, perké. Non facciamo niente. Siamo sempre in tempo a chiedere scusa.
Per cui, chiusi ancora meglio gli occhi e, per non saper né leggere né scrivere, aperto il culo, gli apprendisti stregoni di via Barberia attesero fiduciosi gli eventi.
In Sicilia e a Marsiglia raddoppiarono i turni, richiamarono i chimici dalle ferie, assunsero nuove maestranze e si fregarono le mani. Era iniziata l’Età dell’Oro, gemmata dal terrore degli idioti.

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