lunedì 29 luglio 2013

Jacopo Cellai comunica felice: "Firenze vuole punire i caduti di Nassiriya a dieci anni dall'attacco".


Nel 2003 lo stato che occupa la penisola italiana decise di partecipare all'occupazione della Terra dei Due Fiumi. George Diabolus Bush aveva statuito il primo maggio che la guerra era finita, contraddirlo significava diventare terroristi d'ufficio, e poi c'era la prospettiva di "partecipare alla ricostruzione".
Dovevano figurare presenti per la vittoria.
Questo, nelle intenzioni e nelle previsioni.
Dal momento che erano intenzioni, previsioni e propaganda "occidentaliste", nulla da stupirsi se la realtà ebbe a smentirle con quella violenza sanguinosa che l'occidentalame vorrebbe vedere esercitata solo a spese dei propri avversari politici, sia pure infinitesimi e sia pure potenziali.
Il 12 novembre i promotori della democrazia nella Terra dei Due Fiumi andarono incontro ad una perentoria contestazione che costò diciannove vittime.
La propaganda "occidentalista" basò su di esse cinque anni filati di fuoco di sbarramento, secondo modalità troppo note ai nostri lettori perché si debba tornare sull'argomento.

Nel solo mese di giugno del 2013 attacchi dello stesso genere hanno provocato nella Terra dei Due Fiumi quasi ottocento vittime.
Nel solo mese di giugno.
Una cifra che fa letteralmente scomparire quella delle perdite con cui lo stato che occupa la penisola italiana ha pagato la propria non richiesta intromissione.

L'occidentalame fiorentino non ha dimenticato la questione, anche perché non ha al proprio arco alcuna freccia.
Jacopo Cellai, che i nostri lettori conoscono come micropolitico "occidentalista" rabbioso ed orgoglioso, ha gioito per i cinquemila euro con cui l'amministrazione intende "realizzare un'opera in ricordo".
E' l'occasione giusta per verificare ancora una volta su quale benevolenza e su quale attenzione abbiano potuto contare a Firenze alcune delle cause "occidentaliste" maggiormente perorate.
Jan Palach ha ottenuto una sordida rampa autostradale.
I mariti delle foibe un angolo di parcheggio così rispettato e frequentato che la targa toponomastica devono pulirla di persona gli "occidentalisti" prima della loro passeggiatina annuale, dopo aver controllato ogni volta che qualcuno non l'abbia tolta di mezzo.
Oriana Fallaci, il nulla che è stata.
In sostanza, si tratta più di punizioni in direzione della damnatio memoriae che non di dignitose attestazioni di stima.
Si può benissimo pensare fin da subito a qualcosa nello stesso stile: ai caduti di Nassiriya potrebbe essere dedicato lo slargo  di Lungarno Ferrucci (ex distributore) raffigurato dall'immagine, o il sottopasso pedonale al cavalcavia dell'Affrico.
Costerebbe anche meno di cinquemila euro.

Post scriptum. Il commentatore Riccardo Venturi ci fa notare che nella toponomastica una Via Caduti di Nassiriya esiste già da qualche anno. In effetti ne parla anche un comunicato stampa, in cui si legge che anche in questo caso gli "occidentalisti" sono stati accontentati in modo da far sì che all'atto pratico il preteso omaggio si trasformi in un'effettiva beffa.
Via Caduti di Nassiriya infatti si trova nella zona in cui già c'erano "piazza Caduti dei Lager, piazza Caduti di Montelungo, piazza Bimbeni e Bumbane Bambine e Bambini di Beslan”.
Come se ci fosse da completare un quadrittico della scarogna.

sabato 27 luglio 2013

Gli avvenimenti mediorientali del luglio 2013 secondo Conflicts Forum




Traduzione da Conflicts Forum.

In Egitto i Fratelli Musulmani sono finiti, quasi istintivamente, nel caldo e materno abbraccio del mehna, una sorta di zeitgeist che li caratterizza da molto tempo e che evoca in sostanza la continua lotta -un'ordalia- dell'Islam contro il mondo intero; il concetto costituisce per i Fratelli un elemento chiave, intriso di una quantità non piccola di vittimismo. Il suo prepotente riaffiorare adesso fa pensare che i Fratelli si chiuderanno in se stessi e si allontaneranno dall'impegno mondano. Qui si trova per esempio la ferma rescissione di ogni canale diretto di comunicazione con i Fratelli decisa da Essam el Eiran. Forse i militari e i loro mèntori del Golfo hanno pensato che il loro colpo di stato in stile "shock and awe", unito alla decapitazione dei Fratelli avrebbero, per usare i termini che sono soliti adoperare i sionisti, lasciato i Fratelli e i loro simpatizzanti "bruciati psicologicamente dalla sconfitta" e in condizioni di docile remissività. In effetti i Fratelli Musulmani stanno quasi istintivamente tornando a qualcosa che conoscevano bene: il "vittimismo", detto in termini grossolani. Un vittimismo solitamente associato ad un profondo risentimento e, in qualche caso, ad un'altrettanto profonda rabbia.
La narrativa laica e liberale ha monopolizzato i mass media a livello internazionale, oltre che la maggior parte della stampa egiziana adesso impegnata a fare da amplificatore alla propaganda dell'esercito sciorinando tutti i tremendi errori di Morsi e descrivendo come Morsi abbia perso il sostegno popolare. La questione è diventata quasi dogmatica perché in Occidente la si è accettata e ripetuta senza la minima critica, come se i marchiani errori politici e di giudizio la politica europea e quella americana non sapessero neppure cosa sono. La caduta di Morsi ha un'importanza epocale al pari di quella di Mubarak, ma la vulgata laica e liberale maschera la sua gravità.
Esistono molte narrative e molte "verità" differenti su quello che è successo in Egitto negli ultimi due anni, che per la maggioranza dei casi si riveleranno inconciliabili. La versione dei fatti dei Fratelli, tuttavia, costituirà la loro specifica "verità" e si tratta di una versione che molti islamici comprenderanno per istinto: nonostante tutto, i Fratelli si percepiscono come qualcuno che è arrivato al potere in modo legittimo, e come risultato di ottant'anni di paziente lavoro sul terreno. Eppure, si attendevano anche di venir estromessi dalle cariche (si veda di nuovo el Eiran). Sono stati continuamente accusati di essere andati avanti a colpi di maggioranza fin quasi al punto che europei e statunitensi si aspettavano che avrebbero abdicato a tutto quello per cui avevano sempre lottato e che il loro governo sarebbe stato svuotato di ogni vera capacità di governare (come successo ad Hamas nel 2006, quando i paesi occidentali svuotarono semplicemente il governo di Hamas di ogni capacità esecutiva) pur di provare che non erano dei "falsi democratici", come disse re Abdallah quella volta che, in un momento particolarmente felice, fece come il ciuco che dà di somaro all'asino.
Nella verità dei Fratelli Musulmani, i partiti liberali e laici hanno deliberatamente rifiutato il dialogo e la cooperazione, e sono stati i militari ad istigare l'opposizione a far propria una narrativa centrata su una "crisi di legittimità"; una narrativa ben finanziata da Emirati Arabi Uniti e Kuwait, che avrebbe permesso all'esercito di intervenire. Quanti stanno chiedendo -e tra questi ci sono molti accademici- ai Fratelli Musulmani di mostrarsi dispiaciuti dopo il colpo di stato, di ammettere i loro tremendi errori, e di ritornarsene pieni di rimorso all'ovile della politica nelle vesti di tecnocrati politici privi di coloritura politica rimarranno probabilmente delusi. Il risentimento e l'odio sono strumenti molto potenti da manipolare e da dirigere, e i Fratelli Musulmani possiedono comunque una loro verità storica, anche se i loro mass media al momento attuale sono stati di fatto imbavagliati.
Non si tratta qui di stabilire quale narrativa sia "più giusta" delle altre, ma di evidenziare come questo ritorno istintivo al mehna significhi ricadere in qualcosa di confortante. Certo, la piattaforma essenziale dei Fratelli Musulmani che prevedeva il raggiungimento del potere passando per le consultazioni elettorali è stata rovesciata, non ha avuto una risposta politica. Ma anche il vittimismo è molto potente. E questa potenza è qualcosa che i Fratelli sanno bene come utilizzare e come controllare, è una cosa che gli riesce facile. Ci saranno tuttavia anche altre conseguenze dietro il ritorno alla visione del mondo fatta di vittimismo e di rancore; per avere prova di questo rancore è sufficiente ascoltare quello che dicono Erdogan e gli altri leader dell'AKP. In Libano si è visto che quando i quadri e i militanti islamici -in questo caso i salafiti del Libano del nord- hanno pensato di essere stati traditi politicamente il quattordici marzo scorso, hanno semplicemente abbandonato l'acquiescente orientamento saudita del salafismo e molti tra di loro si sono uniti ai vari gruppi jihadisti e di takfiri salafiti che esistono nel paese. Già possiamo assistere allo stesso processo, che inizia con i disordini nel Sinai e nella zona di Suez.
Il generale Sisi si è autonominato Primo Ministro ad interim, e ha messo in piedi un governo privo di islamici costituito per metà da appartenenti allo "stato profondo" egiziano. Non ci vorrà molto perché l'idealistica gioventù cairota della classe media apra gli occhi sulla realtà: hanno rimesso in piedi il mubarakismo senza Mubarak (si veda qui).
Questo metterà Europa e Stati Uniti in una situazione difficile perché ad oggi hanno preferito seguire una linea di comportamento del tipo "forza, diamoci una mossa e comportiamoci in modo maturo davanti al colpo di stato dei militari". In altre parole l'Occidente, per ovvi interessi strategici, si è immediatamente schierato con la parte saudita e dei paesi del Golfo ed ha assunto il Medio Oriente un atteggiamento ancora più parziale. E' già chiaro che l'Arabia Saudita sta mettendo il Libano, dopo l'Egitto, in una condizione simile, cercando stavolta non di arrivare ad un colpo di stato militare, ma ad influenzare la complessa politica libanese in senso contrario a Hezbollah e a favore dei sunniti che i sauditi proteggono. In Iraq i paesi del Golfo hanno cercato per diverso tempo di indebolire al Maliki.
Se l'Occidente riuscisse invece a mantenersi al di sopra delle parti e a non aderire rigidamente agli interessi dei sauditi, noterebbe che il bilancio strategico, così come lo stesso ordine mondiale, stanno cambiando. Nel corso dell'ultimo mese o giù di lì è diventato chiaro che sia gli europei che gli statunitensi hanno iniziato a sorprendere persino se stessi dicendo chiaro e tondo che Assad resterà al potere e chiedendosi che cosa possa significare per loro questo fatto. Si saranno anche accorti del fatto che Hezbollah sta diventando un attore regionale, dopo i fatti di Qusayr, e possono anche essersi resi conto del fatto che il sistema politico dell'Iran, nel suo complicato modo, ha pure funzionato. Ha intrapreso una nuova direzione politica, che è alla testa di un vasto sostegno popolare. L'Iran, a differenza di altri, è in qualche modo riuscito ad assimilare e ad assorbire le divergenze interne traducendole in una nuova equazione politica. Eppure, a dispetto di questi abbastanza ovvi segnali di cambiamento nella situazione, l'Occidente continua a baloccarsi mettendo al bando Hezbollah e decidendo la maniera migliore per snobbare la cerimonia di insediamento di Rohani. Russia e Cina invece stanno contribuendo a cambiare il Medio Oriente mettendo dei limiti alla libertà occidentale di plasmare l'ordine internazionale in base al proprio tornaconto; entrambi i paesi hanno appena fatto in modo da bloccare ulteriori sanzioni dell'ONU contro l'Iran, e la Russia sta continuando a battere l'Occidente sulla questione della Siria.
Non si afferma tutto questo per tessere le lodi di qualcuno, ma per precisare che importanti cambiamenti sono in corso nel campo dell'ordine internazionale e di quello mediorientale in particolare, e che le forze scatenate sempre più spesso in Egitto come altrove dai più stretti alleati occidentali in Medio Oriente non sono sotto il loro controllo né si può sostenere che facciano gli interessi degli occidentali. Queste dinamiche non le controlla nessuno. L'autorità sunnita non esiste perché l'identità sunnita sta collassando. E nello stesso tempo l'Occidente sta isolandosi sempre più da importanti zone della regione che invece si stanno stabilizzando, anziché disintegrando.  

venerdì 26 luglio 2013

Il Mario Placanica del Libro dei Ceffi


Un Mario Placanica reale ha svolto anni fa servizio per la gendarmeria dello stato che occupa la penisola italiana.
Il 20 luglio 2001 uccise un manifestante durante scontri di piazza a Genova, diventando per questo un eroe agli occhi degli "occidentalisti" e della loro propaganda: gli piovve addosso una smodata quantità di denaro prima che un certo numero di incidenti di percorso consigliasse all'occidentalame di guardare altrove.
Le gazzette ne hanno riferito anche ultimamente, facendo riferimento a vicende che lo rendono ancor più confacente al ruolo di "occidentalista" rappresentativo.

Sul Libro dei Ceffi si trova una schedatura a nome Mario Placanica.
I suoi contenuti riescono a superare gran parte dell'inutile parata di miserie raccolta da quella entusiasmante sentina di mediocri.
Se ne riporta qui una parte, lasciando a chi legge ogni ulteriore considerazione.
Il nome dello stato che occupa la penisola italiana compare nell'originale. Ce ne scusiamo più contritamente del solito con i nostri lettori, specie con quanti avessero appena finito di pranzare.


PURTROPPO HO CONSTATATO CHE POLITICI PORCI COSI' IN ITALIA NON CE NE DEVONO ESSERE MEGLIO UN COMANDANTE MILITARE CHE GOVERNI AVEVO FATTO UNA DENUNCIA Perché MI ROMPEVANO I COGLIONI Perché NON VOLEVO PARTECIPARE AD UN COLPO DI STATO MA IN SETTIMANA LA VADO A RIMETTERE Perché QUESTO SI MERITANO I POLITICI PORCI
 
 
E NON SOLO CON TECNICHE ALIENE MI HANNO PURE SOSTITUITO I TESTICOLI FACENDOMI UN GIORNO URLARE COME UN PAZZO DAL DOLORE Perché DICEVANO CHE ERO PERICOLOSO E TROPPO GROSSO CHE SE NE VA A RAGAZZINE, MA QUESTO NON è VERO CHE VADO A RAGAZZINE , COME NON è VERO CHE SONO UN VIOLENTATORE, E STI BASTARDI NEMMENO IMMAGINANO QUANTO AMO LE DONNE NEMMENO SE LO SOGNANO INVECE I PORCI PURE LI PICCHIANO QUANDO TORNANO LA SERA A CASA, A DICEVANO CHE MO GLI FACCIAMO PICCHIARE LE DONNE LO FACCIAMO INNERVOSIRE COSI' FACCIAMO USCIRE DAL CARCERE IL PARENTE NOSTRO CHE HA PICCHIATO LA MOGLIE...........................PENSATE UN PO VOI IN CHE SITUAZIONE MI TROVO
 
 
I RICCHIONI POLITICI ITALIANI E GENERALI DEI CARABINIERI MI USAVANO PER RACCOMANDARE LE PERSONE E GLI DICEVANO: VIOLENTALO DI NOTTE NON TE NE FARE ACCORGERE E FACEVANO PURE I FILMINI MENTRE DORMIVO , CHE TI RACCOMANDO TI FACCIO LAVORARE , TI FACCIO DIVENTARE MARESCIALLO O ALTRO, AI CONCORSI NON VI DICO POVERO MIO SEDERE, CHE GIORNI FA MI è USCITO QUASI MEZZO LITRO DI SANGUE E NON SAPER SE NELLA MIA VITA TROVERO' UNA BELLA DONNA CHE MI PUO' AMARE DOPO TUTTO QUELLO CHE MI HANNO FATTO, QUESTI SONO I CARABINIERI, QUESTO è STATO QUALCHE POLITICO DI MERDA DEL NOSTRO STATO MA VOGLIO LE LORO TESTE
 
 
ED IO DALLO STATO ITALIANO COSA HO AVUTO UNA TRUFFA, LA MIA FAMIGLIA A STENTO PUO' AVERE UN PASTO CALDO, NESSUNA PROTEZIONE TANTO LO PROSTITUIAMO NOTTURNAMENTE NELLA SUA CAMERA DA LETTO ADDORMENTATO, OGNI TANTO LI SENTO CHE DICONO E DI SOLDI SULLA SUA VITA NE ABBIAMO FATTO TANTI , IERI SERA DICEVANO CHE MO NON HA SOLDI DATEGLI SOLO 10 MILA EURO, E SE NE DEVE ANDARE CHE NON LO POSSO VEDERE, DA QUI DEVE SPARIRE, QUESTI FASCISTI MA IO NELLA MIA VITA MI SONO SCONTRATO CON CHI E DA CHI ALLORA DEVO AVERE PAURA DALLA DESTRA FORSE CHE DOPO TUTTI I SOLDI RECUPERATI E DI PIU' DI QUELLO CHE SI PENSA A MILIONI DI EURO SI ARRIVA, MI HANNO GIRATO ANCHE FILM NELLE MACCHINE CHE HO AVUTO, MA IO NON HO VISTO UN QUATTRINO DI QUESTI RIDICOLI MOVIE, DI QUESTE REGISTRAZIONI DELLA MIA VOCE, SOLO ALLO SCOPO DI TROVARE UN LAVORO LORO MA PERDENDOLO PER SEMPRE IO CHE LO MERITAVO NELL'ARMA ED ESSERE ANCHE QUALCOSA IN PIU'DI UN MILITARE, MA FORSE MI VUOLE AIUTARE L'ESERCITO ITALIANO, L'AEREONATICA ITALIANA, LA GURDIA DI FINANZA TUTTO TACE INSABBIATO NELL'OMBRA DI DUE VITE ROVINATE......
 
PERCHE' NON LO SAPEVATE I SERIAL KILLER MAFIOSI SONO LIBERI CON UN ALTRO NOME , PER TUTTA LA FAMIGLIA, CON UNA CASA CON UN LAVORO PER LORO E PER I FIGLI E CON INGENTI SOMME DI DENARO Perché HANNO PARLATO MA IO LI AVREI MANDATI IN CARCERE ED I BR CHE LOTTANO PER INTERESSI COMUNI A TUTTI I LAVORAATORI PERCHE' SI DEVONO FARE TANTI ANNI SOLO PERCHEè VENGONO CONSIDERATI TERRORISTI, A SECONDO UNA PERSONA IN ITALIA CON LA LEGISLAZIONE ITALIANA CI SARA UNA PENA PER UN OMICIDIO MA SECONDO ME I BR NON DEBBANO CONSIDERARSI TERRORISTI, ED ALLORA VOGLIAMO PARLARE DI GRUPPI FASCISTI A SCOPO TERRORISTICO NON ESISTONO LO PENSATE VOI................................................
 
 
 
O UN MIO PARENTE CHE GLI HANNO VALIDATO 30 ANNI PER UN OMICIDIO QUANDO C'è GENTE CHE SI è FATTA UN MINIMO DI UN ANNO O TRE ANNI CAPACISSIMI DI INTENDERE E DI VOLERE CAMUFFANDO CARTE E CERTIFICATI CON AVVOCATI E PAGANDO LO SATO SONO RIUSCITI PURE, A NEMMENO VEDERLO Com'è IL CARCERE.
 
 
E CHE CI FOSSE STATO ALMENO UNO DEL SISMI CHE MI ABBIA PROTETTO ANCHE IL SISDE HA FATTO I SUOI PORCI COMODI, MA IL SISMI ERO UN MILITARE D'ORO ORDINATO LAVATO, MI STIRAVO LE CAMICIE MI LAVAVO LE MUTANDE , LE MAGLIETTE FACEVO TUTTO DA ME E NESSUNO MI CONTATTA DOPO UNA MIA TELEFONATA AL SISMI AISE ADESSO PER DIRMI RACCONTAMI , ALLORA E' VERO CHE IN ITALIA DANNO FASTIDIO SOLO AI COMUNISTI, A PERSONE CHE NON HANNO NEMMENO LAVORO E FORSE STUDIANO PIU DI LORO CHI LA PRENDE NEL CULO SEMPRE LE BR, PAZZI OMICIDI CON SERIE DI OMICIDI CHE HANNO FATTO E SONO DIVENTATI PENTITI PER FAR ARRESTARE GRANDI MAFIOSI SONO LIBERI CON UN LAVORO CON UNA PROTEZIONE QUALCHE BR CON SINGOLO OMICIDIO SI DEVE FARE L'ERGASTOLO SOLO PER UN OMICIDIO SOLO O SOLO PERCHE ERA UN BR MA DOVE VIVIAMO LA LEGGE STESSA LO DICE EQUA PER TUTTI
  FORSE è PROPRIO COME PENSO IO I CARABINIERI MI HANNO TOLTO DALL'ARMA Perché SE SAREI RIMASTO AVREI SCOPERTO CHE MI ADDORMENTAVANO CON GAS E MI VIOLENTAVANO, QUESTA E' LA REALTA' DI ME HANNO PAURA ED HANNO PURE AVUTO PAURA CHE SAREI DIVENTATO PER COLPA LORO UN TERRORISTA MA ANCORA NON LO SONO, E NON SOLO MI HANNO FATTO TORTURARE PSICOLOGICAMENTE ED ANCORA CONTINUANO PER DIRE SEMPRE CHE SONO PAZZO DOPO TUTTI GLI ABUSI CHE MI HANNO FATTO NOTTURNI MENTRE DOVEVO RIPOSARE PER ANDARE IL GIORNO DOPO A LAVORO MA IO ME NE ERO ACCORTO PERCHE' NON MI SENTIVO BENE A LAVORO CERCAVO DI LAVORARE MA ERO SVOGLIATO, IL SANGUE CHE HO PERSO GIORNO PER GIORNO LO HANNO SULLA C OSCIENZA MA IO DA UOMO NON MI FERMO QUA VOGLIO TUTTI I RESPONSABILI ANCH'ESSI CHE SIANO PARLAMENTARI DELLO STATO ITALIANO
 
 
sarei disposto ad andare ad aiutare in qualsiasi paese del mondo dove ne fosse bisogno offrendo le mie esperienze militari basta che all'inizio si programma un corso di lingue o vi sia un traduttore o una traduttrice personale
 
e non sono stato mai un traditore ma in italia sono stato espulso dalle forze militari perché dicevano che ero pazzo offendendo la mia reputazione ed il mio onore, insomma ero un vero militare obbediente ma poi per un problema in servizio mi hanno tolto, perché avevano paura di me perché sarei stato un ufficiale pericoloso
 
 
sono pure un bravo educatore ed addestratore se nei paesi piu' imperversi serve un addestratore di polizia o altri tipi militari sono disposto a partire ed a lavorare anche in Afghanistan dove servono uomini pronti a tutto come me l'unico problema è la lingua che a scuola facevamo francese e non inglese ma qualcosa di inglese a livello tecnico la so infatti uso pc molto bene, so collegare stampanti scanner , fotocamere ed altri accessori, se qualcuno mi volesse interpellare lo puo fare benissimo ero un ex militare e so benissimo come si addestra, saprei addestrare pure un corpo di paracadutisti
 
se potessi volar via dall'italia e trovare un lavoro degno e gente degna di essere mio o mia amico o amica , se avessi l'aiuto di qualcuno, riiniziare una vita sudando di lavoro trovare a casa una donna che ti aspetta molto volentieri e con gioia ed amore in italia non è cosi mi disprezzano in troppi, se avessi una donna che vorrebbe condividere con me momenti belli sempre dopo il lavoro perché per vivere bisogna lavorare e non rubare, ma la cosa piu' importanti essere fieri del lavoro che si fa dandoci soddisfazioni, ecco quello che cerco una donna che sappia amarmi che possa lavorare anche lei per permetterci tutto, anche i divertimenti, andare a ballare la sera quando si finisce la settimana lavorativa non so proprio cosa darei perché questo si avverasse, l'unico problema è la lingua ma imparerei presto se trovassi una donna che parla orientativamente spagnolo, qualcosa la comprendo e poi sono troppo intelligente sarebbe uno scherzo per me io amo cuba, argentina, brasile, repubblica dominicana, perché gente che comprende la fatica di un lavoratore e non come in italia tutti vagabondi io se sapessi di guadagnare bene lavorerei pure la terra per raccogliere i suoi frutti cosa che qui in calabria, ce né molta ma non lavorata, io sono perito meccanico so usare bene software, so installare software nei computer e renderli operativi, mi adatto a tutto insomma bastano pochi giorni ed apprendo un lavoro.............se c'e' qualcuno che è interessato me lo faccia sapere ci tengo molto e poi sono un uomo buono, e non vi nascondo che se fossi un uomo potente aiuterei tutti gli amici ed anche quelli che non conosco perché e nella mia indole essere umile ed aiutare il prossimo ciao amici se potete aiutatemi che soffro a stare in italia..............

lunedì 22 luglio 2013

Press TV, Repubblica Islamica dell'Iran: In Siria l'Occidente sta perdendo su tutti i fronti


Traduzione da Press TV.

Finian Cunningham - Stati Uniti, Inghilterra e Francia non stanno solo perdendo la criminosa guerra sotto copertura che hanno intrapreso per rovesciare il governo siriano; questi terroristi di stato stanno sprofondando anche nel settore della propaganda.

Era destino che una cospirazione criminale come questa finisse presto o tardi per crollare. In questo momento, tutte le sue falsità e le sue menzogne stanno implodendo. Questa settimana è arrivata a Damasco della squadra dell'ONU incaricata di indagare sulle armi chimiche; un'altra sprangata contro la malafede occidentale.
Pare che le Nazioni Unite abbiano alla fine accettato di attenersi ai termini posti da Damasco per indagare sull'asserito utilizzo di armamenti chimici mortali in Siria. Mentre i paesi occidentali hanno incolpato l'esercito regolare siriano, il Presidente Bashar al Assad e le autorità di Damasco hanno fondatamente sostenuto che sono stati i mercenari sostenuti dall'Occidente ad usare armi proibite dalle leggi internazionali.
Il governo siriano ha invocato gli ispettori dell'ONU a marzo, dopo un episodio in cui l'esposizione ad un agente nervino, il Sarin, aveva provocato venticinque vittime -inclusi sedici soldati dell'esercito regolare- nel distretto di Khan al Assal vicino ad Aleppo. Quando l'ONU sotto le pressioni dei paesi occidentali aveva chiesto che i suoi ispettori potessero avere "accesso illimitato" a tutti i siti in Siria installazioni militari comprese, l'iniziativa era stata interrotta.
Il governo di Assad, sostenuto dalla Russia, ha rifiutato agli ispettori dell'ONU la possibilità di agire senza restrizioni perché aveva ben presenti le ispezioni dell'ONU in materia di armamenti svoltesi in Iraq dieci anni or sono. All'epoca gli ispettori ebbero accesso a siti militari importanti in tutto il paese, e a questo seguirono -con precisione sospetta- gli attacchi mirati dello shock and awe statunitense a partire da marzo del 2003.
Il massimo esperto di armi chimiche dell'ONU, Ake Sellstrom, ha accettato di tenere colloqui a Damasco su invito del governo siriano. Con lui c'è il capo negoziatore per il disarmo Angela Kane. SI pensa che i colloqui permetteranno di arrivare ad una procedura adeguata per stabilire chi abbia usato le armi illegali, cosa su cui esistono pretese discordanti.
Come mai gli ispettori dell'ONU sono diventati all'improvviso maggiormente condiscendenti verso le condizioni poste dal governo siriano? Pare che le prove a favore di quanto sostenuto dalle autorità siriane siano diventate troppo consistenti per poter essere ignorate.
Si sono verificati due sviluppi, che conferiscono credibilità decisiva al governo siriano. Negli ultimi giorni l'esercito siriano ha cacciato i guerriglieri da alcune delle loro piazzaforti, ed ha scoperte in esse dei laboratori in cui si producevano bombe artigianali per dotare i razzi di testate chimiche. Il ritrovamento più importante è avvenuto nella località costiera di Banias, dove sono stati trovati più di duecentoottanta fusti di sostanze chimiche industriali tossiche. L'ambasciatore siriano all'ONU Bashar Jaafari ha affermato che l'ammontare di materiali tossici sarebbe bastato "a distruggere una città intera, se non tutto il paese".
Successivamente sono state reperite altre sostanze mortali in un altro caso, nel sobborgo damasceno di Jobar. Dopo aver cacciato i guerriglieri con vari scontri a fuoco, l'esercito regolare siriano ha trovato un laboratorio chimico di trasformazione in cui erano immagazzinati cloro altamente tossico ed altre sostanze chimiche industriali. Alcuni contenitori erano marcati "corrosivo", e presentavano etichette con scritto "made in Saudi Arabia". In magazzino c'erano anche dei mortai, da armare con ordigni chmici.
L'altro importante sviluppo è rappresentato dalle ultime dichiarazioni ufficiali dei russi. Ordigni chimici improvvisati come questi, usati dai mercenari sostenuti dall'occidente, sono coerenti con una ricerca compiuta da esperti russi inviata all'ONU la scorsa settimana. Indagando sul noto caso verificatosi lo scorso marzo a Khan al Assal vicino ad Aleppo, i russi hanno scoperto che sono stati davvero utilizzati degli ordigni chimici -compreso il Sarin- e che ad usarli sono stati combattenti sostenuti dall'Occidente.
Si tratta di scoperte che contraddicono completamente le pretese occidentali, e che evidenziano le menzogne, le falsificazioni e le bugie che gli occidentali hanno prodotto ai massimi livelli dei loro organismi politici, ivi comprese quelle del Presidente degli Stati Uniti Barak Obama, del Primo Ministro inglese David Cameron e del Presidente francese François Hollande.
L'inviato russo all'ONU Vitaly Churkin, parlando della relazione presentata dal suo paese, ha detto: "Risulta che il 19 marzo i ribelli abbiano lanciato un missile senza guida Bashair-3 nella città di Khan al Assal, che si trovava sotto controllo governativo. Le analisi mostrano chiaramente che la testata usata a Khan al Assal era di fabbricazione artigianale e che conteneva del Sarin".
Quest'ultimo punto è significativo. Gli armamenti micidiali e messi crudelmente a punto per l'attacco di Khan al Assal dello scorso marzo sono compatibili con le recenti scoperte di testate chimiche artigianali compiute dall'esercito siriano intento a cacciare dalle loro basi i miliziani sostenuti dall'Occidente.
Il pericolo immediato per la popolazione siriana, come attestano i ritrovamenti dell'esercito e le conclusioni dei russi, hanno probabilmente convinto gli ispettori dell'ONU ad affrontare la questione con l'urgenza che essa merita. L'arrivo degli ispettori a Damasco questa settimana è anche una tacita ammissione del fatto che il governo siriano ha detto il vero su chi sia il colpevole di aver usato queste armi di distruzione di massa. Tutto questo spiegherebbe perché alla fine gli ispettori hanno smesso di tergiversare sulle condizioni poste dai siriani.
Per di più, via via che i contorni della vicenda si fanno chiari, essa si traduce in una grave accusa contro i paesi occidentali. Stati Uniti, Gran Bretaglia e Francia hanno affermato per mesi di essere in possesso di "prove" che erano stati i soldati dell'esercito regolare siriano ad usare armamenti chimici. Questi stessi paesi hanno usato a turno questa accusa come giustificazione della loro decisione di iniziare esplicitamente ad armare i gruppi di combattenti in Siria.
Il 13 giugno la Casa Bianca di Obama ha statuito che "i nostri servizi sono giunti alla conclusione che il regime di Assad ha usato armamenti chimici, compreso l'agente nervino Sarin". Il giorno dopo gli Stati Uniti hanno annunciato che avevano messo a punto un piano per mandare armi ai combattenti in siria perché l'esercito di Assad aveva "superato la linea rossa". La stessa sequela con cui inglesi e francesi avevano posto fine all'embargo della Unione Europea agli armamenti per la Siria.
In esplicita contraddizione con i cosiddetti test portati avanti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, i più recenti studi russi sugli armamenti chimici in Siria corrispondono agli standard scientifici internazionali. L'indagine russa mostra una "catena di sorveglianza" verificabile indipendentemente sulla raccolta dei campioni, e le analisi sono state svolte secondo i criteri dell'Organizzazione per il Bando agli Armamenti Chmici (OPCW).
Al contrario, le pretese dei paesi occidentali si basano su informazioni segrete cui non corrispondono fatti incontrovertibili, e servono a coprire la loro criminosa agenda politica fatta di guerra sotto copertura per il rovesciamento del governo.  In altri termini, i governi occidentali stanno diffondendo menzogne e propaganda priva di riscontri, capaci di fornir loro i pretesti necessari a prendersi la licenza di intraprendere un'altra e ancor più criminosa guerra.
I governi occidentali sono sempre più considerati responsabili di aver appoggiato i depravati tagliagole ed i cannibali che bombardano senza ritegno i quartieri residenziali, che rapiscono, compiono estorsioni, assassini e stupri; gli stessi governi che intanto che si adoperano per i diritti umani e per il diritto internazionale aiutano i terroristi di AlQaeda a fae uso di armi chimiche di distruzione di massa proibite dallo stesso diritto.
La missione in Siria di questa settimana da parte degli ispettori delle Nazioni Unite per le armi chimiche è un altro rovescio per gli sponsor occidentali del  terrorismo. Le loro bugie e la loro propaganda stanno crollando velocemente sotto le sconfitte subite dagli squadroni della morte da loro sostenuti che per due anni hanno agito nel paese.
Le sconfitte militari subite dai mercenari sostenuti dall'Occidente vicino a Damasco, ad Aleppo, a Homs e ad Idlib si accompagnano a resoconti che descrivono sanguinose lotte intestine tra fazioni dei cosiddetti ribelli. L'abitudine al tradimento e la brutalità sono una smentita dell'immagine costruita con tanta cura dai mass media occidentali, che parlano di "moderati" in seno al pompatissimo "Libero Esercito Siriano". Questa formazione, insieme al suo vaso di coccio Generale Salim Idris, adesso appare in tutta la sua inconsistenza come un qualcosa che non ha mai avuto alcun ascendente sui gruppi dominanti rappresentati da AlQaeda e dai mercenari salafiti.
Intanto che l'esercito siriano riprende il controllo di paesi, provincie e città, i mass media occidentali rispettano un eloquente silenzio sui suoi successi militari. Perché non riferiscono mai di rappresaglie dell'esercito siriano contro i civili? E dove sono i civili che invocano gli eroici miliziani perché ritornino e li salvino dall'oppressione dell'esercito siriano?
In realtà le riprese video e le testimonianze che arrivano dai dintorni di Aleppo, ancora assediata dai terroristi spalleggiati dall'Occidente, mostrano civili che protestano contro chi li tiene prigionieri. Anche in questo caso, siamo davanti a qualcosa che smentisce l'artefatta propaganda occidentale e il suo concetto di un popolo che si ribella contro uno stato oppressivo. La realtà è piuttosto quella di una popolazione civile che ha dovuto fare resistenza perché non le venissero imposti dei mercenari, dei delinquenti e degli psicopatici. Una imposizione orchestrata dai governi occidentali di Washington, di Londra e di Parigi, insieme con i loro alleati mediorientali dell'Arabia Saudita, del Qatar, della Turchia, della Giordania e dello stato sionista.
Il terrorismo di stato occidentale perde terreno in Siria, e la stessa cosa succede alle favole e alle bugie che hanno fornito copertura ai crimini di Washington, di Londra e di Parigi. La verità che sta emergendo sull'utilizzo degli aggressivi chimici in Siria è il simbolo di questa cospirazione criminale finalmente al collasso. Questi governi delinquenziali e criminosi sono adesso in rotta su tutti i fronti.

sabato 20 luglio 2013

Il golpe militare in Egitto e le sue conseguenze secondo Conflicts Forum



Traduzione da Conflicts Forum.

Secondo quanto affermato dall'ex capo del Mossad Ephraim Halevi, è sempre più chiaro che i leader politici del Golfo e il generale Sisi vogliono infliggere una sconfitta sonora, pubblica e definitiva ai Fratelli Musulmani. Non sorprende il fatto che lo stato sionista collabori con entusiasmo all'impresa relazionandosi direttamente col generale Sisi, col quale i sionisti hanno continuato a mantenere rapporti perché è il loro uomo nell'esercito egiziano, quello con cui tengono il coordinamento per il Sinai.
Come corollario alla messa all'angolo dei Fratelli arriva la crescente demonizzazione di Hezbollah agli occhi del pubblico egiziano, e di questo si occupa l'esercito; Hezbollah è tacciato di essere la mano terrorista che c'è dietro i disordini nel Sinai (si legga qui un resoconto delle rabbiose proteste di piazza istigate contro Meshaal e Haniya al loro arrivo al Cairo poco prima del colpo di stato). Non si sta parlando dell'intenzione di rimettere in qualche modo al loro posto i Fratelli e di cooptarli, in questo assetto nuovamente dimesso, nella nuova compagine governativa al Cairo; questo è quello che fa vedere il mainstream. Quello che emerge dai sostenitori del Golfo che spalleggiano il colpo di stato del Generale Sisi, nel loro collegare i Fratelli e Hamas ad AlQaeda e nel bollarli come terroristi, è l'intenzione di estrometterli completamente e definitivamente dalla vita politica, così da restaurare nella regione l'Islam "moderato". Questo, secondo le loro parole.
Significa che l'esercito e alcuni dei leader del Golfo si sono messi alla testa della missione in cui già aveva fallito Bush, quella di plasmare secondo il proprio tornaconto la politica mediorientale e quella dell'Islam.

Cos'è questo Islam "moderato" che deve sostituire l'Islam dei Fratelli? Il significato essenziale che il vocabolo moderato ha per i leader del Golfo non è quello che la maggior parte degli occidentali gli attribuiscono.
Il concetto risale ai tempi di Nasser, quando il re saudita iniziò a cooptare i Fratelli perseguitati da Nasser che avevano cercato rifugio nei paesi del Golfo in due importanti progetti di Casa Saud: il primo prevedeva che le risorse intellettuali dei Fratelli Musulmani venissero controllate dal regno saudita in modo da conferire allo wahabismo quella rispettabilità accademica che fino a quel momento gli era completamente mancata; il secondo era quello di fare della dottrina salafita, resa nuovamente rispettabile, l'unica legittima voce dell'Islam sunnita. Il principale intento della Lega Musulmana Mondiale fondata nel 1962 era questo. Il re saudita voleva vedere la fine della molteplicità delle "voci" dell'Islam, e confinare  l'Islam entro i limiti di una sola espressione. Per questo intento e nell'àmbito di esso, specie all'interno della Lega, il regno ha profuso le proprie considerevoli ricchezze petrolifere e in questro modo ha inconsapevolmente e paradossalmente fornito le risorse che hanno permesso ai Fratelli di stabilire una rete di cellule in tutto il Golfo, una volta dato ad intendere che si trattava di rafforzare i progetti sauditi; è la stessa rete che i dominanti del Golfo pensano oggi costituisca per loro una minaccia diretta. I Fratelli Musulmani tratteggiarono per la Casa dei Saud il modello delle prime comunità musulmane, intese come riferimento principale per il moderno Islam sunnita, ma poi fornirono ad esso una coloritura strategica propria, assegnando in esso la sovranità politica al popolo e non all'"autorità tradizionale", ovvero al monarca, com'era nelle intenzione dei sauditi. La Casa di Saud non ha mai perdonato i Fratelli Musulmani per questo.
Ne deriva il fatto che l'"Islam moderato" che i leader del Golfo affermano di sostenere è un Islam presuntamente apolitico, malleabile ed ossequioso verso re e sovrani, contrariamente a quell'Islam che afferma che la legittimazione del potere origina dal popolo. In altre parole, è il salafismo come viene inteso nel Golfo, del quale lo wahabismo costituisce uno degli orientamenti, al quale si richiede di essere ossequioso verso l'autorità tradizionale e che pratica una letterale emulazione delle prime comunità musulmane. Nel Golfo questo modello di Islam si è strettamente congiunto ad una pratica economica di tipo neoliberista. Si sente un'altra volta dire, come si è sentito dire per vent'anni in diverse occasioni da certi personaggi del mondo accademico come Oliver Roy, che questa mazzata poderosa ai Fratelli Musulmani significa la fine dell'Islam politico. Questo lo ripetono sia i liberali che i neoconservatori, in Medio Oriente e in Occidente. E' vero che dopo il colpo di stato i Fratelli Musulmani non possono continuare a comportarsi come si sono comportati fino ad oggi, cioè ad asserire che la via per giungere al potere passa dalla pazienza e dalla legittimazione; tuttavia sarebbe un errore anche il sottovalutare le radici profonde che questo ampio movimento possiede. Anche se i Fratelli sono andati incontro ad un considerevole rovescio, l'euforia dei monarchi del Golfo e dei sionisti è comunque fuori luogo. L'Islam sciita è vitale e sempre più fiducioso in se stesso, ma quelli che guadagneranno di più dal vuoto lasciato dalla "decapitazione" egiziana saranno i salafiti. I salafiti di oggi sono lontani dall'essere apolitici o dal comportarsi in modo rispettoso verso l'"autorità tradizionale" come facevano un tempo. Attraverso il Caucaso, l'Asia Centrale, il Medio Oriente e l'Africa sta crescendo in modo esponenziale lo jihadismo salafita e radicale di oggi. Basta considerare quanto sta accadendo in Siria, in Libano, in Iraq ed in nord Africa per rendersene conto. Certo, molti sionisti e anche altri desiderano ardentemente il ritorno di un "adulto responsabile" in Medio Oriente, pensando che i Mubarak e gli altri autocrati fossero i pilastri su cui poggiavano la sicurezza e la stabilità del Medio Oriente e dello stato sionista. Qui c'è uno scritto di un eminente commentatore sionista, Ben Caspit, che rimpiange il Mubarak dei tempi passati. Ecco, questo è il paradosso dell'atteggiamento che ha oggi l'Occidente. Nel tentativo di mettere lo stato sionista in condizioni di maggiore sicurezza, l'Occidente si è ritrovato sempre più sottobraccio, in modo diretto ed indiretto, con quelle che sono le correnti islamiche di gran lunga più pericolose e violente, nella lotta contro quei movimenti islamici e contro quegli stati laici che sono le bestie nere dei sionisti e dei monarchi del Golfo. Colpisce il fatto che nelle stanze del potere in Europa non esiste alcuna analisi critica delle conseguenze in più ampia prospettiva che questo modo di comportarsi può avere, come appena successo in Egitto. In breve, il "progetto" del Golfo contempla il ritorno del Medio Oriente alla "autorità tradizionale" e l'abolizione del concetto di sovranità popolare, concetto che va per intero espulso dall'Islam.
Si vuole salvare l'autocrazia.
Il problema è se un simile anacronismo sia sostenibile oggi in una regione in pieno terremoto; occorrerà aspettare e vedere perché sull'esito di tutto questo pendono molti elementi. Il golpe militare in Egitto riplasmerà il Medio Oriente nel senso in cui hanno scommesso i sauditi? O il colpo di stato in sé diventerà il detonatore di una serie di cambiamenti che condurranno la regione in una direzione diversa da quella voluta dai suoi protagonisti?

E' chiara anche un'altra cosa. Gli stati del Golfo si sono a tal punto impegnati nell'infliggere questa sonora sconfitta ai Fratelli Musulmani che poca vera attenzione si è prestata alle sostanziali conseguenze di tutto questo. Vero è che i Fratelli sono rimasti decapitati: l'ufficio guida e l'ufficio della Shura sono stati esautorati, sono stati ordinati altri arresti e in tutto il Golfo proseguono le detenzioni per motivi politici. Solo che di fatto è finito decapitato anche l'Islam politico sunnita nel suo insieme: Erdogan screditato, lo sceicco di al Azhar in pensione, e Qaradawi che si sta precariamente barcamenando a Doha. Quali sono adesso i leader dell'Islam sunnita? Le identità sunnite sono in piena disgregazione. E' vero che il colpo di stato del Generale Sisi ha mostrato la vuotezza sostanziale dei Fratelli Musulmani: organizzati sì, ma privi di qualsiasi visione politica. Ma l'esercito da questo punto di vista è messo meglio? Esso ha ricevuto sostegno finanziario dai propri sponsor -per lo più si tratta di prestiti o di depositi in denaro presso la Banca Centrale del paese- per mandare avanti le cose, ma per delle riforme sostanziali ne servirà altro. I militari hanno bisogno di una massa critica di consenso popolare, e il consenso sembra davvero qualcosa che non esiste nell'Egitto di questi tempi. L'esercito ha creato un vuoto politico in cui dominano interessi frammentati. La corrente laica, liberale e di sinistra si trova in una fase di ascesa e non ha la minima intenzione di arrivare a qualche compromesso; i salafiti andranno convinti del fatto che i debiti contratti dall'esercito nei confronti dell'Arabia Saudita bisognerà pagarli. E' poco verosimile pensare che l'insieme possa funzionare in qualche modo. E quali capi finiranno per emergere tra i Fratelli Musulmani, attualmente senza una guida? E di che gente si tratterà? Senza Morsi l'opposizione egiziana, tenuta insieme soltanto dall'odio per il presidente, sta già mostrando in pubblico le sue profonde spaccature. Sembra probabile che l'esercito sarà costretto a far crescente affidamento sugli appartenenti allo "stato profondo" per mettere insieme un governo, e che questo non farà piacere a nessuno.
C'è da attendersi che la delusione dei salafiti egiziani arrivi anche agli wahabiti del Golfo.
La risposta statunitense ed europea al golpe del Generale Sisi, un golpe che ha prevaricato ogni legge internazionale, ha provocato ulteriori tensioni. Le comparsate televisive in sostegno del golpe militare di Tony Blair e del suo quartetto di inviati hanno generato critiche e disprezzo in Europa, ma nonostante questo Blair viene ancora considerato in Medio Oriente come la cartina di tornasole di una certa corrente del pensiero conservatore statunitense. Il nuovo atteggiamento interventista assunto da Blair, secondo il quale la mancanza di "efficacia" in un governo in concidenza con manifestazioni di piazza capaci di una qualche rilevanza giustifica un golpe militare, deve aver fatto scorrere dei brividi lungo la schiena all'AKP. Sembra che Erdogan abbia immediatamente invocato una riunione d'emergenza del governo, per esplorare la possibilità che le recenti proteste in Turchia siano state ispirate esattamente per aprire la strada ad un intervento dell'esercito diretto contro i sostenitori turchi dei Fratelli Musulmani.

venerdì 19 luglio 2013

Gli insorti moderati della Siria


"L'esercito infligge gravi perdite ai terroristi in ogni zona del paese".
Da molti mesi il sito dell'agenzia di stampa della Repubblica Araba di Siria riporta titoli di questo genere.


Luglio 2013. Pare proprio che l'esercito regolare della Repubblica Araba di Siria, che risponde a quel Bashar al Assad che continua ad accanirsi contro le lesbiche di Damasco nonostante avesse le ore contate (parola di gazzettiere), stia vincendo la guerra.
Quella che segue è la traduzione di uno scritto di Pepe Escobar pubblicato su Asia Times.
Pare che Escobar abbia voluto divertirsi un po', e che l'abbia fatto in un modo che non perde molto in efficacia se voltato da una lingua all'altra; in particolare nel testo ricorre il vocabolo moderate, moderato, che nell'originale ha un significato molto simile a quello che ha in quella comunicazione politica "occidentalista" normalmente oggetto in questa sede di estremo disprezzo e di continua confutazione.
Il moderatismo di Escobar sembra modellato sulle istanze di un commentatore del britannico The Guardian di cui ci siamo recentemente occupati.
Oltre ad occuparci degli "insorti" siriani, abbiamo anche pensato che gli yankee abbiano visto in questa storia l'occasione buona per liberarsi di qualche fondo di magazzino.
Se non puoi esportare la democrazia, almeno vedi di sbolognare a qualcuno un po' di quelle carcasse...

Buongiorno, mi chiamo Mustafa e sono il vostro insorto moderato di oggi.
Mi rivolgo a voi perché abbiamo davvero bisogno del vostro aiuto. Abbiamo messo su una pagina sul Libro dei Ceffi, con titolo "Ci serve che ci mandiate armi" o qualcosa del genere e abbiamo anche chiesto all'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani di fare un video su Youtube, ma io preferisco rivolgermi direttamente al vostro cuore.
Il nostro comandante supremo, il riverito generale Salim Idriss, è venuto a sapere che molte nuove armi ci arrivano ora da parte dei paesi arabi amici, armi che ci hanno permesso di "distruggere più di novanta blindati" del governo siriano. E l'Amrika ci ha aiutato ad avere i mitra, certo; ma ci serve di più.
Il vostro Presidente, il signor Obama, ha detto lo scorso venerdi al benedetto sovrano dell'Arabia Saudita che si è impegnato per farci otterere un maggiore sostegno. Il vostro Segretario di Stato, il signor Kerry, ha detto lo scorso sabato che abbiamo bisogno di maggiori mezzi per "avere un impatto sul terreno". la vostra CIA ha detto che farà in modo che solo gli insorti moderati ottengano le armi, e che ai cattivi non toccherà nulla.
...E ora, il vostro Congresso blocca tutto. Oh, voi, al Congresso!
Non metteteci i bastoni tra le ruote! Siamo una bella internazionale, qui: gente che viene da ventinove paesi diversi! Ehm, sì, ci sono un bel po' di salafiti che sono un po' teste calde, ma per noi sono tutti fratelli... in realtà, per la maggior parte siamo insorti moderati!
Come, non vi piacciono i moderati? Vi ricordate quando volevate intavolare colloqui coi talebani moderati? Ecco: adesso state parlando a dei talebani moderati! E i talenani del Pakistan? Ci stanno persino mandando gente dei loro per darci una mano! L'altro giorno hanno issato un bandierone talebano bianco da qualche parte lungo la frontiera tra Siria e Turchia; è stato proprio un bel momento.
I nostri fratelli talebani arrivano in Siria attraverso l'Arabia Saudita. Perché non fate come i sauditi? Loro non ci abbandonano mai; combattono continuamente contro gli apostati iraniani e gli sciiti. Anche i talebani sanno come si fa la guerra contro gli apostati e gli sciiti; stiamo imparando un sacco di cose da loro.
Visto quant'è difficile la vita di un insorto moderato? Non dobbiamo solo combattere lo spregevole dittatore di Damasco; combattiamo anche contro gli apostati sciiti e contro i terroristi! Amrika, i terroristi sono tra noi proprio come tra voi.
Mi sto riferendo a quelli di Al Nusra: non sono buoni, non "si presentano bene", come dite in Amerika. Hanno ucciso il nostro amato fratello Kamam Hamami a Lattakia! Hanno decapitato due dei nostri più validi fratelli e le teste le hanno messe in un cestino dei rifiuti in piazza a Dana, vicino a Idlib e alla frontiera turca. Hanno violentato un ragazzino, da quelle parti; no, non sono buoni.
Vi ricordate quel tizio che ha mangiato un polmone (o era un rene?) a un soldato siriano morto? Quello che è finito subito su Youtube? Eh, ora dicono che fosse uno di noi, un moderato, e non uno jihadista. Oh, beh, è vero: probabilmente ha esagerato... Ma a chi non succede, qualche volta? C'è la guerra qui, ragazzi!
Per favore, credeteci: noi non siamo AlQaeda; noi siamo quelli buoni. Quelli di AlQaeda non sono capaci nemmeno di vedere chi fa il jihadista in Iraq e chi lo fa in Siria; pensano che si tratti di due cose diverse. Qui in Siria ci sono così tanti jihadisti da così tanti paesi diversi, che non si capisce nemmeno da che parte stanno; è un vero casino! Ma non con questo non c'entriamo niente, noi siamo quelli buoni.
Oh, certo, quando c'è da combattere veramente dobbiamo avere a che fare con gente che non è proprio così moderata e addirittura organizzarci operazioni insieme. D'altronde sono combattenti molto migliori di noi: qualcuno ha anche combattuto contro voi amerikani nella provincia irachena di al Anbar... e adesso sono vostri amici! Comunque, se solo riuscissimo ad avere più armi... li toglieremmo di mezzo subito! Li faremmo ritornare laddove sono venuti.
Ve lo promettiamo: faremo tutto quello che volete. Vi promettiamo che ogni scontro a fuoco verrà documentato dai nostri specialisti: fotografie, Youtube, tutto quello che volete: vi mandiamo i servizi completi giù alla sala operazioni che avete in Giordania, così vedrete che siamo davvero moderati. Potete mandarci anche la NSA, che controlli quanto ci presentiamo bene.
Eh, tutti i nostri gloriosi battaglioni onorano truci guerrieri arabi sunniti, ma d'altra parte sono quelli i nostri eroi. In Amerika non rendete omaggio ai vostri eroi di guerra come Eisenhower? Ecco: noi siamo moderati, com'era moderato Eisenhower. Vogliamo solo vincere; chi è che non vuole vincere? E non vi piacciono le armi da fuoco? Non le avete tutti quanti in giro per casa? Ecco, ne abbiamo bisogno anche noi, per difenderci. Siate generosi: vi promettiamo che non le useremo mai contro di voi.

Grazie per l'attenzione.
Il vostro umile servitore Mustafa.

giovedì 11 luglio 2013

Repubblica Araba d'Egitto: perché si è mosso l'esercito?


 
Traduzione da Conflicts Forum.


Perché si è mosso l'esercito? La storia è complicata (si veda qui) ma in sostanza gli ideologi dei Fratelli Musulmani erano arrivati a credere che il successo ottenuto dallo AKP in Turchia avesse alla base il corteggiare gli uomini d'affari e il perseguire una politica economica di libero mercato. Molti islamici sono giunti a credere che adottare un orientamento neoliberista potesse in qualche modo immunizzarli dalle interferenze occidentali. Speravano che un simile successo nel campo economico avrebbe loro permesso di instaurare un Islam sociale "alla turca".
Certo, al momento in cui hanno preso il potere in Egitto i Fratelli non potevano trovarsi in un momento economico peggiore. Ogni indicatore economico andava di male in peggio e qualunque governo di qualunque genere avrebbe dovuto affrontare difficoltà estreme ed un possibile fallimento. In ogni caso, il programma economico era stato definito "di modello turco" dagli ideologi dei Fratelli, a cominciare da Esam al Arian. Non si trattava di un nome appropriato, anche se il modello dei Fratelli riprendeva quello di Ataturk in un aspetto essenziale: accordava all'esercito egiziano una posizione privilegiata mettendolo al riparo dall'influenza della politica e permettendogli di mantenere i propri considerevoli interessi economici. Il programma ha avallato il cosiddetto "stato profondo" anziché minarlo alla base come è successo in Turchia. L'essenza del patto chiamato al Selmi, siglato nel novembre 2011 dai Fratelli e dall'esercito, era questa.
Il patto, che doveva tutelare i reciproci interessi dei Fratelli e dell'esercito nella conservazione dello status quo, ha funzionato bene per qualche tempo, ma lo "stato profondo" egiziano è comunque riuscito a superare l'estromissione di Mubarak e a tramare per il proprio ritorno sulla scena. Alcuni paesi del Golfo -in particolare gli Emirati, il Kuwait e l'Arabia Saudita- non chiedevano di meglio che foraggiare e fomentare la nuova ribellione laica e liberale contro Morsi e contro i Fratelli, in questo spinti dal crescente risentimento contro l'appoggio che il Qatar forniva ai Fratelli Musulmani. Questa divisione tra stati del Golfo, sempre più profonda ed aspra, ha avuto un ruolo centrale nel susseguente sviluppo degli avvenimenti. A maggio una delegazione di leader politici del Golfo aveva fatto pressioni lobbistiche su Obama affinché mettesse un freno all'emiro di Doha e alla sua promozione dei Fratelli, in cui essi vedono un potenziale avversario politico. Gli Stati Uniti avevano già iniziato a chiedersi se i vertici del Qatar non stessero facendo il doppio gioco, sostenendo da una parte i movimenti dell'Islam radicale e dall'altra facendo ostentatamente gli interessi degli statunitensi nella regione; Obama ha tuttavia mostrato cautela.
In Egitto, il crescente malcontento fomentato dall'opposizione urbana laica e liberale finanziata dalla fazione ostile al Qatar ha causato timore nelle forze armate, già preoccupate del fatto che una mobilitazione popolare potesse minacciare lo status quo trasformandosi in un autentico movimento rivoluzionario; come notato dal prof. Frish, questo ha dato l'occasione allo "stato profondo" di tornare al potere. Paradossalmente, la stessa gioventù delle classi medie ed alte  che soltanto un anno fa gridava "abbasso l'esercito" e di cui Morsi si è servito nel suo confronto con l'esercito, adesso è stata usata un'altra volta, ma dall'esercito e da altri che fanno parte dello"stato profondo", per ritornare al potere. L'esercito aveva perso il potere in favore di Morsi dopo aver inadeguatamente mandato avanti il paese per diciotto mesi dopo la caduta di Mubarak. A solamente un anno di distanza l'esercito si ritrova un'altra volta al comando. Naturalmente tutto questo viene presentato come una transizione verso la democrazia, ma ci sono tre fattori chiave che possono far prendere agli avvenimenti una piega differente. In primo luogo, a tirare le fila del colpo di stato c'è l'Arabia Saudita, che tra l'altro pare abbia anche promesso di indennizzare l'esercito egiziano nel caso vengano meno gli aiuti dagli Stati Uniti (in caso di colpo di stato, gli statunitensi per legge devono interrompere gli aiuti); in secondo luogo, un ex di Mubarak è stato messo a fare il presidente "ad interim"; in terzo luogo, la stridente assenza di qualsiasi cadenza temporale per il processo di transizione.

Implicazioni geostrategiche. La più scontata è data da un rovescio per le fortune del Qatar, che sosteneva politicamente e finanziariamente i Fratelli Musulmani. Politicamente, il Qatar è stato spazzato via dall'Arabia Saudita. Prima conseguenza è stata l'abdicazione dell'emiro, avvenuta proprio al momento giusto come l'inattesa partenza del Primo Ministro per un confortevole esilio londinese: il suo protetto tra i Fratelli è stato deposto, i suoi uomini in Egitto sono stati arrestati, e il nuovo emiro è stato obbligato a congratularsi con l'esercito egiziano per aver salvaguardato la sicurezza nazionale del paese.  I paesi del Golfo hanno percezione della propria fragilità. Non si sarebbero mai lasciati andare ad una reazione tanto veemente in Egitto, se non fosse la loro situazione interna a preoccuparli tanto.
Questo mutare delle sorti del Qatar, insieme al rovesciamento di un esecutivo islamico liberamente eletto spalleggiato dall'Occidente avranno senza dubbio un cattivo impatto sulle sorti già traballanti dell'opposizione siriana. E' possibile un rinnovo dell'asse egiziano-saudita, ma arrivare a questo dipende interamente da come l'Egitto affronterà i prossimi mesi. La cosa più importante è anche quella sul cui conto è impossibile fare previsioni e riguarda le conseguenze e l'impatto che questi avvenimenti avranno sul mondo sunnita, già percorso da profonde divisioni e popolato di identità sempre più avversarie le une contro le altre. In tutto il Medio Oriente il dissolversi di identità onnicomprensive come l'arabismo in identità faziose e polarizzate ha storicamente portato quasi sempre al conflitto civile ed alla guerra. Nonostante vi siano labili segnali di una nuova identità araba in ascesa in grado di contrapporsi alle polarizzazioni di oggi, c'è da dubitare che essa emergerà con velocitùà e forza sufficienti a mitigare le più ampie dinamiche che portano verso lo scontro.

mercoledì 10 luglio 2013

Yassin al-Haj Saleh - Aiutate la Siria adesso. Domani potrebbe essere troppo tardi


Secondo il poco che se ne sa, Yassin al-Haj Saleh avrebbe trascorso dal 1980 in poi sedici anni nelle carceri siriane perché appartenente ad un "gruppo comunista per la democrazia"; un libro sulla sua esperienza pubblicato in Libano ha ottenuto una recensione molto positiva.
Dopo il 2011 le gazzettine "occidentali" hanno cercato col lanternino chiunque potesse parlare male del governo Assad e della Repubblica Araba di Siria, con risultati spesso compresi tra il controproducente e l'autolesionistico. Gli scritti di Saleh hanno così iniziato ad essere tradotti e pubblicati in lingua inglese. Nel luglio 2013 The Guardian pubblica un suo appello accorato, del quale si fornisce traduzione, perché le potenze "occidentali" aggrediscano la Repubblica Araba di Siria.
Un particolare prezioso per inquadrare correttamente sia l'articolo che il suo autore viene dal fatto che nel  2012 Saleh è stato insignito nel Regno d'Olanda del
Prince Claus Award. Questo premio è toccato negli ultimi anni anche ad altri preclari esempi della dissidenza militante e dell'impegno disinteressato come Yoani Sànchez e deve dunque essere servito ad incoronare Saleh come ottimo "dissidente" a misura di gazzetta: se c'è una cosa capace di mandare in visibilio i gazzettieri più delle giovani donne con pochi vestiti addosso, sono i comunisti più o meno pentiti che invocano le bombe della NATO.
Non potendo sopportare di vedere i siriani uccisi da armi russe, Saleh pensa che un'ottima soluzione sia farli uccidere da armi ameriKKKane
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Un sistema missilistico antiaereo S300. Mosca ha siglato un contratto che ne prevede l'invio in Siria. "Nella Siria del dopo Assad tutto sarà diverso [...] ma la cosa peggiore è vedere i siriani che vengono uccisi da armi russe". Immagine Str/AP

Cari amici,

Tre mesi fa ho lasciato Damasco, dove vivere stava diventando insopportabile, per trasferirmi nella zona "liberata" di Ghouta est. Prima dell'insurrezione ci vivevano due milioni di persone, adesso ce ne vive circa un milione. Ghouta est era una delle basi da cui i ribelli partivano per attaccare la capitale, ma adesso è completamente circondata e messa sotto assedio dalle forze governative grazie al rinnovato sostegno della Russia e dell'Iran e all'arrivo di miliziani libanesi ed iracheni sostenuti dall'Iran. Nel corso degli ultimi tre mesi ho visto coi miei occhi la spaventosa mancanza di armi, di munizioni e persino di cibo per i combattenti. Molti di loro mettevano a stento insieme il pranzo con la cena e sarebbe andata anche peggio se non fossero stati gente del posto che stava cercando di proteggere la propria città e le proprie famiglie, e fossero invece vissuti lontano dal loro ambiente.
Le città ed i paesi in cui sono passato o in cui ho abitato in questi tre mesi sono soggetti ad attacchi aerei quotidiani e imprevedibili, e a bombardamenti di razzi e di proiettili di mortaio. Ogni giorno ci sono dei morti, per lo più civili. Sono stato per un mese in un centro della difesa civile: vedevo tutti i corpi che ci venivano portati. In qualche caso si trattava di resti impossibili da distinguere, altre volte erano bambini, in mezzo alle vittime ho visto una volta anche un feto di sei mesi, perso da una madre in preda al terrore. Non ricordo un solo giorno senza che vi siano state delle vittime; di solito erano due o tre, ma un giorno sno state nove, un giorno ventotto, un altro ancora undici.
Oltre ai civili, ogni giorno vari combattenti sono uccisi dalle armi di una potenza soverchiante, che ha un maggiore appoggio.
In tutta la zona la corrente è mancata per otto mesi. Si dipende da numerosi generatori che si guastano spesso e che consumano un sacco di benzina in un momento in cui la benzina scarseggia sempre di più, cosa che a sua volta costringe le persone a smettere di usare i frigoriferi, nonostante  faccia molto caldo. I cellulari e i fissi non funzionano. Nell'ultima settimana anche il grano ha cominciato a scarseggiare. Ho mangiato solo due volte al giorno ma fino ad ora va bene: la nuova dieta mi ha aiutato a perdere una decina di chili.
La cosa peggiore di tutte sono le persone, che sono sempre di più, che vengono sepolte in fretta e senza dignità. La gente ha paura a soffermarsi presso i cimiteri, il rischio è quello di diventare bersagli di altri missili. Io e certi miei amici siamo sempre vivi. A Damasco c'era il caso che ci arrestassero e ci torturassero in maniera insopportabile. Qui non corriamo questo rischio, ma nessuno ci protegge da qualche missile che potrebbe piombarci ogni secondo sulla testa.
Una delle cose più notevoli cui ho fatto caso nei primi giorni della mia permanenza qui è il fatto che per la preghiera del venerdì si chiama alle nove del mattino in una moschea, mezz'ora dopo in un'altra e poi in un'altra ancora, con mezz'ora di intervallo tra una chiamata e l'altra. Non si vuole che molte persone si radunino in un posto solo: non si vuol dare ai governativi la possibilità di uccidere il maggior numero di persone possibile. CI hanno già provato tempo fa: in una città sono state distrutte cinque moschee.
Ancor più doloroso è il fatto che più di due terzi dei bambini non vanno a scuola, sia perché i genitori hanno troppa paura a farli uscire dalla loro sorveglianza a vista, sia perché le scuole che funzionano sono molto poche. Quelle che sono ancora aperte sono state trasferite sotto terra per via dei bombardamenti, e la stessa cosa è stata fatta con vari ospedali.
La gente che qui combatte lo fa con una resistenza accanita perché sanno che se i governativi riusciranno a riprendere il controllo della zona li attende solo una strage: chi non verrà subito ucciso verrà arrestato e torturato selvaggiamente. Si può solo scegliere se morire resistendo all'aggressione di un regime fascista o se farsi ammazzare da quello stesso regime nel peggiore dei modi possibili. La gente ha i brividi per la paura, ed io pure, al pensiero che questo regime possa sottometterci di nuovo.
La situazione in cui ci troviamo è il risultato diretto della mancata volontà delle grandi potenze di sostenere i rivoluzionari siriani, mentre gli alleati del governo non soltanto hanno continuato a sostenerlo con denaro, uomini ed armio, ma hanno aumentato il loro sostegno in termini quantitativi e qualitativi. Alla fine, dopo che il mondo ha stabilito che il governo ha usato armi chimiche -una cosa che ho documentato io stesso e che ho verificato con amici che hanno la necessaria competenza in questo campo- e dopo che il governo si è assicurato che il mondo avrebbe approvato il suo utilizzo dell'aviazione e dei missili a lunga gittata contro le città e le aree residenziali, dopo tutto questo le potenze occidentali hanno deciso di fornire armi ai rivoluzionari, perché si ristabilisse quello stesso "equilibrio" che esse stesse hanno aiutato a venire meno in favore del governo.
Questa politica non è soltanto miope, né servirà soltanto a prolungare il conflitto. Essa è profondamente inumana. Non ci sono due mali equivalenti in Siria, come afferma la maggior parte dei mass media occidentali al contrario di quanto c'è scritto sulle relazioni delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali. In Siria abbiamo da una parte un regime fascista che ha ucciso pià di centomila dei suoi stessi cittadini, dall'altra un variegato ventaglio di formazioni rivoluzionarie, alcune delle quali si sono radicalizzate a causa del protrarsi del conflitto e dell'indebolirsi della resistenza della società siriana sotto i colpi del radicalismo. Più a lungo i siriani saranno lasciati soli a morire, più è probabile che i gruppi radicali si rafforzeranno e che la voce della ragione e della moderazione diventerà più flebile. Da quanto ho visto io, esattamente questo sta succedendo. Ogni volta che c'erano nuove vittime, soprattutto se erano bambini, le persone che c'erano al centro civico mi interrogavano con lo sguardo. Si chiedono ormai a cosa serva più il "linguaggio della ragione" che uso io.
C'è una sola cosa giusta da fare oggi, sia come siriani che come esseri umani: aiutare i siriani a liberarsi della dinastia degli Assad che tratta la Siria come se fosse un proprio possedimento ed i siriani i propri servi. Nella siria del dopo Assad tutto sarà più difficile, ma togliere di mezzo Assad innescherà una dinamica nuova e più moderata nella società siriana, e permetterà ai siriani di opporsi ai portatori delle istanze più radicali che ci sono tra di loro. Lasciare che il conflitto si inasprisca e che i suoi costi umani e materiali salgano sarebbe molto peggio; è peggio vedere i siriani uccisi dalle armi russe in mano ad assassini siriani, libanesi ed iraniani; peggio sarebbe anche imporre una tregua che non punisce i criminali e non risolve i problemi del paese.
I politici statunitensi ed occidentali sottolineano spesso il fatto che non è possibile una soluzione militare al conflitto siriano. Ma qual'è la soluzione politica? Quando mai Bashar al Assad ha detto, in questi ventotto mesi e dopo più di centomila morti, che ha intenzione di intavolare seri negoziati con l'opposizione per arrivare ad una condivisione del potere? La verità è che nessuna soluzione politica è possibile senza che Assad sia costretto ad andarsene, ad andarsene sùbito, e assieme a lui tutti i macellai del suo governo.
Nostri cari amici, oggi mi rivolgo a voi perché la tragedia siriana è diventata una delle più grandi tragedie del mondo ed uno dei più pericolosi problemi del nostro tempo. Più di un terzo della popolazione è profuga dentro e fuori dei confini del paese; i feriti o gli invalidi sono centinaia di migliaia e circa duecentocinquantamila detenuti soggetti a torture orribili.
Vi imploriamo, voi che siete i leader dell'opinione pubblica nei vostri paesi, a fare pressione sui governi perché assumano una posizione chiara contro Assad e a favore della fine del suo governo. Questa è l'unica cosa umana e progressista da fare; non c'è nulla di più fascista e di più reazionario nel mondo di oggi di un governo che uccide il suo popolo, importa assassini e mercenari dall'estero, e fomenta una guerra settaria che potrebbe non avere fine prima di aver carpito la vita di centinaia di migliaia di persone.
Abbiamo bisogno del vostro sostegno oggi. Domani potrebbe essere troppo tardi.

mercoledì 3 luglio 2013

Mohammed Marandi, Flynt Leverett, Hillary Mann Leverett - "Rohani ha vinto le elezioni presidenziali. Fatevene una ragione"



Traduzione da Conflicts Forum.


Gli "esperti" di Iran statunitensi, che non ne indovinano mai una, stanno già cercando di presentare la vittoria di Hassan Rohani alle elezioni presidenziali iraniane come un chiaro indizio del fatto che la Repubblica Islamica è ad un passo dall'implosione. Il messaggio che deriva dalla vittoria di Rohani è molto diverso: è ora che gli Stati Uniti vengano a patti con la Repubblica Islamica dell'Iran, che è una realtà stabile e dinamica dal punto di vista politico.
Abbiamo scritto tre giorni prima delle elezioni che gli Stati Uniti e certe conventicole di espatriati iraniani erano convinti, sicuri di sé ma a torto, che le elezioni in Iran sarebbero state "manipolate perché ne uscisse un vincitore scelto dalla Guida Suprema l'ayatollah Khamenei" e che si sarebbe trattato di "una selezione, più che di un'elezione", fatta apposta per rafforzare il controllo dittatoriale di Khamenei sulla politica iraniana. Molti, come SUzanne Maloney del Brookings Institution, hanno identificato nel negoziatore nucleare Said Jaili il candidato che aveva il crisma di Khamenei, e lo Washington Post aveva scritto che a Rohani "non sarebbe stato consentito di vincere".
Noi pensiamo, contrariamente a tutto questo, che l'Iran fosse arrivato "agli ultimi giorni di una vera competizione" nel corso della quale i candidati hanno avuto "ampio e regolare accesso ai mass media a diffusione nazionale", hanno "trasmesso pubblicità e organizzato eventi da campagna elettorale" e hanno "partecipato a tre incontri televisivi trasmessi su scala nazionale, ciascuno dei quali è stato ampiamente seguito dai telespettatori". Abbiamo anche scritto che questa consultazione elettorale avrebbe "sorpreso i cosiddetti 'esperti' statunitensi di Iran" perché il vincitore sarebbe stato tale "perché ha ottenuto il necessario grado di sostegno nell'elettorato, non perché ha 'il crisma' della Guida Suprema".

Una vera competizione
La vittoria di Rohani dimostra che la consultazione elettorale è stata una competizione vera, e che la qualità percepita delle campagne organizzate da ciascun candidato ha avuto molta importanza per gli iraniani che stavano decidendo per chi votare. Alla fine, sembra che la maggior parte degli iraniani fosse propensa a credere che c'era da fare una scelta significativa, e si sia comportata di conseguenza. Oltre al presidente, si votava per più di duecentomila rappresentanti locali e nei consigli comunali, e c'erano più di ottocentomila candidati: un "dettaglio", quest'ultimo, mai menzionato da chi deride costantemente la "dittatura" della Repubblica Islamica.
Gli "esperti" occidentali si sono innanzitutto sbagliati a pensare che la mancata partecipazione dell'ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani avesse portato gli iraniani al non riconoscersi più nella politica e all'apatia. Per molti iraniani, oggi come oggi, Rafsanjani non è una figura popolare e se si fosse presentato a queste elezioni avrebbe quasi certamente perso. Il fatto che Rafsanjani si sia fatto da parte è stata condizione necessaria perché potesse farsi avanti Rohani, che è un suo protetto.
In senso più ampio, il sogno di Rafsanjani è sempre stato quello di far posto nella politica iraniana ad un centro di orientamento pragmatico, mettendo ai margini le ali estreme rappresentate sia dai conservatori -i cosiddetti "principalisti"- che dai riformisti. Nei fatti è venuto a contrasti con entrambi i campi senza creare una corrente duratura che fosse animata da una visione centrista.
E' possibile che il successo di Rohani, unico religioso in lizza la cui campagna contro gli "estremismi" di ogni tipo ha avuto l'appoggio di Rafsanjani, giovi di più ai progetti di Rafsanjani di quanto avrebbe giovato una fallita corsa alla presidenza da parte di Rafsanjani in persona.
Nella campagna elettorale di Rohani il più grosso punto debole è stato la politica estera.  Tra il 2003 ed il 2005 Rohani ha presieduto la commissione incaricata di trattare sul nucleare, e Tehran accettò di sospendere l'arricchimento dell'uranio per quei due anni senza però che le potenze occidentali offrissero alcuna contropartita. Di fatto, le serrate critiche al modo con cui Rohani aveva affrontato la questione sono state un elemento importante per la vittoria di Mahmoud Ahmadinejad alle sue prime presidenziali nel 2005.
Nel corso della campagna elettorale di quest'anno Rohani ha tenuto conto di questo fatto, che poteva costituire un suo punto debole, ed ha sostenuto che il suo modo di affrontare il problema avrebbe permesso all'Iran di evitare sanzioni intanto che andava preparando il terreno per i successivi sviluppi delle sue capacità nucleari. La campagna elettorale di Rohani comprendeva anche dei video in cui il capo dello stato maggiore generale Seyed Hassan Firouzabadi rivolgeva a Rohani i sensi della sua stima. Questo ha rafforzato la credibilità percepita di Rohani in materia di sicurezza nazionale.
Nella settimana compresa fra il terzo dibattito tra candidati -il tema era la politica estera- e il giorno delle elezioni, i sondaggi hanno iniziato a mostrare con crescente chiarezza il fatto che Rohani aveva il vento in poppa, insieme al sindaco di Tehran Mohammad Baqer Qalibaf che è finito secondo e che noi stessi indicammo due giorni prima del voto come probabile contendente di Rohani al secondo turno.
Il giorno prima delle elezioni, i sondaggi indicavano che Rohani stava aumentando il distacco che lo separava dagli altri candidati. Un contrasto assai forte rispetto alle presidenziali del 2009 quando un'indagine effettuata senza alcuna metodologia rigorosa indicò che l'ex primo ministro Hossein Mousavi era ad un'incollatura dal Presidente Mahmoud Ahmadinejad.
Rohani ha avuto successo perché è stato capace di mettere insieme una coalizione, soprattutto attingendo dai riformisti. Rohani non è propriamente un riformista; appartiene alla Società del Clero Combattente che è il pendant conservatore dell'Assemblea dei Religiosi Combattenti fondata da Mohammed Khatami, che nel 1997 era diventato il primo presidente riformista della Repubblica Islamica dell'Iran, e da altri religiosi di orientamento riformista. In complesso Rohani ha ottenuto percentuali più alte nelle cittadine e nei paesi, laddove le persone sono di orientamento più conservatore, che non nelle grandi città; questo, soprattutto per il fatto che è un religioso. 
Alle elezioni di quest'anno il riformista vero e proprio era Mohammed Reza Aref, che è stato vicepresidente con Khatami. Aref tuttavia si è rivelato un candidato debole ed ha ottenuto poco sostegno. Altri riformisti hanno fatto pressione su di lui dopo l'ultimo dibattito pubblico tra i candidati affinché si ritirasse, cosa che ha lasciato Khatami libero di esprimere il suo sostegno per Rohani. I riformisti non rappresentano lo zoccolo duro dell'elettorato di Rohani, ma i loro voti sono stati fondamentali per permettergli di superare la quota del cinquanta per cento.
Le elezioni presidenziali del 2013 confermano un dato di fatto che sosteniamo da quattro anni a questa parte: al contrario delle convinzioni diffuse in Occidente, non è mai emersa alcuna prova sostanziale a favore del fatto che le elezioni presidenziali del 2009, in cui Ahmadinejad venne rieletto contro Musavi e contro altri due contendenti, siano state rubate.

Niente manifestazioni postelettorali
In ogni caso il sistema politico iraniano ha fatto propria lo scorso anno una legge che prevede una commissione elettorale deputata a controllare e certificare il comportamento del Ministero dell'Interno in occasione delle presidenziali del 2013. Questo provvedimento, assieme ad altre risposte del sistema dirette contro abusi concreti o potenziali -tra queste la chiusura del centro di detenzione di Kahrizak dove dopo le elezioni del 2009 si sarebbero verificati casi di brutalità da parte della polizia- dimostra che la Repubblica Islamica è in grado di riformarsi.
In Occidente, fare presenti cose come questa significa esporsi ad infamanti accuse di connivenza con degli assassini. Solo che quanti muovono accuse del genere vengono abbondantemente smentiti da una politica iraniana che butta sistematicamente all'aria i loro spregiativi stereotipi da cartone animato.
Rispetto al 2009, la differenza più significativa è stata rappresentata dal comportamento dei candidati stessi. Di comune accordo hanno deciso che quest'anno non avrebbero tenuto manifestazioni postelettorali o rilasciato dichiarazioni sul risultato fino a quando tutti i voti non sarebbero stati contati e i risultati annunciati ufficialmente. Tutti hanno mantenuto fede a questo proposito man mano che il Ministero dell'Interno riferiva i risultati parziali che arrivavano da tutti i seggi del paese. Nonostante Rohani abbia superato soltanto di 261251 voti la soglia del cinquanta per cento, i suoi rivali gli hanno immediatamente inviato messaggi di congratulazioni, e la stessa cosa è stata fatta dall'ayatollah Khamenei.
Nel 2009 invece, ad urne ancora aperte e senza che la conta dei voti fosse neppure iniziata, Mousavi dichiarò di disporre di "informazioni" ufficiali che lo davano "vincitore con un ampio margine". Questo gli permise di gridare al broglio e di chiamare a protestare nelle piazze i suoi sostenitori, dando così il via al Movimento Verde. Quando venne fuori che Mousavi non era in grado di sostenere le sue affermazioni sui brogli presentando delle prove concrete, la base popolare del Movimento Verde andò incontro ad una drastica riduzione perché non si trattava più di mettere in discussione il risultato di una specifica consultazione elettorale, ma l'idea stessa della Repubblica Islamica come sistema politico.
Nonostante il Movimento Verde abbia fallito, esso ha continuato a funzionare come primario bacino di raccolta per le fantasie di iraniani espatriati, avvocati della causa sionista e interventisti occidentali, fantasie secondo le quali una democrazia laica di tipo occidentale avrebbe sostituito in Iran la forma di governo islamico partecipato.
I riformisti e i loro alleati di centro sostengono la Repubblica Islamica, anche se l'idea che essi hanno del suo futuro è diversa da quella dei conservatori rivoluzionari, ed hanno preso le distanze dal Movimento Verde. In questo modo hanno potuto riaggrupparsi e fare tesoro delle  lezioni della scorsa tornata elettorale, della sconfitta di Rafsanjani nel 2005 e del sostegno che Khatami dette a Rohani nel corso della sua presidenza, cosa che si è rivelata di fondamentale importanza per il suo successo elettorale.
Gli Stati Uniti e i paesi occidentali devono smettere di cullarsi nel pericoloso pensiero desiderante secondo cui la Repubblica Islamica non rappresenta un assetto statale durevole e legittimo per gli iraniani che vivono nel loro paese. Il nucleo della Repubblica Islamica, fatto di governo islamico partecipato e di indipendenza in politica estera, si mostra attraente non soltanto agli occhi degli iraniani ma anche agli occhi di centinaia di milioni di musulmani in tutto il Medio Oriente. E' tempo che gli Stati Uniti vengano a patti con questo dato di fatto.

Il titolo di questo scritto riecheggia quello di un altro testo di quattro anni or sono, che fece imbestialire gli "esperti di Iran" di Washington e tutta la cupola della politica estera. Lo si può leggere qui: http://www.politico.com/news/stories/0609/23745.html