lunedì 18 giugno 2012

Marco Tarchi: la Siria e l'ipocrisia occidentale


"Mondo, svegliati e aiuta la Siria". La foto sarebbe stata scattata nel febbraio 2012 e ritrarrebbe manifestanti siriani in Libia che mostrano slogan in inglese ed una bandiera "ribelle" scelta con gli stessi criteri con cui i "ribelli" libici hanno scelto la loro. Quasi una garanzia per capire da che parte viene il colpo (Foto: NTN24.com).

Sul sito di Arianna Editrice Marco Tarchi presenta una schematica ricetta per le aggressioni militari travestite da intervento umanitario e per il rovesciamento dei governi invisi travestito da rivoluzione colorata che nei decenni a cavallo del XXI secolo è stata adottata talmente tante volte da diventare praticamente la modalità standard con cui i paesi "occidentali" hanno tutelato i propri interessi ed espanso le proprie zone di influenza.
Non sempre le cose vanno come previsto dai think tank pagati per dire ai politici quello che i politici vogliono sentirsi dire e per dire ai sudditi quello che i politici vogliono che ai sudditi si dica, e questo spiega in gran parte come si sia giunti alla situazione attuale nella Repubblica Araba di Siria e perché quello in questione non sia il primo plateale fallimento degli intenti intromissori "occidentali", per quante immondizie si facciano spargere in giro dalle agenzie di propaganda. 

Da molti anni le potenze occidentali praticano una forma di ipocrisia particolarmente insidiosa. Dall'Iran all'Afghanistan, dalla Libia alla Siria - e si potrebbe continuare con gli esempi - accampano pretesti per legittimare agli occhi delle opinioni pubbliche dei propri paesi azioni militari che in realtà corrispondono solo ai loro interessi geopolitici e/o economici. Il caso siriano non è che il più recente, e non è nemmeno originale. Ricalca uno schema ormai noto. Si favoriscono rivolte contro governi che sono considerati di ostacolo, le si esalta mediaticamente calcando i toni emotivi e facendo apparire lo scontro politico come una lotta fra il Bene (i ribelli) e il Male (i regimi esistenti). Si offre sostegno d'ogni tipo - inclusa la fornitura di armi sottobanco - ai rivoltosi, per far scoppiare la guerra civile. Quando questa è esplosa, non la si ammette ma ci si limita a parlare di una crudele repressione contro i dissidenti. Le uccisioni di parte governativa durante il conflitto sono presentate come massacri; di quelle di parte ribelle non si parla o se ne presentano le vittime come inevitabili "danni collaterali". Infine, dopo una martellante campagna contro le "negazioni dei diritti umani" e una prima fase in cui si parla genericamente di necessità di "trovare una soluzione", di "riportare la pace", di "creare canali umanitari per i profughi", di "procedere per via diplomatica", si passa all'azione. Che l'Onu voti oppure no, si reclama ancor più ipocritamente il dovere di "proteggere i civili" (solo quelli che abitano le zone dove più forte è la presenza ribelle, beninteso) e, su questa base, si passa all'azione militare a favore degli insorti. Bombardamenti, azioni sul terreno di commandos infiltrati, eccetera. Fino a cogliere il vero obiettivo: eliminare a qualunque costo la situazione politica sgradita e tentare di imporre un regime di proprio gradimento. Come abbiamo visto e stiamo vedendo, non sempre quest'ultimo obiettivo viene raggiunto, ma quello è lo scopo. E la Siria non è che il prossimo tassello di questo mosaico. Che ne comporterà altri, dato che l'obiettivo finale è ampliare quanto più possibile la sfera di dominio "occidentale", cioè statunitense, sul pianeta.

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