venerdì 31 luglio 2009

Bank of Scotland alza addirittura la cresta...


L'intoccabilità dogmatica di banche ed affaristi rappresenta senza alcun dubbio uno dei punti fermi della "civiltà" contemporanea.
Nel luglio del 2009 si viene a sapere che Bank of Scotland, cofinanziatrice della tramvia di Firenze, ha chiesto alla società che sta realizzando il sistema tramviario di rivedere i piani finanziari per i "troppi ritardi".
Si dirà che in un periodo parco di argomenti, riportare una notizia del genere è un modo come un altro per riempire una mezza pagina. E fin qui nulla da replicare. Solo che Bank of Scotland non è una banca qualunque.
Ammessa alla greppia fiorentina all'ultimo tuffo, nell'ottobre del 2008 Bank of Scotland è stata salvata dalla bancarotta da Sua Maestà Britannica con i soldi dei contribuenti: una ventina di miliardi di sterline almeno.
La Royal Bank of Scotland e la Halifax/Bank of Scotland, finita anch'essa nei pasticci e salvata con gli stessi sistemi e con la stessa generosità, hanno organizzato due festicciole alla buona (la Halifax ha speso trecentotrentamila sterline, la HBoS trecentomila) per festeggiare quell'aiuto statale che una visione del mondo coerentemente liberale e liberista dovrebbe aborrire come la peste. Probabile che il liberismo esaltato da certe voci si fermi giusto un istante prima di mettere in pericolo i lauti guadagni dei dirigenti.
Banchieri, professioniste, spacciatori di mutui e promotori vari hanno così celebrato questo indubbio riconoscimento delle loro altissime competenze professionali. Cene di quattro portate, spettacoli vari, ospitalità a cinque stelle in sedi cambiate all'ultimo momento per evitare contestazioni in un paese che è stato letteralmente la culla dell'ingiustizia sociale e nel quale la disoccupazione si sta mangiando via il reddito di intere fasce sociali.
Ad aprile, BoS annunciava la caduta di altre duemilasettecento teste.
Quale autorevolezza, quale credibilità e quale prestigio si debbano attribuire alle esternazioni di elementi del genere, lo si lascerà decidere a chi legge.


mercoledì 29 luglio 2009

Afghanistan, i nodi al pettine


Su Senza Soste è uscito uno scritto sulla situazione nell'Afghanistan occupato dal titolo piuttosto roboante. L'impegno che lo stato che occupa la penisola italiana sta profondendo in Afghanistan non è certo paragonabile a quello sovietico degli anni Ottanta o a quello statunitense in Indocina, da nessun punto di vista.
Ai tempi dell'invasione sovietica, vituperata da tutto l'"Occidente", la penisola italiana grondava di comitati di solidarietà "con il popolo afghano" e di iniziative che stigmatizzavano la presenza dell'Armata Rossa nel paese. Nonostante il numero e i sistemi spicci, i sovietici non riuscirono a controllare il territorio e in fin dei conti il prezzo dell'aggressione all'Afghanistan fu così alto da ogni punto di vista da contribuire in modo determinante alla fine dell'Unione Sovietica stessa. Coerentemente con l'operato yankee, tutto teso a "regalare all'Unione Sovietica il suo Vietnam", finiti i giochi di potere l'Afghanistan fu lasciato a se stesso e ad una guerriglia che sparì svelta dalle cronache per essere ridotta a livello di curiosità punteggiata di orrori, come la distruzione di quanto rimaneva dei Buddha di Bamyan, l'impiccagione di Najibullah o le decapitazioni pubbliche nello stadio di Kabul.
Tutta roba di poco conto, secondo politicanti e gazzettame. Praticamente delle inezie davanti al Nuovo Secolo Amrikano che andava ad incominciare, tra le cui prerogative era contemplato che gli interventi urbanistici più radicali fossero esclusiva di un'aeronautica militare statunitense che aveva dato prova delle proprie competenze in tal senso in tutto il mondo. Nessuno aveva seriamente messo in conto che la prima squadra di nullatenenti armati di coltellini di plastica avrebbe potuto dar prova di intendersene almeno nella stessa misura, in un Undici Settembre che la propaganda yankee voleva ricordato in eterno e che è virtualmente sparito dall'attenzione in meno di dieci anni.
In questa sede difficilmente si indulge al complottismo ed alla dietrologia, e si evita quando possibile di ricorrere a spiegazioni contorte per interpretare quanto può essere adeguatamente spiegato dall'incompetenza, dalla sazietà, dalla faciloneria, dalla pigrizia e dall'ignoranza. Ci si limiterà quindi a far notare che negli anni precedenti gli indizi di quanto sarebbe potuto succedere non erano mancati: tra i più clamorosi il volo solitario con cui Mathias Rust fece fessi i radar sovietici, sbrigativamente e sprezzantemente liquidato come ennesima prova dell'inefficienza dell'URSS. Ai tempi della guerra afghana un gruppetto di ardimentosi capeggiato da Vincenzo Sparagna aveva d'altronde potuto attaccare poster antisovietici in piena Kabul, costringendo la propaganda di Mosca a goffi tentativi di difesa.
Ad ogni modo, la metabolizzazione sociopolitica delle operazioni urbanistiche sul suolo statunitense compiute l'11 settembre 2001 ricordò un tantino la battuta della Principessa Vespa in "Balle Spaziali": "...Ma non possono farmi questo! Io sono ricca!!!".
Il processo di denigrazione dei paesi non allineati al volere yankee, già ampiamente in atto per motivi legati alla vecchia geopolitica, conobbe un'accelerazione istantanea e produsse utili politici incredibilmente elevati, tanto da far digerire all'opinione pubblica statunitense anni ed anni di aggressioni militari e di occupazioni costosissime e sanguinose. Sbrigativamente statuita la colpa di un certo Bin Laden, di una certa AlQaeda e di certe sue basi in Afghanistan, gli yankee aggredirono il paese centroasiatico con un'operazione che fu presentata come una passeggiata militare. Il "successo" dell'operazione, coronato con le solite "libere elezioni", riempì per anni tutti i mass media a più alta fruibilità, primi tra tutti i rotocalchi, che si contendevano le foto di qualche segnorina con lo smalto sulle unghie presentandola come attestazione della ritrovata "democrazia" e della "emancipazione" delle donne afghane.
Otto anni, molti morti e moltissimi soldi dopo, la sensazione è che nessuno degli obiettivi dell'invasione sia stato neppure sfiorato e che nessuno degli occupanti, cooptati sotto pena di sfracelli (memorabile il "vi riduciamo all'età della pietra" con cui fu sollecitata la "collaborazione" pakistana) ed accorsi all'epoca di gran carriera, abbia -giustamente- alcuna intenzione di abbandonarsi ad atti eroici.


Afghanistan, il Vietnam italiano? Ecco gli indizi

Un giorno degli anni sessanta dell'ottocento a un posto di frontiera dell'India, allora unita al Pakistan, si presentò davanti ai soldati inglesi un loro commilitone lacero, stremato e con evidenti segni di terribili avventure.
Si trattava dell'unico sopravvissuto, su un contingente di circa 5000 soldati, del corpo di spedizione inviato dalla corona britannica per colonizzare l'Afghanistan. Di quello che per l'epoca era un contingente addestrato, ben nutrito, equipaggiato non rimaneva quindi che una persona. Che fornì poi dettagli tali all'esercito britannico da sconsigliare ogni nuova spedizione dell'impero di sua maestà in quelle terre.
Se, per capire cosa significhi invadere l'Afghanistan, questo esempio sembra troppo lontano nel tempo si guardi allora alla spedizione sovietica degli anni '80. L'occupazione dell'Afghanistan, durata dal 1979 al 1989, fu condotta con truppe di un numero cinque volte superiore all'attuale dotazione occidentale e senza i problemi di un'opinione pubblica spaventata per le perdite sul campo. Bene, un'offensiva su larga scala durata cinque anni ('80-'85) per stanare la guerriglia non riuscì a far pendere la bilancia dell'esito della guerra da parte russa.
Nonostante gli esempi storici, che consigliano interventi in massa, gli occidentali occupano l'Afghanistan con appena 60.000 soldati, con una catena di comando non chiara e regole di ingaggio determinate dalla diplomazia e non da esigenze sul campo, mentre intere regioni afghane sono di fatto autonome e in armi. Come dire: danzare sul vulcano. Basti qui ricordare che gli italiani, con circa 2000 effettivi, pattugliano un'area pari al nord del nostro paese. Chi ha un'idea della seconda guerra mondiale sa di quante decine di migliaia di occupanti aveva bisogno la Germania per tenere l'Italia del nord: questo per dire che l'occupazione occidentale in Afghanistan è semplice concentrazione di truppe in alcune aree definite chiave. Questo, quando buona parte del paese è ostile, ha lo stesso senso di voler svuotare un mare con robusti camion cisterna: lo spettacolo dei camion che vanno verso il mare è forte ma il compito non vedrà mai fine. In questo senso quindi tanto più si portano avanti le manovre militari dell'occupazione tanto più la fine della missione appare improbabile. Tatticamente parlando solo uno sforzo bellico, politico ed economico, pari a quelli utilizzati nelle grandi invasioni dell'ultimo conflitto mondiale porterebbe a risultati militari in quell'area. Salvo poi ritrovarsi in mano un paese completamente irriducibile, per composizione etnica e sociale, a qualsiasi dopoguerra di tipo occidentale. Per questo l'invasione dell'Afghanistan somiglia molto al tentativo di svuotare il mare anche se con mezzi industriali.
Quindi, quando il ministro La Russa parla di missione che terminerà quando "gli obiettivi saranno realizzati" o mente o è veramente convinto di svuotare un mare con i camion cisterna.
Oltretutto, e i media italiani evitano di ricordarlo (preferendo dedicarsi alla cronaca nera [o alla pornografia, n.d.r.]), nel confinante Pakistan i talebani controllano intere regioni. C'è infatti una sinergia, militare e di scambio di risorse, tra talebani afgani e talebani pakistani che sta rendendo l'attuale acuirsi delle ostilità in Afghanistan particolarmente insidioso per le truppe occidentali.
Del resto, nonostante il rafforzato impegno militare nell'area deciso dall'amministrazione Obama, gli analisti di strategia militare sono spesso concordi sul fatto che sia praticamente impossibile una reale vittoria militare occidentale nell'area. Allora perchè gli Usa hanno lanciato un'offensiva militare in Afghanistan? E quali sono interessi e strategia occidentale in quel paese?
L'Afghanistan è stato occupato, dopo settimane di bombardamenti e stragi di popolazione civile (l'esportazione della democrazia ha i suoi costi), nel 2001 poche settimane dopo l'attentato dell'11 settembre. All'epoca l'occupazione corrispondeva a queste logiche: togliere un retroterra militare alla Jihad, garantirsi il controllo futuro di gasdotti ed oleodotti, insinuare una forte presenza occidentale tra Iran e Pakistan garantendosi una rendita politica nell'area. Viene da sé che il controllo dell'Afghanistan garantisce anche potere di regolazione su un prodotto grezzo che nell'economia reale conta quasi quando il petrolio: il papavero d'oppio.
A parte quest'ultimo particolare, sarebbe interessante analizzare il peso sull'economia reale delle politiche di sradicamento del papavero d'oppio in questi anni di occupazione, nessuno di questi obiettivi del 2001 è stato oggi di fatto raggiunto. E' vero che nel frattempo è stato fatto presidente dell'Afghanistan un ex vicepresidente di una compagnia petrolifera americana ma gli occidentali, dopo otto anni, non possono dire di controllare qualcosa di più del centro di Kabul e di zone collegate (oltre al perimetro delle proprie basi).
La campagna elettorale di Obama sull'Afghanistan si è basata su un punto chiaro: compimento degli obiettivi fissati nel 2001 e, per permettere questo compimento, sganciamento dall'Iraq. All'interno di quale strategia globale non è dato capirlo, ci sono anche analisti infatti che al momento dubitano che gli Usa abbiano una strategia complessiva di politica estera. Gli unici a non dubitare della certezza della vittoria, e del senso della guerra in Afghanistan, sembrano al momento essere solo i media italiani assieme al centrodestra e al centrosinistra di questo paese. Eppure gli italiani devono solo sperare che il loro coinvolgimento non generi che alcune vittime ogni sei mesi come accaduto fino ad oggi anche nei momenti più crudi del conflitto. Che insomma, la guerriglia delle vaste aree che presidiano semplicemente faccia poco più che ignorarli. Altrimenti, sarà Vietnam italiano e con un paese del tutto impreparato, culturalmente e politicamente, ad una intelligente strategia d'uscita.
Nel frattempo i professionisti e i volontari delle marce della pace sono scomparsi. Molti dei loro rappresentanti il prosieguo della guerra in Afghanistan l'hanno votato nel 2006, quando erano al governo e politicamente decisivi, a conferma che una cosa è la retorica di quando si siede all'opposizione e un'altra la ferrea legge delle compatibilità con i poteri forti quando si è al governo.
Quindi, per adesso, c'è solo da sperare che in Afghanistan regni un'anarchia tale da rendere superflue le truppe italiane. Tanto da farle evacuare sotto la propaganda che magari parla di "missione compiuta". Meglio una farsa che una fila sterminata di tombe.

per Senza Soste, Nique la Police.

P.S.: a dimostrazione di quanto conti l'opinione pubblica quando è pacifista. Tutti i maggiori sondaggi, ripetuti nel tempo, mostrano una maggioranza favorevole al ritiro. Il governo e principale partito d'opposizione, il PD, hanno parlato di irrinunciabilità della missione afghana. Quando si dice che il modello dell'opinione pubblica civile e democratica che si fa ascoltare dalla politica è completamente saltato...


giovedì 23 luglio 2009

MyAir.com: una lezione dal Maghreb


Il 22 luglio 2009 l'ENAC ha tolto la licenza alla compagnia aerea MyAir.com. Il sito della compagnia diventa istantaneamente un monumentino ai bei tempi che furono e spiega che "A seguito del provvedimento di sospensione della licenzia di esercizio adottato dall'Enac nei confronti di MyAir.com, la compagnia si vede costretta, suo malgrado, a sospendere la vendita dei propri servizi".
Il motivo per cui la licenza è saltata pare sia abbastanza concreto: cento milioni di euro di "insolvenze" (vale a dire di fatture da pagare) solo per l'anno scorso.
E' almeno la terza compagnia aerea con base nella penisola italiana che salta in pochi anni, per giunta in un contesto in cui il trasporto aereo sta conoscendo uno sviluppo esponenziale crisi mondiale nonostante. Buchi di bilancio prima, insolvenza poi, lavoratori licenziati come prodotto finale di una "impresa" i cui vertici, appena qualche mese fa, sono stati perquisiti come pallonieri qualunque dopo una domenica passata a fare a randellate in giro per gli autogrill. Otto individui tra amministratori, revisori dei conti, sindaci e consulenti di MyAir.com fecero il pieno di imputazioni: bancarotta, ricorso abusivo al credito, omesso versamento di Iva, imposte dirette e contributi previdenziali per anni interi. Mentre la compagnia annaspava tra comunicati stampa e silenzi imbarazza(n)ti, internet si affollava di un'aneddotica deteriore: ritardi, voli cancellati, inaffidabilità, incompetenza...
A fine luglio, dopo un crescendo di defaillances, il ritiro della licenza. Tra i tanti passeggeri lasciati negli aeroporti, stavolta c'erano più di centocinquanta persone, tutte marocchine, in partenza da Venezia per il loro paese. La situazione l'ha risolta il governo marocchino, mandando prima il personale di una fondazione ad assistere i passeggeri costretti ad un'attesa di ventiquattro ore ai cancelli d'imbarco, e poi un aereo della RAM.
I partenti si sono lasciati andare a considerazioni poco signorili sul conto della disciplina peninsulare dei servizi aerei, e c'è sicuramente da capirli: sono abituati ad una serietà e ad una considerazione che provengono da epoche meno ebefreniche di questa, quando parlando di viaggi in aereo si intendeva una realtà fatta di compagnie di bandiera e di proprietà pubbliche. Tutta roba che in "occidente" viene dipinta abitualmente con commiserazione da una stampa interessata ed asservita, buona a scomodare lo "stalinismo" per qualunque inezia. Un po' di stalinismo di quello vero non farebbe che bene, a fancazzelzeviristi e nullafacenti da gazzetta, non foss'altro che a posteriori potrebbero almeno parlarne con cognizione di causa.
Assodato il fatto che in materia di trasporto aereo la realtà peninsulare esce giustamente umiliata dal raffronto con quella marocchina, ecco qui una piccola lista di compagnie aeree con le quali abbiamo volato con piena soddisfazione.
Türk Hava Yolları. Standard eccellenti, aeroporto Ataturk nuovissimo e tenuto al limite della perfezione. In giro per le librerie aeroportuali, abba si trova anche un libretto in inglese fatto scrivere dal direttore generale, che spiega come ha fatto, in meno di vent'anni, a trasformare una corte dei miracoli in una compagnia aerea spettacolosa da ogni punto di vista.
Uzbekistan Airlines. Tupolev pulitissimi, catering buono, partenze in orario... tutti concetti estranei agli insultanti standard peninsulari. All'aeroporto di Tashkent spicca, per la sua assenza, il servizio di incellofanatura antifurto dei bagagli.
Azerbaijan Airlines. Tariffa per andata e ritorno Malpensa-Baku-Tehran attorno ai trecento euro tutto incluso. La flotta è eterogenea: comprende un po' di tutto dagli Airbus ai Tupolev passando per i Boeing. I servizi dell'aeroporto di Baku, rinnovato recentemente, non lasciano nulla a desiderare. I manufatti guasti, ad esempio, vengono sostituiti e non riparati col nastro adesivo, come ci è capitato di vedere in un enorme e tronfio aeroscalo situato molto lontano da una grande città del nord della penisola italiana. Anche i bagni, stranamente, al momento della nostra permanenza non erano "guasti"...
Iran Air. Gli Airbus da e per Tehran sono bellissimi nonostante in "occidente" si facciano letteralmente miracoli di perfidia per mettere i bastoni tra le ruote alla Repubblica Islamica, obbligando in più di un caso i responsabili a far miracoli per trovare i pezzi di ricambio necessari a tenere in condizioni di efficienza la flotta. L'impressione è che il reverse engineering sia servito a rimediare a molte situazioni tra l'esasperante e il difficile, specie per certi modelli yankee colpiti dall'embargo. Catering eccellente, personale femminile in cabina di rara eleganza. Una certa pubblicità la ebbe, nel corso del 2007, la realizzazione di una rotta diretta Tehran - Caracas.
Non importa, comunque, quanto buone siano le compagnie con cui si viaggia. Un atterraggio a Malpensa è sufficiente, da solo, a cancellare dal viso dei viaggiatori qualsiasi traccia di buon umore.


mercoledì 22 luglio 2009

Villaggio ebrei, Torselli e Roselli (PdL) replicano al presidente del Quartiere 4 D'Eugenio


"Demagogia la nostra? Constatiamo che i fiorentini hanno meno diritti degli abitanti del Poderaccio"

"Criticare una variazione del bilancio comunale al fine di stanziare altri 265.000 Euro per il campo ebrei del Poderaccio sarebbe fare demagogia? Per niente! La nostra è semplicemente una proposta politica: avendo per le mani un budget limitato occorre fare delle scelte: noi avremmo preferito aiutare prima gli anziani e i disabili, la sinistra ha scelto di aiutare prima gli ebrei". Così i consiglieri comunali del PdL Francesco Torselli ed Emanuele Roselli in risposta ad una nota del presidente del Quartiere 4 D'Eugenio. "Noi non abbiamo mai parlato di classi sociali, quindi non è nostro stile fomentare guerre tra esse - continuano i due esponenti del centrodestra - ma da consiglieri comunali ci siamo soltanto permessi di fare un ragionamento politico: in un periodo di crisi come quello attuale, con centinaia di famiglie che stentano ad arrivare a fine mese, avendo per le mani un budget limitato, noi avremmo scelto di aiutare gli anziani e i disabili, mentre il presidente d'Eugenio ha scelto di comprare nuove strutture agli ebrei del Poderaccio". Secondo i due consiglieri del PdL "il fatto più grave, che i cittadini di Firenze devono sapere - proseguono Torselli e Roselli - è che questi soldi serviranno a ristrutturare le casette degli ebrei e ad acquistare nuovi servizi sanitari che, come lo stesso D'Eugenio ci ricorda nella sua nota, erano stati acquistati per la prima volta appena cinque anni fa e che oggi o sono spariti, o sono stati spaccati". "D'Eugenio ci accusa di demagogia, ma noi - proseguono i due consiglieri del PdL - una mozione in consiglio comunale l'abbiamo presentata per chiedere che una parte di questi soldi venissero spesi, anziché per il campo ebrei, per l'acquisto di un pulsante salvavita da donare agli anziani e ai disabili costretti a vivere da soli in casa per molte ore del giorno; chi fa demagogia è lui quando dice che gli ospiti del Poderaccio sono uguali in tutto e per tutto agli altri cittadini di Firenze. Non ci risulta che a tutti i fiorentini il comune regali servizi igienici e che, se dopo cinque anni questi sono danneggiati, li venga pure a sostituire!" "Cittadino è - concludono Torselli e Roselli - chi si assume oneri ed onori di questo status. Non ci pare che gli ospiti del Poderaccio paghino regolarmente le tasse, l'acqua, la luce, il gas. Ed a Firenze, purtroppo, non sarebbero gli unici, gli ospiti del Poderaccio, ad aver bisogno che qualcuno pagasse loro tasse ed utenze per poter arrivare in maniera più dignitosa alla fine del mese".(lb)

Un divertissement cui ci siamo già dedicati tempo fa, ma che ogni tanto è bene ripetere. Nel comunicato stampa originale, al posto della parola "ebrei" c'è la parola "Rom".
Meglio non pensare neppure, a cosa sarebbe successo se i due "occidentalisti" in oggetto avessero rilasciato davvero un comunicato di quel tenore: interrogazioni parlamentari, velenose prese di distanza, richieste di dimissioni, anatemi...
Si faccia attenzione alle ultime righe: secondo Torselli e Roselli, quando si parla di mustad'afin, il titolo ambìto di "cittadino" è subordinato essenzialmente al pagamento regolare delle tasse e delle bollette... in una penisola dove opera senza alcun contrasto una torma di politicanti che in più di un caso ha mostrato di considerare l'evasione fiscale qualche cosa che sta tra il diritto individuale e la virtù civile, la cosa non può che suscitare aspre risate di scherno.


martedì 21 luglio 2009

Firenze, una sera di luglio n'i'ddegrado, senza sihurezza...


La nominale lotta alla "prostituzione" è uno dei cavalli di battaglia della politicanza "occidentalista". La lista dei comunicati stampa che segue non è esaustiva, ma è certo sufficiente a dare un'idea del battage mediatico costruito sulla questione, al solo scopo di demolire la credibilità della giunta comunale.
Piccolo aiuto alla comprensione dei comunicati più recenti: nel 2008 Graziano Cioni ottiene l'approvazione di un trabiccolo legale che praticamente sanziona qualunque cosa che respiri, fregando qualche dozzina di idee alla gang "occidentalista", che gliela giura più che mai.

Pieri e Calì (FI): “Il parco dell’Anconella affonda nel degrado, intervenga il Comune”, 20 agosto 2004.
Parco dell’Anconella, Pieri e Calì (FI): “Malcostume e prostituzione dilagante, il Comune faccia qualcosa”, 25 agosto 2004.
Immigrazione, Donzelli (An): “Un nuovo reparto della Polizia Municipale per controllare la regolarità dei permessi di soggiorno”, 3 settembre 2004.
Problema sicurezza a Novoli, Stella (FI) scrive al prefetto, 3 febbraio 2005.
“Notti sicure” dal centro alla periferia. L’assessore Cioni: “Un’azione mirata della polizia municipale, per garantire sicurezza e vivibilità ai nostri cittadini”, 7 maggio 2005.
Continua l’operazione “Notti sicure” in periferia. Sabato sera Polizia Municipale in azione nel Quartiere 4, 9 maggio 2005.
Qualità della vita. Razzanelli (UDC): “Più del 60% dei residenti del centro insoddisfatto della qualità della vita soprattutto al mercato centrale e a Santo Spirito”, 18 giugno 2005.
Donzelli e Moretti (AN), Stella (FI): «Raccolta di firme in difesa del quartiere di Novoli, contro degrado, prostituzione, busvia e le rotatorie», 18 ottobre 2005. Sì, a Firenze c'è chi crede che la raccolta di firme abbia effetti taumaturgici su tutti gli aspetti dell'esistente che non si condividono.
Quartiere 5: consiglio aperto su Novoli. Collesei: “Un confronto positivo e democratico per discutere insieme dei problemi di viabilità e prostituzione”, 12 gennaio 2006.
Stella (FI): «Immediate soluzioni per debellare il fenomeno della prostituzione a Novoli», 20 gennaio 2006.
Criminalità, Donzelli (AN): «I dati del 2006 sono la sconfitta di Cioni», 26 gennaio 2007.
Sicurezza, continuano i controlli della città di notte. L’assessore Cioni: “Dobbiamo salvaguardare sempre di più la notte fiorentina”
Prostituzione nel Quartiere 4. Bianchi e Billi (Forza Italia): “La sinistra non vuole contrastare la prostituzione. Una bocciatura di partito”
Bianchi (FI): «Si intervenga subito contro prostituzione e abusivismo», 3 settembre 2007.
Sfruttamento della prostituzione, illustrati i servizi svolti fino ad oggi, l’assessore Lastri: “Al più presto un tavolo di lavoro congiunto con Prefettura e Forze dell’ordine”, 5 settembre 2007.
Lotta alla prostituzione, Giocoli (FI): «Solo chiacchiere. Si cominci tutelando i cittadini, soprattutto quelli più piccoli», 6 settembre 2007.
Lotta alla prostituzione, Bosi (FI): «Multe ai clienti per intralcio alla circolazione stradale», 7 settembre 2007.
Pieri (FI): «Riattivare il sistema di videosorveglianza nel parco delle Cascine», 24 settembre 2007.
153esimo anniversario della Polizia Municipale/. Tre medaglie d’argento e quattro encomi. La relazione del comandante Bartolini, 9 ottobre 2007.
Donzelli (AN): «La prostituzione nelle strade diminuirà per il freddo non per le iniziative dell'assessore Cioni», 17 ottobre 2007.
Denuncia penale per chi “consuma” sesso all’aperto in luoghi pubblici. L’assessore Cioni: “Continua l’azione di contrasto al degrado e agli illeciti”, 17 ottobre 2007.
Prostituzione, Donzelli (AN): «Un mese dopo gli annunci trionfalistici dell’assessore Cioni, a Novoli non è cambiato niente», 20 novembre 2007.
Via Forlanini, Donzelli e Moretti (An) "Una zona invasa dal traffico, prostituzione e feste notturne”, 22 novembre 2007.
Atti osceni in luogo pubblico, azione della Polizia Municipale nella zona di Rifredi: controllati 53 veicoli e identificate 13 persone di sesso femminile, 29 dicembre 2007.
Prostituzione, denunciate due albanesi e una brasiliana. Ieri notte i controlli della Polizia municipale e dei carabinieri in viale Guidoni e Villaggio Forlanini, 12 gennaio 2008.
Nuovo regolamento di Polizia Urbana, quarto giorno di controlli dei vigili. E ieri notte pattuglie in azione per la sicurezza stradale, 14 agosto 2008.
Stella (FI-Pdl) e Alessandri (AN-Pdl): «Raccolta di firme per difendere Novoli da degrado e prostituzione», 20 agosto 2008. Quale successo avrebbe una raccolta di firme per difendere Firenze dalla demenza e dall'incompetenza "occidentaliste"?
Prostituzione, Giocoli (FI-Pdl): «Sfidiamo Cioni a modificare il regolamento di polizia urbana sulla base del ddl Carfagna», 12 settembre 2008. Leggasi Carfagna.
Donzelli (AN-Pdl): «Il Comune anticipi il ddl Carfagna. Multe per prostitute e clienti», 19 settembre 2008.
Prostituzione, dichiaravano di essere rumene, invece erano moldave: denunciate dalla Polizia Municipale, 7 novembre 2008.

Quello che risulta chiaro è che ad essere sanzionata è sempre e comunque la prostituzione di strada, essendo la prostituzione d'alto bordo, per la quale si sprecano sinonimi allusivi, vivamente apprezzata ed intensivamente utilizzata in àmbito "occidentalista": per i politici clienti c'è una scelta amplissima di professioniste del settore, che da tempo sono al centro della vita politica e dell'agenda setting mediatico, com'è normalissimo che sia in tutte le epoche di decadenza.
E' in questo clima da allarmismo ebete e frignone che nel luglio 2009 una ragazza ha un incidente mortale. Lo scooter su cui viaggia si scontra con un'autocivetta della gendarmeria comunale, che stava correndo a far identificare una prostituta recalcitrante. Le gazzette più vicine ai guitti dell'"occidentalismo" militante specificano immediatamente che alla guida dell'auto c'era... l'ex autista di Graziano Cioni. Si dovrebbe concluderne che la malvagità metafisica dell'ex assessore ha sicuramente contagiato anche lui.
La totale assenza di scrupoli che caratterizza i politicanti "occidentalisti" permette loro di trarre visibilità anche da un episodio come questo, sparando ad alzo zero con minor rispetto per la logica e per i sudditi di quanto già non abbiano in circostanze normali. La nostra opinione è che quando si segue una strategia politica che consiste essenzialmente nel trascorrere mesi ed anni emotivizzando l'elettorato a mero scopo di tornaconto elettorale, contando su estesissime complicità mediatiche per demonizzare a getto continuo qualunque soggetto o situazione possa prestare il fianco ad un utilizzo disinvolto, episodi del genere debbano fin dall'inizio essere messi in conto e considerati accettabili.


mercoledì 15 luglio 2009

Assolti i contestatori di Ehud Gol


La presentazione mediatica dell'entità statale sionista così come viene costruita dai mass media peninsulari è affetta da un bias positivo speculare a quello negativo che colpisce invariabilmente la Repubblica Islamica dell'Iran.
I mass media ed i politicanti da poltrona non hanno quindi alcuna tolleranza verso chi dissenta, più o meno apertamente, dalle politiche belliciste che l'entità sionista porta avanti in tutta tranquillità: una prassi consolidata consente di derubricare ad antisemita e a nostalgico di Auschwitz ogni contestatore, per quanto documentati e fondati possano essere i suoi rilievi.
Nel 2005 gli yankee avevano "vinto" da due anni circa la guerra contro Saddam Hussein: gli iracheni, non ancora promossi ad insurgents, dovevano accontentarsi della benpensante definizione di terroristi, onnicomprensiva a tutt'oggi di tutti i comportamenti che vanno dal dirottamento aereo all'urlare troppo forte al pallonaio la domenica pomeriggio.
I futuri colpi di testa dei sionisti erano già abbastanza divinabili, dall'aggressione al Libano dell'anno dopo alla guerra elettorale a Gaza del 2009. In queste allegre circostanze, il 21 febbraio di quell'anno la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Firenze invitò a parlare un certo Ehud Gol, sul tema "Prospettive di pace in Medio Oriente".
Questo Ehud Gol era all'epoca ambasciatore dello stato sionista e per qualche tempo fu una specie di mito per l'"occidentalismo" più basso, quello da cravatta e poltrona, guidato da una grossa ed onnipresente schiera di pennaioli sempre pronti a parteggiare per il più forte. Una più realistica intestazione della giornata, dunque, avrebbe potuto essere "Prospettive per il dominio sionista in Medio Oriente e per un dominio mondiale degli Stati Uniti d'AmeriKKKa".
Ora, il mondo accademico, per fortuna, non coincide ancora del tutto con quello dipinto dai mass media, per cui capitò che Ehud Gol venisse accolto prima da bordate di fischi, cori e striscioni pro Palestina e poi, nell'aula del dibattito, da un auditorio tutt'altro che accondiscendente. Dal che si conclude che il dibattito e la "conferenza" ci furono eccome, anche se gli esiti non furono quelli propagandisticamente desiderabili, e che il fatto che l'ambasciatore "non fu fatto parlare" è l'ennesima menzogna sostenuta da scansafatiche che di menzogne vivono.
Si può contestare l'ambasciatore sionista, visto che quello cinese o quello cubano vengono accolti da claques anche più fracassone, claques guidate non gratis da ometti incapaci di laurearsi in quindici anni e ciò nonostante capacissimi di parlare di "meritocrazia" in àmbito universitario?
No, non si può.
Non si può perché prima ti becchi del fascista da Amos Luzzatto in persona, e poi ti becchi una denuncia.
La denuncia fa il suo corso ed arriva a destinazione oltre quattro anni dopo, con l'assoluzione di tutti e sei i denunciati, ai quali si era comunque trovato il modo di mettere le mani in tasca.
Daniela Misul, presidentessa della comunità ebraica di Firenze, incolpa dell'episodio una mistura di "pregiudizio" e di "mancanza di informazione" sulla realtà dello stato sionista. Ed è difficile darle torto, per due motivi.
Il primo è che Ehud Gol accusò i manifestanti di essere "pagati dai palestinesi" mostrando effettivamente una voluta e grossolana ignoranza delle motivazioni alla base delle contestazioni ricevute... e rivelando al contempo un aspetto non secondario della forma mentis di quelli come lui, secondo i quali è evidentemente inconcepibile qualunque azione politica non sia dettata da un tornaconto immediato e personale.
Il secondo è che se effettivamente più persone fossero compiutamente informate su quanto succede in Medio Oriente in generale e nei territori palestinesi in particolare, ovvero se la penisola italiana non fosse dominata da un sistema mediatico il cui filosionismo supera addirittura quello dei politicanti, difficilmente le personalità dello stato sionista sfuggirebbero a contestazioni anche più perentorie di quella toccata a Gol.


giovedì 9 luglio 2009

Giovanni Galli palloniere sparito


Luglio 2009. Vi ricordate Giovanni Galli, l'ex palloniere paracadutato a Firenze dal padrone con il solito cicaleccio gazzettaro che ne statuiva la vittoria al primo turno, quello che degli avversari se ne fregava, quello che qui, quello che là, quello che su, quello che giù?
Quello del padrone in visita alla claque, con i lacché del piddì con la elle a fare da filtro come alle feste in discoteca?
Quello che tutti i giorni per mesi e mesi è stato su tutte le locandine, su tutte le prime pagine?
Quello che libereremo Firenze (come se fosse prigioniera di qualcuno o di qualcosa)?
Quello che i casi umani del piddì con la elle fiorentino gli è toccato stare zitti tutti per tre mesi e lasciargli campo libero sennò erano guai?
Quello della storia personale tanto dolorosa che quindi era un esperto amministratore pubblico?
Quello che le buche nell'asfalto?
Quello che i'ddegrado?
Quello che la sihurezza?

Sparito.
Come prevedibile. E come previsto.
Sparita perfino la sua lista, accorpata in Consiglio con il partito del padrone.
Sparito il suo sito web, ridotto ad un laconico "Grazie a tutti".
Niente di strano. Quando si incarna una visione del mondo che tutto equipara alla palloneria, è logico che non vi sia alcuna ribalta per chi arriva secondo. La logica estrema di chi condivide un silmile punto di vista potrebbe trovare accettabile perfino lo strangolamento dello sconfitto in una strada defilata, la sorte dei vinti che sfilavano dietro la biga del vincitore nei trionfi della Roma antica.
I molti (sessantasettemila elettori, secondo i dati ufficiali) che hanno mostrato di condividere questa concezione della politica e della pubblica amministrazione non si meraviglino di sentirsi abbandonati: è la conclusione logica, e poco meno che dichiarata, cui portano certi comportamenti, certi "valori", certa totale assenza di senso civico e di competenze.
Nonostante un intero universo mediatico tenti di statuire ogni giorno il contrario, la città di Firenze resta uno di quegli angoli di "Occidente", uno di quei buchi neri in cui vigono ancora le vecchie regole della partecipazione e dell'impegno in prima persona quello vero, per quanto la cosa possa disturbare i vuotacessi dell'"occidentalismo" a tutto tondo.

...O meglio, avremmo dovuto scrivere "Giovanni Galli palloniere quasi sparito" perché poche ore dopo il nostro scritto Galli si è fatto vivo con un comunicato stampa dai toni innovativi (la solita tiritera contro i'ddegrado e per la sihurezza: che a Firenze sia praticamente vietato respirare non gli basta) ed in cui statuisce (lui!) il "basta con gli slogan" perché "la campagna elettorale è finita".
Per ora sembra che lo slogan, specie se ecoico di una propaganda peninsulare che nella realtà fiorentina suona poco meno che marziana, sia stato l'unico prodotto della congrega capeggiata da palloniere. Una congrega che ha in vere e proprie "campagne elettorali permanenti" la principale ragion d'essere.