martedì 30 dicembre 2008

Gaza Democracy Export



Hamas. I golpisti impopolari.

Dicembre 2008. L'anno si chiude con un'altra ardita impresa degli "esportatori di democrazia", che per far vedere quanto sono bravi a produrla e ad esportarla hanno pensato bene di bombardare un campo di concentramento in cui si ammassa più di un milione di persone. La colpa di queste persone è l'aver delegato a larga maggioranza il compito di rappresentarle ad un'organizzazione che a Gaza assicura i servizi essenziali, ivi compreso il controllo del territorio, l'istruzione e la sanità di base. Servizi che Al Fatah ha ampiamente dimostrato di non sapere o volere fornire, venendo impietosamente bocciata alle urne tra lo sconcerto ipocrita dei "sondaggisti". L'ottima fama che Abu Mazen e i suoi hanno presso i media "occidentali" viene giustificata dalla loro volontà di dialogo e di cooperazione con i sionisti; due concetti che nei territori occupati vengono invece più correttamente definiti "corruttela" e "collaborazionismo".
In altre parole, tante volte non fosse chiaro, l'entità sionista afferma di aggredire la "terrorista" Hamas che ha messo in piedi un "regime" a Gaza.
Hamas ha vinto le elezioni del 2006. Questa verità elementare, nello stato che occupa la penisola italiana, viene occultata da politicanti e giornalai con ogni mezzo. Al Fatah ha prima rifiutato di partecipare al governo e poi "convinto" con l'intermediazione (o meglio, l'intromissione) saudita il leader Hanyeh a farsi da parte per lasciare il posto ad un governo di unità nazionale. La manovra è servita a limitare l'effetto di un risultato elettorale tanto chiaro quanto "occidentalisticamente" scomodo, ma non ha messo in conto il fatto che la Palestina non ha molto in comune con una giunta comunale da penisola italiana, e che Hamas oggi come oggi non è composta da gente che puoi mettere a tacere con qualche offa delle solite, tipo l'ingresso gratis a qualche bordello di lusso.
A Gaza, dove per le ragioni su tratteggiate Hamas ha un sostegno radicato ed in costante rafforzamento, la mossa non piace affatto. Miliziani, personale e politici di Al Fatah vengono cacciati nel giugno del 2007. Abu Mazen ne approfitta per dichiarare decaduto il governo di unità nazionale che aveva voluto ad ogni costo. Primo ministro diventa Salam Fayyad, "occidentalisticamente" malleabile e presentabilissimo. La volontà degli elettori, in sostanza, si traduce nel suo esatto opposto.
Tutto questo molto in sintesi, tanto perché siano chiari alcuni aspetti che non si troveranno sulle gazzette o in quel canaio pornocratico e demente che chiamano "televisione".
E' in questo contesto mediatico che ovviamente, e come spesso succede, i sionisti hanno campo libero mentendo e sapendo benissimo di mentire. In questo trovano pienissima collaborazione nei media mainstream diretti a quell' "occidente" che ancora non ha interiorizzato quanto il mondo stia cambiando. In senso, ovviamente, ad esso non favorevole.
Le ciance di politicanti ed anchor men che allagano le gazzette tutte le volte che Tsahal' aggredisce qualcuno riescono a nascondere alcune verità elementari, prima tra tutte quella che fuori dalle sempre più precarie casette in Canadà in cui i media identificano il proprio target esistono popoli interi che delle menzogne con cui l'"occidente" ha insegnato a tutti a dipingere il mondo non sanno cosa farsene. E meno che mai sanno cosa fare con quella "democrazia" esportata con metodi con cui non ci si azzarderebbe ad esportare navi cariche di rifiuti tossici.


sabato 27 dicembre 2008

Mahmoud Ahmadinejad: antisemitismo per Natale?



I quotidiani on line del 26 dicembre riferiscono di una prassi adottata da qualche anno da un canale televisivo britannico, che consiste nel far seguire al tradizionale discorso augurale del monarca un corrispondente discorso pronunciato da qualcuno che viene investito della responsabilità di fornire un "punto di vista alternativo" a quello di Sua Maestà Britannica.
Teoricamente un bell'esempio di pluralismo.
Teoricamente, appunto.
In pratica la scelta dei personaggi e la presentazione delle loro parole fa pensare che l'intento da perseguire -e l'effetto pratico raggiunto- sia piuttosto quello di ottenere una legittimazione "a contrario" di quanto affermato dal monarca britannico caricaturalizzando, denigrando o distorcendo in ogni modo le affermazioni di colui che viene presentato come controparte.
Per il 2008 il dubbio onore di fare da sparring partner per i pennaioli in servizio permanente effettivo è toccato a Mahmoud Ahmadinejad, legittimo presidente della Repubblica Islamica dell'Iran eletto dal popolo -ed eletto con un numero di suffragi e con una partecipazione elettorale che tanti "presidenti" delle democrazie in via di esportazione neanche si sognano- che viene invece invariabilmente denotato come "dittatore" di un "regime" contro il quale tutto è lecito.
Uno stizzito trafiletto su Repubblica ci comunica che il ministro degli esteri britannico ha protestato con il canale televisivo per la "serie di dichiarazioni antisemite spaventose" rilasciate da Ahmadinejad, ed in questo ha trovato l'ovvia sponda dell'ambasciatore sionista a Londra.
Qui di seguito si riporta la traduzione integrale del discorso pronunciato in tv dal presidente della Repubblica Islamica dell'Iran. Al di là delle considerazioni su Cristo, comprensibilissime da chiunque conosca anche solo i rudimenti dell'Islam sciita e dunque assolutamente al di là della portata di un pubblico cui i media si guardano bene dal divulgare informazioni che renderebbero difficoltoso il presentare il popolo iraniano e le sue istituzioni come l'incarnazione del Male metafisico, in tutto il testo non compare alcun vocabolo che permetta di considerarlo una prolusione antisemita. Se a pronunciarlo fosse stato qualunque altro leader politico o mediatico del pianeta non avrebbe sollevato alcuna eco.
In pratica, Mahmoud Ahmadinejad riesce a prendersi dell'antisemita ogni volta che prende la parola; delegittimare lui e l'Iran è una prassi consolidata ed inscalfibile che passa sopra a tutto e non si arrende mai, neppure davanti all'evidenza.


In nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso.
In occasione dell'anniversario della nascita di Gesù figlio di Maria, Parola di Dio e Messaggero di misericordia, vorrei congrtularmi con tutti i seguaci delle fedi abramiche, e specialmente con coloro che sono seguaci di Gesù Cristo, e con il popolo della Gran Bretagna.
L'Onnipotente ha creato l'univeerso per gli esseri umani, e gli esseri umani per se stresso.
Ogni essere umano che ha creato ha avuto da Lui la possibilità di raggiungere le vette della perfezione.
Ha invitato ogni uomo a fare ogni sforzo per vivere una buona vita in questo mondo e ad adoperarsi per raggiungere la vita eterna.
In questo difficile e impegnativo cammino dell'uomo che parte dalla polvere ed arriva alle vette del divino, L'Onnipotente non ha lasciato che l'umanità dovesse provvedere con le proprie sole forze. Ha scelto il migliore tra coloro che Egli aveva creato perché fosse suo profeta e facesse da guida all'umanità.
Tutti i profeti hanno chiamato al culto di Dio, all'amore, alla fratellanza ed alla creazione di giustizia e di amore nella società umana.
Gesù, il Figlio di Maria, è il portabandiera della giustizia, dell'amore per il nostro prossimo, della lotta contro la tirannia, la discriminazione e l'ingiustizia.
Tutti i problemi che hanno orientato verso il Male l'umanità nel corso dei secoli sono sorti perché l'umanità si è avviata su un cattivo sentiero ed ha ignorato il messaggio dei Profeti.
Adesso che la società umana si trova ad affrontare una miriade di problemi e una successione di crisi complesse, possiamo rintracciarne le cause nel rifiuto, da parte della società umana stessa, del messaggio dei Profeti, ed in particolare nell'indifferenza di alcuni governi e di alcune potenze verso gli insegnamenti dei divini profeti, specialmente verso quelli di Gesù Cristo.
La crisi nella società, nella famiglia, nella morale, nella politica, nella sicurezza e nell'economia che ha reso la vita difficile per l'umanità e che continua ad esercitare una forte pressione su tutte le nazioni è emersa perché i profeti sono stati dimenticati, l'Onnipotente è stato dimenticato e alcuni leader si sono allontanati da Dio.
Se Cristo fosse sulla terra oggi, senza dubbio Egli prenderebbe le parti del popolo, in opposizione alle potenze prevaricatrici, malevole ed espansioniste.
Se Cristo fosse sulla terra oggi, senza dubbio Egli isserebbe la bandiera della giustizia e dell'amore per l'umanità, per opporsi ai guerrafondai, a coloro che occupano le terre altrui, ai terroristi ed ai prevaricatori di tutto il mondo.
Se Cristo fosse sulla terra oggi, senza dubbio Egli lotterebbe contro le politiche tiranniche dei sistemi politici ed economici che controllano il mondo, come fece nel corso della Sua vita.
La soluzione ai problemi di oggi è il ritorno ai valori cui ci hanno esortato i Profeti.
La soluzione a queste crisi sta nel seguire i Profeti che sono stati inviati dal Onnipotente per il bene dell'umanità.
Oggi esiste tra le nazioni una generale intenzione di chiedere cambiamenti fondamentali. Questo è quello che sta succedendo.
La richiesta di un cambiamento, la richiesta di una trasformazione, la richieste di un ritorno ai valori umani stanno rapidamente diventando la principale esigenze delle nazioni del mondo.
Queste esigenze devono ricevere risposte autentiche ed appropriate. Il prerequisito perché questo mutamento si verifichi davvero è rappresentato da un radicale cambiamento de negli obiettivi, nei propositi e nelle direzioni dell'agire.
Se si imporranno nuovamente alle nazioni degli obiettivi tirannici confezionati in maniera attraente ed ingannevole saranno popoli interi, ormai messi in guardia, a levarsi contro di essi.
Fortunatamente oggi, mentre la crisi e la disperazione si ingigantiscono, sta crescendo allo stesso modo anche un'ondata di speranza. La Speranza per un futuro più luminoso, la speranza che venga ristabilita la giustizia, la speranza per una pace reale, la speranza che emergano virtuosi e pii governanti che amano il loro popolo e vogliono porsi al suo servizio; e questo è ciò che l'Onnipotente ha promesso.
Riteniamo che Gesù Cristo ritornerà, insieme ad uno dei figli del venerato Messaggero dell'Islam e di guidare il mondo verso l'amore, la fratellanza e la giustizia.
La responsabilità di tutti i seguaci di Cristo e di quelli delle fedi abramitiche è quella di preparare il terreno per l'adempimento di questa promessa divina e per l'arrivo di quella gioiosa, splendida e meravigliosa era.
Mi auguro che le intenzioni di tutti i popoli possano unirsi in unn futuro non troppo lontano, e che con la grazia del Signore Onnipotente giunga finalmente quest'era di splendore a dominare il mondo.
Ancora una volta, mi congratulo con tutti e con ciascuno per l'anniversario della nascita di Gesù Cristo. Prego che il nuovo anno possa essere un anno di felicità, di prosperità, di pace e di fratellanza per l'umanità.
Vi auguro ogni successo ed ogni felicità.


martedì 23 dicembre 2008

L'impopolarità di Hamas




Rafah, zona sud della striscia di Gaza, primo settembre 2007. Sostenitori palestinesi di Hamas gridano slogan durante una manifestazione indetta per chiedere la riapertura della frontiera con l'Egitto. Secondo fonti mediche nel corso della manifestazione alla frontiera otto palestinesi sono rimasti feriti; per uno di essi venne dichiarata la morte cerebrale.
Migliaia di sostenitori di Hamas muniti di bandiere si sono ammassati alla frontiera con l'Egitto di Rafah, chiedendone la riapertura.
Foto AP di Khalil Hamra.

domenica 21 dicembre 2008

Tzipi Livni: un'"occidentalista" dalle verità flessibili




Da anni l'entità sionista è alle prese con una crisi politica alle cui origini non è certo estraneo l'esito dell'aggressione al Libano, perpetrata due anni fa con dosi industriali di incoscienza e di faciloneria nel quadro di una politica "muscolare" proseguita con la pazzesca guerra dei georgiani, e sperabilmente vicina a darsi una regolata con lo sparire dalla scena dell'ubriacone Bush e dei suoi "teoconservatori". Le elezioni di febbraio dovrebbero quindi servire a sostituire un esecutivo delegittimato da errori politici e strategici e da scandali di ogni genere.
Tra i candidati al posto di primo ministro c'è Tzipi Livni, che il 21 dicembre sulle amicissime pagine del Corriere della Sera può sperticarsi contro Hamas garantendo che se sarà eletta "rovescerà il regime a Gaza".
I media "occidentalisti", in materia di Medio Oriente e di entità sionista, toccano spesso e volentieri il limite ultimo dell'offensivo e dello spregevole. A Gaza non esiste alcun "regime", a meno che non si intenda indicare, con tale termine, qualsiasi realta od organizzazione politica sgradita agli "occidentalisti". Hamas ha vinto le elezioni del 2006 in tutti i territori palestinesi sorprendendo i "sondaggisti" pagati perché mostrino un mondo che non esiste, ed il riconoscimento di questo dato di fatto da parte degli altri attori politici gli avrebbe forse tolto anche l'occasione per occupare manu militari le istituzioni politiche di Gaza, dove Hamas gode di un sostegno pressoché granitico perché la corruttela generale non ha ancora informato di sé la pratica politica del movimento. Con Hamas, invece, l'intero baraccone mediatico e politicante "occidentalista" si è comportato in modo diametralmente opposto, delegittimandolo con ogni mezzo lecito e non.
L'entità sionista ha per anni ammazzato i dirigenti di Hamas senza riuscire ad intaccare l'efficacia della sua azione sociale e politica e senza che il sostegno popolare accennasse a calare. Pare che sia impossibile da metabolizzare, per i vertici di un organismo statale e di un esercito abituati allo strapotere tecnologico ed alla repressione delle manifestazioni politiche, che per ogni "perdita collaterale" c'è una generazione intera che te la giura e che sta passando dai sassi all'addestramento ed agli armamenti ad alta tecnologia a tutt'oggi ritenuti -a torto- appannaggio di una parte sola. L'esperienza libanese non ha evidentemente insegnato gran che.
L'ultimo capolavoro di strategia, l'assedio di Gaza, rappresenta sicuramente un modo per peggiorare ulteriormente le cose nonostante la copertura mediatica dell'evento sia filosionista nella sua interezza. Quelle che in "occidente" possono apparire come ciance da campagna elettorale da quelle parti hanno la preoccupante tendenza a concretizzarsi sotto forma di bombardamenti aerei e di incursioni di blindati; c'è da chiedersi che cosa autorizzi a pensare che i destinatari di tante attenzioni siano così affezionati al ruolo della vittime predestinate.


giovedì 18 dicembre 2008

Joe Fallisi a Gaza




Un sabato di dicembre e un concerto/chiacchierata annunciato con il vecchio sistema dei manifestini sulle cantonate.
Joe Fallisi fa visita agli anarchici fiorentini, quelli da qualche anno felicemente insediatisi in una strada in pieno centro, e racconta di Pinelli e di Hamas, di Cipro e Nestor Makhno.
Fallisi era sul Dignity, l'imbarcazione che da Cipro è riuscita a rompere il blocco navale israeliano e ad arrivare a Gaza portando un gruppo eterogeneo di persone, tra le quali un parlamentare israeliano ed un Nobel per la pace. Su Notizie dalla Terra Santa è comparso il suo resoconto di questa esperienza. Un'esperienza che ha richiesto le più alte doti di dedizione e di organizzazione, e che ovviamente è passata nell'assoluto silenzio dei media peninsulari.
Joe Fallisi è anche l'"anarchico" che nel settembre 2007 sorprese e riconobbe Roberto Sandalo ad una non oceanica manifestazione islamofoba.


HO INCONTRATO ZENONE

Ieri, passeggiando vicino alla riva del mare, ho incontrato Zenone, una piccola statua serissima. Ai suoi tempi dorati Larnaca si chiamava Cizio. Sono qui da due giorni con gli amici di Free Gaza (Huwaida Arraf, Greta Berlin, Ramzi Kisia, Dereck Graham...). Ora che li conosco di persona, li stimo ancora di piu'. Ognuno ha il suo lavoro e la sua vita privata e finanzia in prima persona la causa comune. Quel che fanno e' per amore della giustizia, non di partito o di carriera.
Infrangere l'assedio e lo strangolamento di Gaza cercando di raggiungerla via mare e' un progetto sorto due anni fa. La cosa quasi incredibile ma vera e' che lo hanno ideato in contemporanea attivisti per i diritti umani di vari Paesi: Australia, Libano, Inghilterra, Stati Uniti. Cosi' e' nata Free Gaza. Essendo gente seria e non chiacchieroni inconcludenti, in breve sono riusciti a raccogliere il danaro utile e hanno comperato due piccole navi. Ora si tenta il secondo viaggio, forse il piu' difficile e pericoloso.
Tutti sanno - in primo luogo l'entita' sionista - che un altro successo potrebbe davvero cambiare le cose. Sull'onda di Free Gaza, e autonomamente, sembra che partira' presto una nuova nave dallo Yemen - magari si svegliassero gli Arabi!...
Varie diffficolta' di ordine legale e burocratico si sono accumulate negli ultimi giorni, anche previsioni meteorologiche avverse. Ma ora sembra che tutto sia finalmente risolto: dovremmo imbarcarci per la nostra avventura mercoledi' 24 settembre alle ore 22. Dopo un giorno e mezzo di navigazione vedremo, Inshallah, le barche dei gazesi in festa che ci stanno aspettando... e ritroveremo alcuni passeggeri del primo viaggio rimasti a Gaza appositamente (sia per lavorare, sia per lasciare il posto ad alcuni Palestinesi, uno dei quali, in gravi condizioni di salute, sta finalmente ricevendo le cure adeguate nell'ospedale di Larnaca), o perche' respinti ai valichi di terra. Saremo in venti. Tra di noi due giornalisti di Al Jazeera e l'irlandese Mairead Maguire, Premio Nobel per la Pace nel 1976.
Non dovrebbe essere cosi semplice per i despoti di Tel Aviv affondarci. Neppure arrestarci. Il grande Zenone diceva che abbiamo due orecchie e una sola bocca perché dobbiamo ascoltare di più e parlare di meno. Chiudo dunque questa mia prima corrispondenza, tornando sulla spiaggia per sentire cosa racconta il mare generoso.

Joe Fallisi
Larnaca, lunedi' 22 settembre 2008


GAZA LIBERA

Siamo ancora nella citta' di Zenone. Ma sembra che domani sera o, al massimo, lunedi', salperemo finalmente per Gaza. E' cosa certa: l'entita' sionista sta facendo tutto il possibile contro il nostro viaggio. Per superare piu' velocememnte le difficolta' burocratiche di cui parlavo, gli organizzatori di Free Gaza hanno cercato in questi giorni di affittare - persino di comprare - un'altra piccola nave. Tre di loro sono volati ieri a Beirut per trattare di persona con diversi proprietari. Dappertutto un muro di gomma, rimandi, richieste chimeriche, tergiversazioni, si', no, forse, risentiamoci, vedremo... Il fatto e' che la forza d'animo e la determinazione degli attivisti che hanno organizzato il primo viaggio e' ancora la stessa, intatta... semmai piu' forte. Alla faccia di tutti i despoti e dei parolai. Cosi', proprio oggi e' arrivata la notiza che potremo ri- utilizzare una delle due navi di proprieta' di Free Gaza, proprio quella con lo stesso loro nome.
In Grecia, dove verranno firmate le ultime carte, il lavoro indefesso di alcuni amici ha fatto si' che i nuovi e definitivi documenti legali di intestazione siano gia' ultimati, con anticipo sui tempi previsti. A questo punto l'imbarcazione sara' in grado di riprendere il mare. Domattina andremo a dipingerla e a rimetterla a nuovo. Se non arriva una tempesta (immagino ci sia qualche necrocabbalista che sta operando pure in questo senso), Free Gaza navighera' molto presto verso il suo destino.
Ecco i nomi dei passeggeri (l'elenco e' aggiornato alle ore 21h21m - 20h21m italiane):

Name Country of Origin Current Languages Spoken Affiliations

Al Jabar, Ali Qatar English/ Arabic Al Jazeera
Alshubashi, Mohammed Germany/Palestine English/German/ Arabic Physician, neurosurgeon
Abourashed, Amin Holland English/Dutch/Arabic Human Rights
Arraf, Huwaida Palestine/US English/Arabic NVDA/International, Human rights, International Law Spokesperson for FGM
Barghouti, Mustafa Palestine Russian/English/Arabic Pres, Mubarda Party, MP Boulous, Nicolas Greece Greek/ English Chemist, Boat engineer Butterly, Caiomhe Ireland Spanish/English/Arabic Voices in Wilderness, PSC
Cox, Rod UK English Pal Solidarity, Chester, UK
Al Hams, Walid Palestine/Sweden English/Swedish/Arabic/ Slovak Physician, Internal Medicine
Ernshire, Eliza Australia/UK English Human rights activist,
Fallisi, Joe Italy English/Italian/ French Opera singer, composer, reporter for infopal
Graham, Derek Ireland English Sailor, electrician, first mate
Hamami, Ibrahim Palestine/UK Arabic/ English Physician, family medicine Klontzas, George Greece Greek/ English Boat captain
Kysia, Ramzi US/Lebanon English Writer, organizer, spokesperson
Maguire, Mairead Ireland English Peace people/Nobel Peace Prize
Masarwa, Lubna Palestine '48/Israel English/Arabic/ Hebrew Jerusalem Alternative Intormation Center, Al Quds University
McDermott, Theresa Scotland English Human Rights Activist, on first trip Mohammed, Amir Sudan Arabic/English Al Jazeera
Wall Sylvia UK English Human Rights Activist
Zahalka, Jamal Israel Arabic/English/ Hebrew Member of Knesset

Ieri pomeriggio sono andato, insieme con Mairead Maguire, piccola donna dall'animo grande quanto la Gran Bretagna e l'Irlanda messe insieme, a visitare l'ammalato grave che la prima missione di Free Gaza ha portato in salvo a Cipro. Si chiama Saed Khaled Mahmud Musleh, ha 16 anni e il viso, gli occhi che sorridono come stelle, di tutti i ragazzini palestinesi. A Gaza i delinquenti sionisti gli hanno sparato addosso, da dieci metri, un missile, spappolandogli la gamba sinistra e ferendolo gravemente alll'addome. Siccome la cancrena avanzava, quella povera gamba i medici sono stati costretti ad amputargliela, tagliando alto, fin sopra il bacino. Ora sembra sia finalmente fuori pericolo. Ma ha bisogno di protesi speciali adatte al suo caso estremo. Invio a infopal (anche ad Emergency) tutta la sua documentazione medica e prego vivamente chiunque possa aiutarlo in modo fattivo di contattare me (flespa@tiscali.it) e/o infopal stessa (direzione@infopal.it). Suo padre, Khaled Musleh, dignitosissimo come Saed, ne ha altri 11 di figli.
Sara' questa forza incrollabile e indomabile della vita a ridare un giorno ai Palestinesi eroici la loro liberta'.
Joe Fallisi,
Larnaca, giovedi' 25 settembre 2008


LA TELEFONATA PIU' ECONOMICA (DALL'INFERNO)

Una nuova grave complicazione di ordine tecnico, non prevista, ha purtroppo impedito la partenza di Free Gaza. Si sarebbe dovuto ancora attendere piu' di una settimana a Cipro. Per molti di noi era impossibile. Cosi' e stato' deciso che ci ritroveremo presto (tra circa un mese), questa volta con la sicurezza di imbarcarci. Inutile nascondere il dispiacere e la frustrazione. Ma molto piu' forte e' la volonta' di fare quel che abbiamo stabilito. E che faremo. Del resto, nessuno ha mai pensato che quest'impresa fosse facile e lo stesso primo viaggio ha subito ritardi disperanti. Alla fine poi, contro tutte le congiure, le due navicelle hanno preso il largo e sono arrivate vittoriose a Gaza. L'intrepido capitano Arrigoni mi aspettava per bere un te' alla menta... Fra non molti giorni, amico!... L'altro ieri Barghouti illustrava, con l'ausilio di appositi grafici, la realta' dell'occupazione. E' qualcosa che va oltre cio' che normalmente si crede. Cento volte peggio del razzismo e dell'apartheid bianco in Sudafrica - e questo a detta degli stessi politici che hanno vissuto durante quel regime.
Secondo un piano preciso, l'entita' malefica ha continuato, dal 1948, a rubare terra, olivi, acqua ai Palestinesi e a vessarli in ogni modo. Lo scopo e' uno solo, sempre lo stesso: rendere loro la vita impossibile e portare a compimento una gigantesca pulizia etnica, cosicche' lo Stato "ebraico" alla fine risulti padrone unico e assoluto. In realta' gli stessi sionisti, per quanto l'economia shylockiana stia oggi celebrando i suoi fasti, sanno bene che si tratta, piu' che di un sogno possibile, di un incubo. Per i Palestinesi martirizzati, ma anche per loro stessi. Basta solo che gli yankee dichiarino bancarotta (meglio: che i loro creditori battano cassa e gli scambi internazionali sostituiscano gli spettrodollari, per esempio, con gli euro) e l'edificio-carcere giudaico, zombi artificialmente pompato dalla Lobby amerikana, crollera' in poco tempo nel disastro e nella vergogna.
I Palestinesi mai hanno piegato la testa e mai si arrenderanno. E sono molto piu' prolifici - sani, in tutti i sensi. Il vero problema sara' se e come potranno perdonarli di tutte le infamie e torture che hanno subito. Nell'ultimo biennio il 20% delle morti di bambini al di sotto di un anno di eta' e' stato causato dai check points criminali, insieme col Muro simbolo e architrave della tirannia sionista. Cosi' pure, 73 donne sono state costrette a far venire alla luce i figli senza poter raggiungere l'ospedale e un terzo di loro ha perso la vita. Al punto che oggi le donne palestinesi incinte spesso si presentano ai posti di blocco con mesi di anticipo...
Prima di far ritorno nel parlamento lovecraftiano, Jamal Zahalka ci ha raccontato una storiella. Tre nuovi ospiti arrivano all'inferno: da Houston il primo, da Londra il secondo, il terzo da Gaza. Devono telefonare ai loro parenti. Chiama lo statunitense. Il conto e' di 5.000 dollari. Poi l'inglese: 1000 sterline. Il palestinese va a sua volta in cabina e alla fine chiede: "Quanto devo?"... "Niente", gli risponde il diavolo. "Niente"???!!!... perche'?"... "E' una chiamata locale".

Joe Fallisi
Larnaca, lunedi' 29 settembre 2008


ARRIVEDERCI ZENONE

Quest'ultima corrispondenza - ma spero ne seguirà presto una nuova serie - è dedicata alle sorelle e ai fratelli di Saed: a Jasmine (15 anni), Weroot (12), Hanìn (10), Saeeda (9), Hadeel (7), Nairma e Umdellalah (gemelle, 4) e a Mahmud (5), Samir (3), Abdularti (2), Mohammed (1). Saed è il primogenito, il futuro capofamiglia. Ha un'intelligenza e un senso dell'umorismo eccezionali. Non si lamenta mai. Ti guarda con occhi pieni di luce e di mare, come se avesse capito tutto. Giovanissimo vecchio saggio, così magro, quasi trasparente, lo tiene in vita un soffio e l'amore di suo padre, della sua famiglia, dei suoi amici. E' ancora ricoverato alla Vorkas Clinic di Larnaca. Qui tutti gli vogliono bene e lo aiutano (in genere i ciprioti sono ben disposti verso i palestinesi, sapendo cosa significa vivere sotto occupazione), ma ha bisogno di un altro ospedale, specializzato in casi simili al suo. Non si tratta solo di vedere se, una volta guarito di tutte le patologie interne, si riuscirà a costruirgli una protesi speciale che lo faccia stare in piedi, ma anche di rieducare il corpo a quella posizione, ridare un po' di energia alla gamba rimasta, che pure è stata ferita e oggi è smilza e sottile, debole come un lumicino. Proprio a questo scopo abbiamo costituito un piccolo comitato che si occuperà delle sue cure. Troveremo presto l'ospedale adatto (forse in Germania, o anche in Italia) e i soldi necessari. Aspettiamo di avere, da due amiche meravigliose che vivono a Nicosia e che faranno tutto quel che possono e che è stato deciso, il nuovo report medico di Saed aggiornato alla situazione attuale. Tra pochi giorni sarà pronto. A seconda di quel che i medici dei Centri che contatteremo ci diranno, faremo la scelta adatta. A quel punto, Saed e suo padre saliranno per la prima volta in aereo, e potranno contemplare dall'alto, da lontano, la loro terra che aspetta di rivedere Saed sano e salvo.
Free Gaza è (ancora) un movimento, non un partito. Non ha "capi", tirannucoli che si guardano allo specchio e che fan fare le cose ai sottoposti. Ognuno collabora liberamente, volontariamente e contribuisce per il meglio. Chi ha partecipato al primo viaggio - e ora sta organizzando il secondo - ha avuto il merito, tra l'altro, di portare Saed in salvo. Altri si occuperanno di concludere la missione. Mi ricordo che uno dei primi giorni parlavo con un'attivista, e ci raccontavamo le nostre "origini". Le ho detto che fin da ragazzino avevo abbracciato l'anarchia. A quel punto le sono scintillati gli occhi. E ci siamo abbracciati noi due.

Joe Fallisi
Larnaca, martedi' 7 ottobre 2008


DIGNITY

Appena di ritorno a Larnaca ricevo un e-mail da Vittorio Arrigoni, capitano coraggioso. Mi scrive l'amico rimasto a Gaza: "(...) allora siete pronti a mettere le ali ai piedi? O, meglio, le pinne... Che Zenone, Poseidone e tutto il phanteon pagano vi siano propizi. Cercherò di issarmi sulla prima barchetta che vi darà il benvenuto. Avvistando le coste di Gaza la gioia sarà immensa e inattesa, te lo dice uno che se ne è cibato, qualcosa credo molto simile alla paternità, l'emozione di aver figliato la Libertà, nel vostro caso, pure la Speranza. (...) un abbraccio grande come il mediterraneo (...)".
Sì, siamo di nuovo nella città di Zenone e prestissimo (domani pomeriggio) c'imbarcheremo per raggiungere un milione e mezzo di abitanti del più grande carcere a cielo aperto, rompendo per la seconda volta l'odioso assedio. Come qualche settimana fa, anche oggi gli organizzatori ci hanno spiegato i vari scenari possibili. Ognuno di noi ha fatto anche... testamento... Che partiamo ormai è sicuro - questa volta ogni problema legale, tecnico e burocratico è stato risolto -, ma cosa succederà durante la navigazione si può solo supporre. Come si comporterà l'entità sionista? Ci lasceranno di nuovo passare?... Ci spareranno addosso (negli ultimi due anni hanno ammazzato 14 pescatori palestinesi)?... Ci circonderanno impedendoci di proseguire?... Pretenderanno di salire sulla nave per qualche "controllo", dichiarandoci poi in arresto?... Da parte nostra, possono starne certi, non avverrà alcun tipo di collaborazione nei confronti dell'autorità occupante, che nessuno di noi riconosce. E saremo tutti per uno e uno per tutti. Nel caso resisteremo in modo pacifico, lasciando a loro, così esperti in materia, la pratica della violenza. Ma sotto gli occhi del mondo intero.
Traduco a braccio i quattro punti che definiscono ufficialmente la missione di Free Gaza: "1. Aprire Gaza all'accesso internazionale senza restrizioni, id est alla sovranità palestinese. 2. Rendere evidente che Israele continua ad occupare Gaza, nonostante le sue pretese del contrario. 3. Dimostrare la solidarietà internazionale col popolo di Gaza e col resto della Palestina. 4. Dare un esempio concreto del potenziale che racchiudono i metodi di resistenza non violenta."
Quasi tutti i passeggeri dell'ultimo tentativo sono qui, compresi il giornalista e il cameraman di Al Jazeera, e se ne sono aggiunti di nuovi. Tra di essi altri due italiani, Vilma Mazza e Marco Giusti, di Ya Basta, associazione in contatto con Mustapha Barghouti. La nave... è bellissima e (quasi) nuova, molto più forte e veloce delle due precedenti. C'era stata una riunione apposita per decidere come chiamarla. Io avevo proposto tre possibili nomi: Dignità, Speranza, Equità. La scelta del primo significa la dignità dei Palestinesi che non hanno piegato la schiena, e insieme quella di chi, nel resto del mondo, si è stancato di assistere in silenzio al loro martirio. Bisogna riuscire a fare qualcosa di concreto ed efficace uscendo dagli schemi usuali... con creatività, con fantasia.
Free Gaza, un manipolo internazionale di uomini e donne di buona volontà, fuori dai partiti e dai gruppuscoli, rappresenta anche il secondo nome: la speranza attiva.

Joe Fallisi
Larnaca, lunedì 27 ottobre 2008


HOPE

E' così. Non mi sembra vero eppure sono proprio a Gaza. Un sogno della mia vita si è avverato. Lo dedico, oltre le barriere del tempo, all'amico e compagno Marco Melotti (cfr. http://it.groups.yahoo.com/ group/libertari/message/54046). Quando, verso le 6 e mezza di mattina, giunti al confine delle acque "internazionali" - a 20 miglia dal suolo palestinese -, abbiamo visto profilarsi due vedette israeliane che sembravano venire verso di noi, una da destra e una da sinistra, l'intrepida Huwaida era già pronta col megafono e tutti noi in attesa (ieri il Ministero della Marina di Tel Aviv aveva rilasciato una dichiarazione secondo la quale ci avrebbero fermati e arrestati). Intanto Dignity correva veloce verso la sua meta. Poi non si è capito bene... andavano avanti e indietro, giravano in su e in giù... alla fine sono scomparse nel nulla. Vista dall'alto la scena doveva avere l'aspetto di una danza sui generis. Si erano formati, più ci inoltravamo, due cerchi attorno a noi: uno esterno, dei sionisti, e da quel punto sino a riva, uno interno delle navicelle palestinesi.
Così abbiamo attraccato al povero porto di Gaza col nostro corteo di pescatori e ragazzini in festa, Vittorio Arrigoni, radioso, issato sull'albero della barca più vicina. Ecco l'elenco dei nuovi venuti:

Denis Healey, Captain, UK George Klontzas, First Mate, Greece Nikoals Bolos, Crew, Ireland Derek Graham, Crew, Ireland Ali Al Jabar, Al Jazeera, Qatar Ghazi Abourashad, Holland Dr. Mohammed Alshubashi, Germany Huwaida Arraf, attorney, US Dr. Mustafa Barghouti, Palestine Audrey Bomse attorney, US Renee Bowyer, Australia Caoimhe Butterly, Ireland Rod Cox, UK Joe Fallisi, Italy Marco Giusti, Italy Dr. Ibrahim Hamami, UK Ramzi Kysia, US Alan Lonergan, Ireland Mairead Maguire, Ireland Lubna Masarwa, Israel Vilma Mazza, Italy Theresa McDermott, UK Amir Siddiq, Al Jazeera, Sudan Gideon Spiro, Israel Dr. Jock McDougall, UK

I baci, gli abbracci, la gioia, la commozione sui volti di chi ci aspettava e di noi stessi, ancora increduli, è stata la miglior cura dopo le prove del viaggio. Ma subito... eccoci nella Gaza vera, che può permettersi pochi sorrisi. Oggi la nostra nave ha portato molti più medicinali della volta scorsa e, giustamente, la prima visita è all'Ospedale Shifa. il più grande, non solo qui, ma di tutta la Palestina.
Husein Ashour, medico che si è laureato in Germania, lo dirige con la massima competenza e abnegazione. Giriamo insieme con lui e i suoi collaboratori per i vari reparti ed è come se visitassimo l'anticamera della morte. Molti dei malati, vecchi e giovani, cui stringo le mani, se tornassi nei prossimi giorni, non li troverei più. Il motivo è uno solo: l'assedio e il blocco attuato dall'entità come punizione collettiva contro la società civile palestinese. Ci sono dottori bravissimi e persino apparecchiature di prim'ordine (per esempio un centro diagnostico-terapeutico anti- cancro che non ha uguali, mi dicono, in tutto il Medio Oriente), ma l'impossibilità di rifornirsi tanto delle medicine, quanto dei pezzi di ricambio e di tutto ciò che consente l'uso normale e adeguato dei macchinari rende questi ultimi inutilizzabili e, ogni giorno che passa, meno verosimili, quasi spettrali. Vengono visitati a loro volta, di quando in quando, e sembrano anch'essi malati senza speranza. In qualunque istante può mancare la corrente elettrica e non è detto che il generatore abbia il carburante necessario. Così, anche i sistemi per la dialisi che ancora funzionano possono da un momento all'altro fermarsi, causando guasti irreparabili ai pazienti. Ed è quel che succede spesso, sempre più spesso. Quanto a lasciar uscire i malati dalla prigione per andare a curarsi altrove, come si sa, lo sbirro con stella di Davide lo proibisce tassativamente. Ormai sono quasi 260 i morti a causa di questi divieti assassini e il numero, così continuando le cose, aumenterà in modo tragico.
Ci ha accolto, dando a ognuno di noi una kefiah e una medaglia, Ismail Hanyeh, uomo dignitoso, sicuramente non corrotto e amante del suo popolo, definendoci eroi. Ma gli eroi sono loro, i Palestinesi che resistono in tutti i sensi e che tengono la schiena diritta nelle più tremende avversità. Noi abbiamo solo riaperto una piccola strada alla speranza.

Joe Fallisi
Gaza, mercoledì 29 ottobre 2008


EQUITY

Ho cantato nel Teatro di Gaza!... meglio di qualunque altra sala da concerto del mondo!... Come se un secondo sogno, dentro uno più grande, si fosse realizzato... Era la prima volta che la voce lirica volava qui per l'aria e l'accoglienza è stata grandiosa, commovente... In valigia avevo messo lo smoking, il farfallino, le scarpe lucide, perché gli abitanti della Striscia martoriata meritano il meglio, in tutto e per tutto. Chissà, magari anche questo concerto ha contribuito a rompere l'assedio... Il cui scopo non è solo di togliere cibo, medicinali, mezzi materiali per sopravvivere, ma anche, e forse soprattutto, di rovinare l'anima, ogni possibile piacere.
Nel pomeriggio eravamo andati a visitare Khan Younis. Ci accompagnava un vecchio signore, in rappresentanza della comunità locale. A un certo punto gli è sfuggita una lacrima, che ha subito allontanato, quasi fosse una vergogna mostrarla in pubblico. Ecco, per esempio, cosa significa il blocco che i palestinesi subiscono dai sionisti: una settimana fa c'è stato un vero diluvio e l'acqua ha tracimato distruggendo la strada principale di un intero quartiere, riversandosi nelle case, allagandole, devastandole. E' esattamente come nel caso dell'ospedale di Gaza. Il soccorso e la solidarietà pubblica sono stati da subito presenti, la gente, così "in alto", come "in basso", non chiede altro che di poter aiutare a ricostruire. Ma manca tutto quello che occorrerebbe (in primis il cemento) per ridare la viabilità e un'abitazione degna alle famiglie, i cui bambini, in particolare, ora sono a grave rischio per via dell'inquinamento dell'acqua stessa. E non si vede via di uscita. In effetti basterebbe che gli egiziani si risvegliassero dalla loro ignavia - anche solo ricordandosi dei tempi di Nasser, mica delle piramidi e dei faraoni - perché tutto ciò avesse termine. Proprio a Rafah si compendia l'iniquità che vige in tutto il Medio Oriente. Le guardie di frontiera in Egitto permettono a volte la costruzione dei tunnel (ce ne sono ormai tanti, sempre comunque capaci di rifornimenti molto limitati, ma meglio che nulla), speculando mafiosamente su ognuno di essi e su ogni passaggio delle merci. E, quando l'entità sionista e gli invasori dell'Iraq (USraele) lo richiedono, per compiacerli, fanno saltare i passaggi sotterranei o persino li avvelenano... spesso anche li gasano appositamente... così che ormai sono decine e decine i palestinesi morti già sotto terra.
Arabi fanno questo ad altri arabi, mentre gli occupanti, i pulitori etnici, i razzisti per antonomasia stanno a guardare col sorriso del boia. Non può continuare così e un giorno, forse più presto di quanto si possa prevedere, finirà. Finiranno anche le divisioni all'interno del campo palestinese. La sera prima avevamo avuto l'onore di essere invitati a un incontro storico, che non avveniva da quasi due anni. Riunite in assemblea tutte le fazioni hanno preso la parola, auspicando la fine delle ostilità interpalestinesi (il governo ha anche annunciato la liberazione unilaterale dei prigionieri politici rinchiusi nelle sue carceri). Ma l'unità non potrà che nascere dal basso, dal popolo e per il popolo. E saranno accettati solo i politici integri, che non hanno tradito, che non si sono venduti.
Questa e solo questa è stata la chiave del successo di Hamas e della catastrofe di Fatah. Abu Mazen, la cui immagine, come Presidente palestinese, ancora campeggia negli edifici pubblici di Gaza rimasti fedeli al risultato delle ultime elezioni, deve sloggiare e con lui tutta la sua corte corrotta al servizio del nemico. Hanno già assicurati i loro conti in banca nei paradisi fiscali. Vadano all'inferno.

Joe Fallisi
Gaza, venerdì 31 ottobre 2008


VERRA'

Ieri sera l'amico Vittorio, un gigante, in tutti i sensi, non è riuscito a venire al concerto. Ah... l'avrei riconosciuto subito tra il pubblico!... e lo aspettavo... ma i militi di Sion non erano d'accordo. Accompagna i pescatori quasi ogni giorno, fin dall'inizio. E il suo aiuto e quello degli altri attivisti di Free Gaza (ieri erano in dieci) è fondamentale.
Io sono contro lo sfruttamento e l'uccisione degli animali, non potrei seguirli. Tuttavia capisco e condivido il senso della loro solidarietà: è la lotta contro il sopruso. L'hanno detto chiaramente gli sbirri... quando gli "internazionali" se ne andranno, ve la faremo pagare!... Già, perché per 'sti infami chi cerca di procurarsi un po' di cibo è un terrorista... e chi gli dà una mano un supporter di Hamas.
Non c'è al mondo situazione più palesemente iniqua di quella che vede vittime i palestinesi. Tutto è concesso ai tiranni con kippà dai poteri asserviti dell'occidente... qualunque crimine, qualunque azione, anche la più illegale. Silenzio comprensivo e devoto, cancellazione o manipolazione delle notizie, vigliaccheria chimerica... Impera ormai un vero e proprio Big Brother mediatico, cui resistono solo pattuglie sparse di refrattari. Così, anche ieri è successo quello che avviene normalmente - e di cui esiste la testimonianza anche in video. Senza morti, da quando è arrivata Free Gaza. Nessuna "Rai" o "Mediaset" interromperà il flusso di menzogne per parlarne. Secondo la "legge" sarebbe consentita la navigazione entro 12 miglia nautiche. Com'è ovvio, questo vale per tutti eccetto i palestinesi. Persino a 6, 4 miglia dalle coste di Gaza, quasi fin dentro il porto, i razzisti israeliani pretendono che le acque siano "loro". Arrivano in pattuglia e sparano coi mitra e col cannone ad acqua (sporca). E questo contro civili disarmati.
Ma VERRA' LA LIBERTA' anche per gli abitanti oggi sotto occupazione, le loro sofferenze non possono essere state invano. Qualcosa di potente e di concreto si muove, fuori dalla vecchia politica decrepita: una volontà fattiva di verità, di giustizia.
La seconda missione ha avuto successo, come la prima, e appena torneremo a Larnaca Dignity si rimetterà subito in moto per la terza... e poi ce ne sarà una quarta, una quinta...
Stamani sono andato, insieme coi due giornalisti di Al Jazeera, Amir Siddiq e Ali Al Jabar, a portare i regali di Saed per la sua famiglia. Abitano a Beth Hannoun. Lì si è compiuta la sua tragedia e quella di tanti altri ragazzini palestinesi, straziati dalle bombe degli invasori. C'erano tutti ad aspettarci: il vecchio nonno, undici bimbi, la madre e il fratello di quest'ultima, che ha lasciato casa sua per venire ad aiutare. Khaled, il padre, mi aveva detto che sua moglie era la donna perfetta per lui, un regalo meraviglioso di Allah. Quando, prima di uscire, gliel'ho confidato con l'aiuto di Amir, la luce del suo bel viso ha inondato la stanza.

Joe Fallisi
Gaza, sabato 1 novembre 2008


TORNEREMO

Sì, stiamo tornando a Larnaca, ma torneremo anche a Gaza. Appena arrivati, Dignity andrà a riposare a Limassol per qualche giorno, poi sarà di nuovo pronta, il 7 novembre, a riprendere il suo viaggio con altri passeggeri verso le coste palestinesi. E' cominciato un movimento libertario, nato dalla società civile, che nessuno fermerà e che saprà manifestarsi anche in modi imprevedibili. Si tenteranno tutte le vie, non solo quella marina... l'assedio verrà a sua volta assediato e infine distrutto.
Confermo quel che ho detto sin dall'inizio di queste corrispondenze: i fondatori di Free Gaza sono gente seria, non chiacchieroni autoreferenziali. Hanno in mente un progetto limpido ed energie e intelligenze altrettanto pulite per attuarlo, non si tratta di un fuoco di paglia. Come da noi - come dappertutto: se i cittadini non si auto-organizzano, fuori e contro i partiti della Casta onnivora, non c'è la possibilità che cambi niente in meglio, né, tanto meno, che il peggio venga scongiurato. L'altra volta il viaggio di ritorno aveva consentito il ricongiungimento di una famiglia palestinese a Cipro e che Saed potesse curarsi. Oggi è con noi uno studente cui l'entità sionista proibisce (come a tanti altri) di uscire e di andare a studiare in un'università europea. Cosa che invece farà, com'è suo diritto.
Ora nella Striscia, compreso Vittorio che ha deciso di rimanere qualche altro mese ad aiutare i pescatori, ci sono nove attivisti di Free Gaza. Tre sbarcati da Dignity: "Queeva", Theresa (due angeli extraterrestri) e Ramzi, dalla penna corposa. All'orizzonte vediamo navi israeliane... scompariranno come nel viaggio di andata. Del resto, quel che dovevamo fare l'abbiamo fatto. Siamo in acque palestinesi, poi arriveranno quelle internazionali, infine le coste cipriote.
Prima che ci imbarcassimo per il viaggio di ritorno è venuto a salutarci Ismail Haniyeh. Ci ha accompagnato sino a fuori del porto, sventolando la bandiera della Palestina. Ricorderò sempre il suo sorriso radioso. Se Hamas ha stravinto alle elezioni è perché ha saputo esprimere un premier come lui, che vive ancora e sempre nel campo dei rifugiati, col suo popolo. E che anche i suoi nemici sanno benissimo essere onesto e incorruttibile. Per questo lo odiano, impotenti. Creperanno nei loro soldi sporchi di sangue.

Joe Fallisi
Gaza-Larnaca, domenica 2 novembre 2008


"FEEL FREE"

L'altra notte non abbiamo mai dormito io, Greta, Mary e Osama. Eravamo qui in albergo in attesa della prossima telefonata da Dignity, ripartita di sera, con la Luna sempre crescente, per il suo secondo viaggio, ovvero per la terza missione di Free Gaza. Portava il suo carico di nuovi passeggeri. Eccoli:

Hass, Amira (Israel) Ahmed, Nazir (Lord) (Pakistan/UK) Andrews, Christopher (Ireland) Bartlett, Eva (Canada) Bolos, Nikolas (Greece, Palestine) Healey, Denis (UK) al-Haj, Sami (Sudan) Graham, Derek (Ireland, Palestine) McNeill, Pauline (Scotland) Morena, Fernando (Spain) Nacer, Mohamed (UK) O'Donnell, Hugh (Scotland, UK) ÓSnodaigh, Aengus (Ireland) Rossi, Fernando (Italy) Arraf, Huwaida (US, Palestine) Sharp, Rob (UK) Schermerhorn, David (USA, Palestine)) Shoukri, Dr. Arafat (Palestine, UK) Short, Clare (UK) Thomas, Rhodri Glyn (Wales, UK) Tonge, Dr. Jennifer Louise (Baroness) (UK) White, Sandra (Scotland, UK) Zisyadis, Josef (Switzerland)

Fra di essi 11 parlamentari europei non conformisti - di cui uno, Fernando Rossi, a suo tempo rifiutatosi di votare i crediti di guerra, ha concluso quest'anno la sua attività di senatore ancora prima di maturare la relativa pensione... cosa che ai suoi (ex) colleghi della Casta dev'essere sembrata incredibile, mostruosa...
Tutto procedeva bene, il mare era quasi liscio. All'alba, al confine delle acque internazionali, come già era successo a noi, ecco arrivare dall'orizzonte velocissime due navi dell'entità, questa volta quasi ai fianchi della nostra. Si mettono in contatto radio, chiedendo la lista dei viaggiatori. L'impareggiabile Huwaida Harraf risponde loro di consultare www.freegaza.org... troveranno tutti i nomi e cognomi. Aggiunge con la sua vocina gentile: "Feel free to make a donation", "Sentitevi liberi di fare una donazione"...
Un suono neandertaliano, a metà fra il vomito e la risata, erompe dall'altra parte... poi... come d'incanto, Dignity si ritrova sola nel suo cammino e va incontro alle barche in festa che stanno venendo ad accoglierla. Sì, Free Gaza è di nuovo nella Striscia. Questa volta ha portato tre apparecchiature scanner per l'esame della spina dorsale, di cui hanno urgente bisogno all'ospedale Shifa. Tornerà a Larnaca l'11 novembre. Già stanno chiamando da tutto il mondo per partecipare ai prossimi viaggi... Se il primo è stato il più pazzo e il secondo quello, forse, più pericoloso, il terzo è la conferma che stabilisce a tutti gli effetti un precedente impossibile da ignorare in futuro.
Per gennaio è programmata una nave di... musicisti!... che felicità riabbracciare i miei amici palestinesi!... E Vik, capitano coraggioso, il cui impegno quotidiano nella difesa dei pescatori diventa sempre più duro...
Oggi le navicelle hanno subito di nuovo un attacco criminale. E' ormai certo: i sionisti coi loro cannoni ultrapotenti non sparano solo acqua mista alle deiezioni, ma anche schifezze chimiche, al punto che i militi indossano ormai, durante queste belle imprese, apposite tute e maschere. Gli amici hanno raccolto dei campioni di 'sto liquido e verrà fatto analizzare. Ce lo raccontava in diretta da una delle due barche dei pescatori, con mille interruzioni dovute alla situazione precaria, David Schermerhorn.
Ecco il nuovo che esiste negli Stati Uniti, altroché Barack Obama (già ormai completamente nelle spire della Lobby, senza l'approvazione della quale, del resto, MAI sarebbe arrivato alla presidenza - né potrà mantenerla)!... E' un anziano signore, quasi ottantenne, che dimostra vent'anni di meno. Abita con la numerosa famiglia in un'isoletta dello Stato di Washington e ha deciso di dedicare la sua vecchiaia a una causa giusta. Siccome conosce bene il mare, sin dall'inizio dell'avventura di Free Gaza offre da volontario la sua collaborazione. Non ha mancato nessuno dei tre viaggi. E il terzo non sarà di certo l'ultimo. Ti saluto, grande David... che gli dei del Mediterraneo ti siano propizi.

Joe Fallisi
Larnaca, domenica 9 novembre 2008

lunedì 15 dicembre 2008

Liceo Carcere Michelangelo



A Firenze operano tranquillamente svariati e collaudati laboratori per la fabbricazione di conformisti travestiti da "scuole prestigiose e selettive". Chi scrive ne ha fatta esperienza personale scoprendo poi che in vent'anni nulla è cambiato rispetto ai tempi in cui tra gli insegnanti allignava gente che non faceva alcun mistero delle proprie simpatie franchiste.
Nel dicembre 2008 due studentesse vengono sospese per una settimana, due mesi dopo gli eventi di cui erano accusate. E' probabile che così facendo si sia voluto dar loro un pedagogico saggio della lentezza, oltre che della sostanziale idiozia, che caratterizzano la "giustizia" nello stato che occupa la penisola italiana. In solidarietà alle protagoniste della vicenda si è provveduto a postare su
Indymedia lo scritto che segue.


Sgomberatelo sul serio

Il Miche andrebbe sgomberato sul serio. E definitivamente. Sgomberato da allievi, insegnanti, bidelli, toponi dei cortili, banchi, seggiole, armadi, sputacchiere, pitali, coperte di casermaggio, tascapani, ferri da stiro, cornamuse e lapis copiativi. Ma ripulito proprio, e sparso sale grosso nei corridoi. Anche l'intervento di un esorcista di buona competenza non stonerebbe per nulla.
L'ho frequentato tra gli anni Ottanta e i Novanta, in un perioduccio in cui la borghesia cittadina affidava a quel tetro e questurale portone orde di fanciulle in fiore maglioncino & filodiperle che adesso, svanite le spemi di stupende e raccomandate carriere nel ramo di chi decide chi deve stare in galera e chi no perché la vicina facoltà di legge sfornava ogni anno centinaia di cloni con le medesime ambizioncelle, inchiattiscono in santa pace dietro al mutuo da pagare. Ma questo è soltanto un aspetto che si apprezza a danno fatto.
Il primo impatto con quell'incubatoio di pazienti psichiatrici lascia a tutt'oggi agghiacciati. Lapidi ai caduti, patrii destini ed altra mercanzia da nazionalisti d'accatto "abbelliscono" ancora i corridoi, perché il Michelangelo si intende anche di esser fiero di esser stato corresponsabile di un sistema educativo che ha insegnato ai sedicenni del 1915 come e qualmente fosse eroico e virile farsi strappar via le budella dalle mitragliatrici austriache e crepare dissanguati sulle pietraie del Carso. Il capoccia dei miei tempi era un sulfureo individuo dall'aspetto vagamente andreottiano, tale Nunzio Marchese, che passava ere geologiche intere ben rintanato in presidenza, nell'unica ala dell'edificio dove d'inverno non si crepasse di freddo. Anche in presidenza una bella serie di labari, bandiere e altra roba, come in un comando dei bersaglieri a Ghadames. Dopo una ventina d'anni di quest'andazzo qualcuno si rese conto della cosa e scrisse a spray, accanto al su ricordato portone, che secondo lui Nunzio, bello chiuso tutto solo in presidenza, passava le giornate a spappolarsi dalle seghe. I sottoposti del Marchese, il cosiddetto "corpo docente", reagirono alla scritta come potrebbe reagire un canonico del Duomo scoprendo una cacata sull'altar maggiore. L'attività autoerotica, comunque, non impediva a questo evanescente principe della cultura di darsi ogni tanto da fare, come quella volta che sospese un tizio colpevole di avergli rivolto la parola tenendo le mani in tasca. Purtoppo erano gli anni Ottanta, c'era in corso la deafferentazione di un intero corpo sociale, e Nunzio se la cavò con qualche maledizione. Si fosse azzardato a fare una cosa del genere qualche anno prima gli sarebbe toccato assai di peggio; un tale che conosco, alto un par di metri e grosso in proporzione, non si peritò di pigliarlo per il colletto e appiccicarlo al muro coi piedini che battevan l'aria a trentasei centimetri dal suolo, la volta che Nunzio allungò una grinfia e gli interruppe una conversazione telefonica dall'apparecchio a gettoni del corridoio.
Senza interregno, l'era Marchese lasciò il posto all'era Bonatti, segnata ed ispirata ai medesimi principi. I marziani, praticamente. Con l'aggravante dell'invecchiamento sempre più evidente della panoplia umbertina su descritta, che comprendeva anche un laboratorio di scienze pieno di bestie impagliate, un'aula magna inagibile, un'ala intera dello stabile a rischio di crollo dai tempi del povero Agostino Depretis tenuta in piedi a furia di tubi Innocenti. Esisteva anche una biblioteca, ermeticamente serrata e -pare- perfino priva di catalogo. Tra le genialate dell'ultimo Bonatti, che ebbi modo di apprezzare (per modo di dire) dopo che da oltre dieci anni avevo abbandonato quella fabbrica di scarogna, l'intronamento nel "cortile della magnolia" come lo chiamava lui, o nel "cortile dei topi di fogna da concorso internazionale" come lo chiamavano gli altri, del busto di bronzo dell'unico aviatore fascista che sia stato capace di farsi abbattere dall'antiaerea abissina. La misura fu colma anche per fegato e stomaco degli allievi del Miche, abituati ad ingollare di tutto. Mi dicono che durante un'occupazione di inizio millennio il busto fu levato di mezzo e fatto sparire. Così come fu fatta prendere un po' d'aria anche al cervo impagliato esposto in presidenza, levato di lì e portato in piazza d'Azeglio con tanto di proclama ecologista. Sì, perché le scuole superiori fiorentine, nel XXI secolo, sono frequentate da cervi impagliati.
Purtroppo ci siete dentro; e sono cinque anni filati di scuola. Fossero stati di galera avreste almeno potuto sperare nella Gozzini! L'unica cosa è che per fortuna adesso si è diffusa internet, sicché non si deve più dannarsi a giornate intere dietro a un periodo di Isocrate in cui non si capisce uno stracazzo di niente, o pietire la benevolenza del secchione della classe per avere qualche dritta su cosa diavolo c'era da mangiare alla coena trimalchionis.


sabato 13 dicembre 2008

Barack. Hussein.




Una nota d’agenzia riporta che Barack Hussein Obama Ikkinchi intende giurare come “Barack Hussein” al momento di insediarsi come presidente.
Il nome di Hussein, o di Husayn secondo la trascrizione qui adoperata, è stato utilizzato dai denigratori di Barack Hussein Obama Ikkinchi per additarlo come “criptomusulmano”, in una campagna elettorale della quale ci siamo completamente disinteressati ma che deve aver prodotto autentiche meraviglie di incultura, in una AmeriKKKa i cui obesi abitanti spesso non sanno neppure dove siano i paesi che il loro governo manda ad aggredire.
Riportiamo qui la sintesi di Riccardo Cristiano di uno scritto di ‘Ali Shari’ati sull’Imam Husayn, intitolato “Il martirio: alzarsi e farsi testimoni”. Nonostante le asserzioni di Shari’ati prestino il fianco a critiche di ogni tipo, il brano è utile per intuire qualcosa sul ruolo fondamentale che la figura di Husayn ha nell’Islam sciita. In una società in cui l’uso di imporre nomi tratti da degenerati serial televisivi o da personaggi mediatici dalla condotta irriferibile non incontra alcun serio moto di disgusto, permette anche di trarre qualche conclusione su quali siano davvero i nomi su cui un individuo che volesse condurre una vita pubblica farebbe sicuramente bene a sorvolare.


L’importanza di Husayn sta nell’essere l’erede della fedeltà ai valori islamici nel momento nel quale la sconfitta è totale, gli Omayyadi hanno vinto su tutta la linea, Maometto è scomparso da circa sessant’anni e già si forma la seconda generazione musulmana, quella che non ha sentito l’Islam predicato dal Profeta o dai suoi compagni, quella che non e stata testimone del loro fervore e di cosa si intendesse quindi per Islam. Ecco che agli occhi di questa nuova generazione l’Islam è divenuto quello plasmato dai dotti della legge, dal cancro dell’autorità religiosa. Questa autorità insegna semplicemente a “lasciare ogni cosa a Dio”, facendosi quindi strumento della diffusione di un’attitudine fatalista ma soprattutto di legittimazione di qualsiasi abuso di governo. Sono passati appena sessanta anni, ma l’eredità rivoluzionaria è già stata dissipata e divorata. Cosa può fare, Husayn, il nipote di Maometto, il figlio di ‘Ali e di Fatima? Può chiudersi nell’ascetismo? O forse considerare che il suo albero genealogico gli assicura il paradiso e mettersi quindi l’anima in pace? No, deve semplicemente incarnare il significato profondo della rivoluzione umanista che è alla base dell’islam e del monoteismo: alzarsi e farsi testimone. Questo è il suo compito, questo è quanto sceglie di fare...
Alcuni sostengono che Husayn partì per Kufa con l’intenzione di promuovere una ribellione. Io non credo che le cose siano andate così. Husayn lasciò Medina e raggiunse La Mecca. Prima di partire fu raggiunto da un messaggio dei rivali degli Omayyadi. Nella città di Kufa [Iraq] sono rimasti preponderanti e organizzati i devoti di ‘Ali: questi lo invitano a raggiungerli, a unirsi a loro. Da Kufa potrebbero muovere alla volta della penisola arabica, trovare nuove alleanze, capovolgere la situazione, sconfiggere gli Omayyadi. Husayn prima di partire si limita a dire: “vado a la Mecca per invitare la gente a fare il bene e proibire il male”. Così parte per La Mecca e va a pregare alla Kab’a. Qui davanti a tutti annuncia di essere stato invitato a Kufa dai fedeli a suo padre ‘Ali e che l’indomani partirà per raggiungerli. Ma non dice “parto per raggiungere i miei fedeli”, o “parto per avviare la mia azione”. Dice: “domani ho deciso di andare incontro alla morte. La morte per i figli di Adamo è fascinosa come una collana intorno al collo di una ragazza giovane e bella”. Un uomo che pensa di combattere non annuncia di andare incontro alla morte. E se vuole combattere non si muove in pieno giorno, senza armi, con una carovana fatti di soli parenti, di figli, di donne. Non dice quello che ha detto in modo che tutti sappiano. Un leader che decide di avviare la rivoluzione contro i governanti non percorre 600 chilometri per arrivare da Medina a la Mecca, dove si trovano tutti gli uomini del potere costituito, con una carovana priva di qualsiasi protezione. E una volta giunto a La Mecca non dice in pubblico “Vado a Kufa, verso la morte. Comincio a muovermi”. Un leader che vuole pilotare la rivolta non si alza davanti ai governanti chiedendo loro di rilasciargli il passaporto per raggiungere i suoi e guidare la rivoluzione. E infatti quando parte lo fa in modo che tutti lo vedano, che tutti sappiano. Husayn non parte di notte, non sceglie strade secondarie, non cerca rifugi. Parte in pieno giorno, esce dalla città seguendo la strada principale. L’imam Husayn non si è arreso né ha posto da parte la politica e la ribellione in nome dell’intelletto, della scienza, della teologia e della moralità. Dunque cosa ha deciso di fare? Ha compreso che i pionieri dell’Islam sono stati uccisi, o messi a tacere, o costretti a vendersi. Le penne sono state rotte. Le lingue tagliate. Le labbra cucite. I pilastri della verità abbattuti e crollati sulle teste dei fedeli. Ha capito che se rimanesse in silenzio l’Islam verrebbe trasformato nella religione dei governanti, in una forza economico-militare e nient’altro: un regime come tanti altri regimi. Un regime basato sulla forza che quando perderà la forza militare sulla quale si basa scomparirà, come altri regimi. Eccolo preso nella morsa. Non può tacere perché il tempo sta passando e il messaggio dell’Islam sta crollando, abolito dalle coscienze e dagli animi della gente. Contemporaneamente non può combattere perché è circondato da regimi oppressivi. E’ solo. E’ un uomo solo, responsabile del futuro di una scuola di pensiero. L’uomo solo è responsabile di opporsi al potere determinante del destino perché la responsabilità deriva dalla consapevolezza e dalla ferie, non dal potere e dalla possibilità. Chi è più consapevole è più responsabile. E qual è la sua responsabilità? Quella di combattere l’eliminazione della verità, dei diritti dei popoli, dell’annichilimento dei valori. Vogliono di nuovo mettere l’uomo in catene, venerare il piacere, la discriminazione, l’accumulo di ricchezze. La responsabilità di resistere a questo tradimento della rivoluzione c’è, ma sta tutte sulle spalle di un uomo solo! Non può tacere né strillare. Non può tacere perché la responsabilità attende l’azione di un uomo solo, non può strillare perché la sua voce verrà soffocata dalle guerre selvagge dei Califfi condotte nel nome del Corano e dell’Islam. Cosa può fare? il fatalista dice “nulla”. Il leader religioso dice che “i Califfi sono compagni del profeta, Dio è il giudice finale, noi non siamo abilitati a porre questioni”. Il fondamentalista dice che “bisogna andare avanti con lo stretto rispetto di tutti i rituali religiosi, di tutti i precetti,” delle complicatissime regole della preghiera. Le personalità religiose asservite al regime osservano che “il sistema islamico di ‘Ali era irrealistico. Aveva preteso di annullare la differenziazione salariale, dando tre dinari al grande ufficiale Othman ibn Hanif come allo schiavo! Non vogliamo dire che ha fallito perché aveva torto, ma che ha fallito perché seguiva un’idea irrealistica”. Ecco che in questi tempi oscuri l’aristocrazia ignorante viene rivitalizzata. Dai minareti si chiama alla profanità. Cesare calza il turbante del Profeta di Dio. Il boia prende la spada del jihad. Il jihad diviene un mezzo per compiere massacri; la preghiera un mezzo per imbrogliare. Le tradizioni del Profeta sono divenute i pilastri del comando. Il Corano è divenuto uno strumento di ignoranza, i detti del Profeta inventati! L’islam si è trasformato nella catena che obbliga alla resa… La religione e il mondo stanno correndo verso la profanità e l’oppressione. Le gole vengono tagliate! La nuova ignoranza è più selvaggia della precedente. Le nazioni sono ridotte in schiavitù come prima. La libertà è incatenata. Il pensiero imprigionato, Le volpi stanno al caldo, i lupi vengono ben nutriti, le lingue o si vendono o vengono zittite con la forza o tagliate con la lama. Husayn, l’erede di Adamo che aveva insegnato come vivere, ci insegna come morire. E’ disarmato, senza potere, solo. Essere Husayn lo obbliga al jihad contro tutto ciò che è corrotto e crudele, lui che non ha armi e non ha strumenti: è venuto con tutta la sua esistenza e la sua famiglia a portare testimonianza del suo essere responsabile della verità quando questa è senza armi e senza difesa. Abilità o inabilità, forza o debolezza, solitudine o folla, tutto ciò determina soltanto il modo con cui ci si accosta alla propria responsabilità. Lui deve combattere. Ma non ha armi. Ciò nonostante è suo dovere combattere. Husayn risponde al comando e lui è il solo a dire “Sì”. Esce dalla casa di Fatima: il successore di Adamo, di Abramo, di Maometto, è un uomo solo. Ma no! C’è una donna con lui, gli cammina affianco. Porta metà del mandato di suo fratello sulle spalle. Il grande maestro del martirio si è alzato per insegnare la verità a coloro che ritengono che jihad sia solo capacità di vincere e conquistare...
Il martirio è una scelta, è il proprio sacrificio sulla soglia della libertà e dell’amore, ed è vittorioso. Il martirio è una scelta consapevole. Se non si può vincere il nemico si può infondere nuova linfa vitale nelle vene di chi ha accettato di vivere in silenzio. Lui è un uomo solo, senza poteri e senza armi. Ma è pur sempre responsabile per il jihad. Pian piano ci svela il suo piano: parte, tiene con sé un gruppo selezionato di compagni e la sua famiglia. È tutto ciò che possiede in questo mondo e li conduce all’altare del martirio. Il destino della fede, il destino della libertà dell’uomo che è finito in condizioni peggiori di quelle dell’ “Era dell’ignoranza” attende questa azione.
Avrete sentito dire che in occasione della battaglia di Ashura, nel decimo giorno del mese di Moharram, l’Imam Husayn prende il sangue che zampilla dalla gola di suo figlio, Alsghar, lo prende nelle sue mani e lo lancia verso il cielo dicendo, “Guarda! Accetta questo sacrificio da me. Sii mio testimone, mio Dio!” E’ in questo momento che morire per un essere umano vuoi dire garantire vita ad una nazione. Il suo martirio è uno strumento attraverso il quale la fede rimane. È la testimonianza che la tirannia, l’oppressione e il crimine hanno preso il potere, i valori sono distrutti e dimenticati. Il martirio è rendersi testimoni davanti a chi vuole rimanere nascosto nei meandri della storia. “Essere umani” vuol dire restare in piedi sulla soglia del declino e davanti al pericolo di perire per sempre. Husayn ha scelto il martirio perché attraverso il sacrificio della vita rimanga vivo l’Islam. In tutte le epoche e in tutti i secoli, quando i seguaci di una fede e di un’idea hanno potere loro garantiscono il loro onore e la loro vita con il jihad. Ma quando sono deboli e non hanno strumenti per combattere, allora garantiscono la loro vita, fede, il loro onore, il futuro e la storia con il martirio. Il martirio è un invito a tutte le generazioni di tutti i tempi; quando non possono uccidere, muoiano.


mercoledì 3 dicembre 2008

I mustad'afin di Firenze


La
Firenze che non conta, che nessuno invita a cena e con cui nessuno affronta questioni di capitale importanza tipo il pallonismo miliardario ed i suoi stadi, continua a crescere numericamente ed è utilissima come bersaglio dell'odio che i media non si stancano di instillare ogni giorno in un pubblico sempre più povero e fornito di un numero sempre crescente di teste sempre più vuote.
Da
L'altra città, giornale delle periferie, ecco la lettera di una occupante dell'ex ospedale Luzzi, pugno in un occhio alla ricercata estetica paesaggistica ed umana della città-vetrina che si è deciso di cancellare dalla faccia della terra.


Il Luzzi era un ex Ospedale abbandonato, dimenticato da tutti, lasciato marcire in balia dell'incuria. Oggi è la nostra casa, siamo circa 350 persone, famiglie di diverse etnie, che dopo varie disavventure abbiamo deciso di garantirci un tetto. Il mercato degli affitti è inavvicinabile per chi vive con un solo stipendio ed ha dei bambini. Molti lavoriamo a nero, in una società che ci rifiuta ma pronta a sfruttarci come manodopera a basso costo. Da due anni abbiamo trovato una sorta di stabilità, ristrutturato gli spazi ed adibito ad abitazioni, alcuni di noi vivevano nei campi, altri in appartamenti sovraffollati. Ora abbiamo uno spazio vitale, un posto da identificare come casa e delle speranze da coltivare per i nostri figli che finalmente vanno a scuola. Il Luzzi è la nostra casa nell'attesa di tempi migliori in cui anche i poveri potranno averne una vera, convenzionale. La scelta di occupare è dettata da una mancanza di alternative possibili, il
nostro appello è quello di comprendere le problematiche di una vita di stenti, che ci ha costretti a diventare abusivi, con la speranza che i diritti costituzionali, con cui molti si riempiono la bocca, non siano solo utopie per i deboli. Fra pochi giorni, il 30 Novembre il sindaco di Sesto Fiorentino, il comune a cui lo stabile appartiene, ha deciso di stroncare l'occupazione e la vita delle persone che ci abitano. Alle soglie di Natale, con il gelo che si fa sentire, senza proporre delle soluzioni l'unica certezza è che ci mandano via. Ci sono stati molti incontri con le istituzioni in passato, ora che lo sgombero è prossimo nessuno ci fa sapere nulla in merito. Non siamo delinquenti o un gruppo di violenti pronti a fronteggiare le forze dell'ordine ma donne e bambini, alcuni ammalati,
senza più la forza di lottare per legittimare il nostro diritto ad esserci..
Immaginate una madre con figli piccoli, che non riesce a trovare lavoro, senza il supporto per l'asilo nido, che da due mesi, ogni notte arriva a letto e nonostante la stanchezza, non riesce a chiudere occhio. La mattina sorride ai figli come se niente fosse, per non fargli capire che presto
saranno di nuovo per strada al freddo. Babbo Natale non arriverà neanche questa volta a bussare alla loro porta, che vogliono abbattere per assecondare i capricci di chi non ha problemi vitali. I bambini sono piccoli, non stupidi e già fanno molte domande su ciò che accadrà il 30 Novembre, ma non abbiamo risposte, non dipende da noi, forse non avevamo il diritto di diventare madri perché siamo povere?
Sappiamo amarli i nostri figli e prenderci cura di loro, ma non basta a dargli serenità perché chi è più forte ,da dietro una scrivania, gioca a risiko con le nostre teste. Non ha mai incontrato lo sguardo di uno dei nostri figli per rendersi conto di com'è cambiato dall'arrivo al Luzzi ad oggi.
Le conquiste per i loro futuro dipendono anche da voi sosteneteci, bloccate lo sgombero almeno finché non saremo in grado di avere un altro tetto. Non devono pagare i bambini le disavventure dei genitori e hanno il diritto di crescere senza essere ghettizzati, di studiare per costruirsi una speranza in questa società sempre più selettiva.
Parlate del Luzzi, venite a trovarci a conoscerci o semplicemente mettetevi nei nostri panni e fate sentire alle istituzioni che il popolo ha anche a cuore i problemi di chi sta peggio. Facciamo appello alla solidarietà che spesso è rivolta fuori dai confini del nostro paese ma scarseggia quando le
tematiche sono locali. Non siamo scellerati e irresponsabili solo poveri e vorremmo il sostegno di altre persone comuni che conoscono le difficoltà di arrivare a fine mese. La propaganda del Sindaco Giannassi è quella di mettere poveri contro poveri, per avere appoggio e far sentire la gente privata di qualcosa, ma sestesi chiedetevi se veramente nuociamo alla vostra quotidianità o se per sentito dire dalla bocca di qualcuno che tutela solo i propri interessi.
Piuttosto che scacciarci come bestie, potremmo cooperare per negoziare delle soluzioni ai problemi che la nostra presenza comporta al sindaco, insieme riusciremmo a superarli ne sono certa. Il dialogo e la buona volontà non ci mancano, le alternative si ma non chiediamo alloggi privando altri che ne aspettano uno da anni solo collaborazione per il bene dei minori che vivono
nel Luzzi.
Non posso esprimere ogni singolo pensiero dettato dall'ansia di questo brutto momento e spero di aver comunicato quanto possibile per incuriosirvi sulla nostra vicenda, l'unica cosa che rimane da fare è attendere il fatidico giorno.

*Una madre del Luzzi*