domenica 30 novembre 2008

Murgab, Tagikistan, agosto 2008


Durante gli inverni terrificanti dopo il crollo dell'Unione Sovietica la popolazione del Pamir è letteralmente scampata alla morte per fame grazie agli aiuti umanitari inviati dall'Aga Khan. Adesso le cose vanno appena appena meglio; gli ingranaggi dell'emigrazione che fanno prendere la strada di Mosca a tutta la popolazione valida si sono rimessi in moto. Un chiosco-bar lungo la strada del mercato, a Murgab, permette di provare la cucina locale, che in un territorio montagnoso povero d'ogni cosa è a tutt'oggi basata sull'inventiva, la speranza e, quando c'è, qualche materia prima.
Minestra con laghman e verdure, frutta secca, tè leggero e uno sciroppo fosforescente con molta acqua. Alle pareti, poster della fondazione Aga Khan pubblicizzano il sale iodato, l'importanza dell'igiene e di un'alimentazione sana.
Intuita la provenienza geografica della decina di commensali, le due donne presenti in cucina accendono uno stereo portatile che ci agghiaccia con i Ricchi e Poveri e Toto Cutugno, che stanno alla quotidianità tagika come un cappello stellato da fata starebbe in testa ad un olimpico di boxe.
A pranzo finito si commenta comunque la cosa, trovandola giusta ed appropriata. Uno storico del futuro -un futuro neanche tanto remoto, diciamo una cinquantina d'anni- che indaghi l'inizio del XXI secolo noterà subito che all'epoca la Repubblica Popolare Cinese spiccava per l'affannoso sviluppo economico, la Repubblica Islamica dell'Iran per il nucleare e per le energie alternative, il Nepal per essere passato da un assetto statale monarchico ad uno repubblicano e federale, lo stato che occupa la penisola italiana per Toto Cutugno.


venerdì 28 novembre 2008

L'assessore Giani ha incontrato in Palazzo Vecchio una delegazione della città gemella di Esfahan



L'assessore alle relazioni internazionali e gemellaggi Eugenio Giani, ha incontrato in Palazzo Vecchio una delegazione ufficiale della città gemella di Esfahan e della sua Università. Esfahan (Iran) è gemellata con Firenze dal 29 maggio 1998. La delegazione guidata dal vice sindaco Nejad Hesan, era composta dal dirigente dell'assessorato alla cultura Foroodastan Mohsen e dal consigliere municipale e docente universitario Gholamreza Shiran.
L'incontro è avvenuto in occasione del workshop internazionale dal titolo "Pratiche e dinamiche sociali nello spazio pubblico urbano" organizzato dalla professoressa Mirella Loda dell'Università di Firenze-Dipartimento di studi storici e geografici, all'interno di un accordo di cooperazione fra l'Università di Firenze e l'Università di Esfahan.
"Con il ruolo fondamentale dell'Università di Firenze, in particolare con la professoressa Loda - ha commentato l'assessore Giani - è per me importante che una delegazione ufficiale di Esfahan, nostra città gemella, sia qui a Firenze e abbia vissuto con noi incontri ispirati alla massima cordialità e volontà di riallacciare rapporti. Può essere un contributo alla distensione e alla pace, alla quale il ruolo della città di Firenze può contribuire attraverso questo importante evento".

Dal sito del Comune di Firenze.



Cani sciolti alla Sapienza


E' notizia del 28 novembre che un gruppo di studenti romani è riuscito ad interrompere una di quelle vuotaggini universitarie nota come "inaugurazione dell'anno accademico" ed ha costretto il Magnifico Rettore ad abbandonare sala e discorso. No, l'etimologia di magnifico non si ricollega in nessun modo a magnare, nonostante l'esperienza concreta porti a concludere il contrario.
Stando al Corriere della Serva, Luigi Frati avrebbe considerato insieme a qualche professore che gli autori della protesta "Sono cani sciolti, non hanno nemmeno un leader".
Se davvero un "leader" non c'è, considerazioni come questa significano che in sostanza non è ammesso che, oltre ai sudditi, la penisola italiana conti anche qualche cittadino consapevole, in grado di fare politica dal basso senza farsi intruppare da capetti di vario genere e specie, destinati magari dopo qualche anno a sedere agli stessi scranni che avevano giurato di voler rovesciare.


martedì 25 novembre 2008

USA: gli entusiasmanti risultati della guerra al "terrorismo"



Murales afasici da decenni, plastica e disperazione. Un export yankee che non conosce crisi.


Sono passati più di sette anni da quando gli Stati Uniti d'AmeriKKKa hanno virtualmente dichiarato guerra a tutto il resto del pianeta. In giro ci sono ancora "occidentalisti" capacissimi di ripetere le parole d'ordine che hanno, tra l'altro, incrementato a dismisura i miracoli di "democrazia" e di "libero mercato" come quello raffigurato qui sopra. Non si sono ancora stancati e ne hanno ben d'onde, dal momento che li pagano apposta. Neanche quelli di Carmilla on Line si sono stancati, e in una lunga serie di articoli intitolata Amerikadammerung ("il crepuscolo dell'AmeriKKKa") riportano, tra le altre, le considerazioni che seguono.

...Ci sarebbero molti altri nomi, date, fatti & misfatti da illustrare per quanto concerne la “Guerra al Terrore”. Per inevitabili ragioni di spazio, tutto ciò non può essere fatto in questa sede.
È tempo quindi di tornare al primo delitto, il 9/11, e al luogo del primo delitto: Ground Zero. Per definizione, “Ground Zero” è la coordinata di detonazione “al suolo” di una testata nucleare. Detta coordinata è definita ground zero in quanto il terreno è livellato “a zero” prima dallo sviluppo termico (dell’ordine dei milioni di gradi Celsius), poi dall’onda d’urto meccanica emanata della conflagrazione medesima (dell’ordine delle migliaia di tonnellate per centimetro quadrato). Nel caso la testata esploda in quota, ground zero è la verticale al suolo rispetto alla quota di detonazione.
Storicamente, l’espressione ground zero viene coniata in data 16 luglio 1945 nel Deserto di Alamogordo, New Mexico, dopo la conflagrazione sperimentale Trinity, Trinità, un nome una garanzia, prima testata nucleare della storia. In seguito, i significati metaforici (e non) di ground zero si sono allargati a comprendere un qualsiasi luogo annientato da un’esplosione (nucleare e/o non) e/o da un evento distruttivo in senso lato.
Dopo il 9/11, ground zero è per definizione la zona nella estrema parte meridionale di Manhattan nella quale sorgeva il complesso di edifici del World Trade Center.
Ancora oggi, quella zona rimane un vasto spazio vuoto vagamente surreale, affossato di svariati metri al di sotto del piano stradale di Manhattan.
A ground zero c’è un memorial, monumento commemorativo, tuttora provvisorio, eretto agli oltre 3.000 caduti di quel giorno.
A ground zero c’è anche l’ipotesi di un cantiere - impalcature, macchinari, materiali da costruzione etc. etc. etc. - in vista della struttura che in un futuro prossimo “dovrebbe” sorgere su quello spazio.
Detta struttura “dovrebbe” essere un super-grattacielo da 592 mt. - più altri edifici secondari - chiamato Freedom Tower, Torre della Libertà, ben più alta e ben più temeraria di quanto non fossero le Torri Gemelle.
Della Freedom Tower non c’è traccia.
Il cantiere è pressoché abbandonato, macchinari e profilati d’acciaio arrugginiscono alla pioggia e si deformano al sole. La cordata di “volenterosi” finanzieri a palazzinari formata dopo che le macerie sono state rimosse si è dissipata assieme alle macerie stesse. Le crisi economiche, dal 2001 alla data attuale, i recenti fallimenti di banche a effetto domino, hanno progressivamente erosi fondi (ipotetici) e volontà (illusorie).
Ground zero oggi è un progetto iniziato e ben lungi dell’essere completato. Un progetto che forse non verrà completato mai.
Ground zero oggi è la tragica, crepuscolare metafora del fronte interno americano della “Guerra al Terrore” globale.
Il fronte Afghanistan è attivo da sette anni. Il fronte Iraq ribolle da cinque anni. Non solo non ci sono né una strategia di uscita né una fine in vista, ma addirittura si parla con insistenza di un allargamento del conflitto all’Iran con un attacco aereo, forse per interposta manu militari israeliana, contro i siti nucleari iraniani.
Sotto questa nuova spada di Damocle, la “Guerra al Terrore” continua. In essa c’è un terminale vizio di forma, che il lettore può (se vuole) desumere da tutto quanto esposto in questo scritto. La prospettiva dello scrivente: la guerra al terrore non è la guerra al terrore.
O quanto meno, non è solo la “Guerra al Terrore”.
La “Guerra al Terrore” è un tetro ibrido generato da schizofrenici deliri di onnipotenza e da demenze egemoniche fuori controllo.
La “Guerra al Terrore” è una sinistra mescolanza di farneticazioni para-militariste a base di missili da crociera e di ubriacature meta-capitaliste a base di petrolio.
Obbiettivi di Mr. Bush II (o chi per esso) e dei Vulcans [la gang di irresponsabili messa da Bush a fare da "uomini di fiducia", n.d.r.] non erano semplicemente difendere gli Stati Uniti e contrastare il terrorismo. Obbiettivi Mr. Bush II (o chi per esso) e dei Vulcans erano soprattutto quelli enunciati nel manifesto del dell’American Enterprise Institute e del Project for the New American Century, il “thunk’tank” conservatore che spingeva per l’attacco preventivo all’Iraq fino dal 1998.
Nel dettaglio:
- la creazione - partendo da un Afghanistan e un Iraq a “democrazia esportata” entrambi sotto completo controllo US - di un mastodontico cuneo militare e strategico collocato nel cuore stesso del Medio Oriente. Un cuneo militare & strategico in grado di “stabilizzare” l’assetto geo-politico del Medio Oriente medesimo e al tempo stesso di proiettare la propria ombra dell’India al Pakistan, dalla Russia alla Cina;
- la creazione - partendo dallo sfruttamento diretto dei giacimenti del Kurdistan e dell’Iraq, passando attraverso quelli dell’Arabia Saudita e degli stati musulmani del Golfo Persico “amici dell’America” - di un cartello petrolifero parallelo e concorrente all'OPEC esteso dall’Anatolia allo Stretto di Hormuz.
A esclusione dei più grossi, grassi, grondanti contratti bellici della storia conosciuta, tutti gli obbiettivi di cui sopra sono stati clamorosamente e tragicamente mancati. Dopo sette anni di “Guerra al Terrore”, alla data del settembre 2008:
- l’Afghanistan NON è una democrazia esportata e NON è sotto controllo americano;
- l’Iraq NON è una democrazia esportata e NON è sotto controllo americano;
- il cuneo militare & strategico americano nel Medio Oriente NON È una realtà;
- il cartello petrolifero parallelo sotto controllo americano NON è una realtà;
- l’assetto geopolitico del Medio Oriente NON è più stabile;
- il prezzo petrolio, dopo avere sfondato ogni limite critico ipotizzato, NON è né stabile né controllabile;
- Mr. Osama Bin Laden, cervello del 9/11, NON è stato (ufficialmente) né catturato né ucciso [ammesso che si sia mai cercato di farlo, n.d.r.];
- Al Qaeda, la struttura terroristica fondata da Mr. Bin Laden, NON è stata (ufficialmente) né smantellata né seriamente danneggiata [tra l'altro non è certo la prima volta che una creatura dei servizi segreti si ribella ai propri creatori, n.d.r.];
- il terrore globale NON è stato sconfitto;
- l’America NON è più sicura.
Mr. Bush II sta per lasciare la Casa Bianca. Definitivamente. Tra il 23 e il 26% dei consensi popolari. Alla data attuale, è un presidente delegittimato.
Mr. George W. Bush passerà alla storia come il presidente (delegittimato) che - dopo avere serratamente dialogato con caprette e con dio, non è chiaro in quale ordine né è chiaro quale sia dio - ha:
- iniziato due disastrose guerre d’invasione tuttora in corso;
- lasciato sprofondare la città di New Orleans;
- annientato il sistema finanziario americano;
- proceduto a mentire al popolo americano in eccesso a 900 volte.
Ms. Condoleezza Rice, regina reggente dell’abortito Nuovo Secolo Americano, verrà ricordata come:
- la donna il cui nome è apparso sullo scafo di una super-petroliera della Chevron Corporation;
- il Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti che ha patentemente ignorato tutti gli avvertimenti relativi alla più seria minaccia della storia contro gli Stati Uniti medesimi;
- la politicante che ha collocato nel governo degli Stati Uniti un’orda di altri politicanti la maggior parte dei quali tuttora indagati per attività eversive & criminali;
- il Segretario di Stato che ha sottoscritto ognuna delle oltre 900 menzogne di cui sopra.
I membri del governo (degli Stati Uniti e non) alle spalle dei suddetti individui - le Eminenze Nere e i Vulcans - sono inquisiti, dimissionari, emarginati. A tutti gli effetti, per quanto non economicamente a livello individuale, sono politicamente finiti.
L’eredità che i due succitati personaggi e la loro tetra corte lasciano alla prossima amministrazione americana, quale che questa sarà, è la seguente:
- “Guerra al Terrore” globale incompiuta;
- centinaia di migliaia di caduti su tutti i fronti;
- due territori chiave del Medio Oriente (Afghanistan & Iraq) in avanzato stato di devastazione;
- forze armate americane in avanzato stato di devastazione umana, finanziaria e logistica;
- l’armata parallela dei contractors (mercenari) che domina il campo medio-orientale;
- da 1 a 2 triliardi di dollari di spese militari a fondo perduto;
- in eccesso a 10 triliardi di dollari di debito federale;
- collasso (forse inarrestabile) del sistema economico americano, con tutti gli annessi & connessi su scala planetaria.
Un’altra nazione, prima degli Stati Uniti, credette di poter raggiungere i medesimi obbiettivi meta-imperiali di cui sopra, seguendo modalità peraltro molto simili a quelle delle Eminenze Nere e dei Vulcans.
Questa nazione era l’Unione Sovietica.
Sappiamo quale è stata la sua fine e sappiamo che cosa da quella fine è emerso.
Gli Stati Uniti nell’autunno dell’anno 2008 sono a una svolta ugualmente epocale.

Una svolta di natura politica, economica, militare ma soprattutto, allo scrivente si passi il termine, etica.
La direzione che gli Stati Uniti sceglieranno di prendere definirà i prossimi confini di ground zero.
Una torre per sfidare il cielo.
Oppure una ameriKadammerung.


Da Carmilla on line.


domenica 23 novembre 2008

עורו בלב שמח




Franco Battiato e Giusto Pio. Una canzone per la sudafricana Sibilla Mostert che finì nientemeno che a Sanremo nel 1983. Ai tempi pare cantassero su basi preregistrate, ed Oppio venne sconciata in diretta grazie a chissà che pasticcio successo dietro le quinte.
Per anni Franco Battiato ha correttamente definito Sanremo "una passerella delirante", e per quanto ci riguarda si tratta di una definizione fin troppo generosa. La decisione di riaffacciarsi di nuovo e di nuovo a quel palco, qualunque ne sia stato il motivo, rimane forse la più pesantemente criticabile tra le scelte del "cantautore siciliano".
E' bene ricordarle, canzoni come questa. Ché comunque fosse, nel 1983 il fango, l'incultura, l'idiozia che pure già premevano da una quantità di boccaporti, ancora non impedivano di presentare in mainstream un brano del genere.


Fuochi accesi negli accampamenti nomadi,
e fumatori d' oppio dall' Oriente sui tappeti.
Le visioni riempiranno le mie mani vuote;
Cartagine era bella in mezzo ai melograni.

E' vero: dò i numeri; dividili con me!
Ho perso la testa ma sto bene anche senza.
עורו בלב שמח

Scivolando sulle soglie di nuovi amori,
con misteriosi nomadi per misteriose mete.
Giochi di prestigio con i fili del destino;
a quel tempo l' oppio ci costava meno di una birra.

E' vero: dò i numeri; dividili con me!
Ho perso la testa ma sto bene anche senza.
עורו בלב שמח

L' equilibrio di quel thé alla menta alla Medina,
e i passi nelle dune fanno d' eco all' universo.
Eravamo ancora dilettanti di delitti;
Cartagine era bella in mezzo ai melograni.


sabato 22 novembre 2008

Jacopo Bianchi e la coerenza "occidentalista"


Nel novembre 2008 alcuni appartenenti al piddì senza la elle in giunta comunale a Firenze hanno ricevuto di buon mattino la visita della gendarmeria, incaricata di perquisirne uffici ed abitazioni.
L'occasione viene colta al volo da Jacopo Bianchi, micropolitico appassionato di buche nell'asfalto, in forza al piddì con la elle, sedicente avversario politico dei signori suddetti.
In un vibrrrrrante comunicato stampa, Jacopo Bianchi si autocertifica "liberale e democratico" e ripete la consueta giaculatoria in cui il garantismo del suo partito viene opposto al giustizialismo altrui.
I fatti, che sono quello che sono, ed i rapporti politici di forza che scoraggiano di procedere massacrando mediaticamente gli inquisiti -prassi da cui gli "occidentalisti" hanno mostrato in infinite occasioni di non rifuggire affatto- hanno riempito di cotone la bocca dei law and order del Consiglio Comunale. Ma come sarebbero andate le cose se ad essere inquisito e perquisito fosse stato un suddito qualunque, qualcuno fuori dal giro?
Le compagini del piddì con la elle devono la loro fortuna elettorale non alla competenza dei politicanti che schierano -spesso sotto lo zero- o alla validità dei programmi proposti, ma sostanzialmente ad una demonizzazione dell'avversario inscenata con campagne mediatiche ossessive, facilitate da agenzie mediatiche il cui zero assoluto in fatto di senso critico ha pochi corrispondenti al mondo. Viene insomma da chiedersi se il "garantismo a doppio senso" invocato da Jacopo Bianchi comprenda anche le decine di rom accusate gratis di tentato rapimento, o quegli anarchici fiorentini che hanno visto, sui giornali, i loro sacchetti di chiodi diventare magicamente sacchetti di bossoli. Jacopo Bianchi scalda la poltrona che scalda grazie a prassi e a strategie politiche che ogni giorno incarnano l'esatto opposto di quello che osa invocare. Uno dei tanti, troppi, esempi della maniera "occidentalista" di intendere la coerenza.



giovedì 20 novembre 2008

Informazione d'"Occidente": completa, obiettiva, imparziale



La home page del "Quotidiano Nazionale" on line, che raggruppa "Il Porno", "Il Resto del Calzino" e "La Fazione" in un unico portale rinnovato non si sa quante volte a causa del suo magagnoso funzionamento, fa per il venti novembre 2008 un importantissimo strappo alla regola.
Da anni, e tutti i giorni, la foto a centro pagina raffigura invariabilmente gendarmi o militari "occidentali" in eroiche operazioni di ripristino dell'ordine democratico ("arrestato negro", "arrestato terrorista", "arrestato rom", "arrestato pedofilo", ...). Oggi pare che la notizia più importante non sia il piombare della crisi finanziaria su un'economia "reale" già malmessa per proprio conto o i centomila scricchiolii sinistri e quotidiani di un "Occidente" vuoto di senso, quanto l'ultima collezione di femmine con poca roba addosso travestita da "calendario". Da "calendario impegnato", addirittura, secondo un format di cui ogni giorno si contano esempi a dozzine.
Venti anni fa, quando i giornali erano solo di carta e si permettevano addirittura una "terza pagina", certo modo di riempire la "prima" era riservato ai rotocalchi da serve o ai quotidiani inglesi come il Daily Mirror, ai tempi considerati già spazzatura per conto proprio. Ci voleva internet perché non uno o due quotidiani, ma tutti, cominciassero ad adottare gli stessi criteri di selezione delle news e la stessa impaginazione. Facile sarebbe fare dietrologia, ipotizzando innanzitutto chissà che mano dietro al generale e voluto, coltivato, cercato e perseguito rincretinimento dei sudditi; a nostro avviso la realtà è molto più terra terra ed è legata a semplici questioni di economia d'esercizio. Perché mai i responsabili di una testata on line dovrebbero dare in pasto all'affannoso ricambio imposto dal funzionamento del media articoli ponderati o inchieste di un qualche significato? Ci sono agenzie di stampa che ti aiutano a meraviglia, con news come quella su raffigurata; ci si mette accanto qualche riga in cui qualcuno si lagna rimpiangendo i tempi in cui i treni arrivavano in orario, e s'è bell'e ffatto giornata. Se poi così facendo si fa anche un favore ai soliti noti della proprietà e del mondo politicante, tanto meglio.
Questo modo di procedere è solo la versione aggiornata di una prassi vecchia chissà quanto, che Giorgio Bocca ebbe già modo di notare nel 1940 e di stigmatizzare per scritto nel 1969, ricordando come gli inviati sulla linea Maginot durante la drôle de guerre avessero finito per riempire le otto pagine dei giornali d'allora di reportages su insignificanti azioni di pattuglia, di note enologiche sulla Mosella o anche di trafiletti in cui si raccontava di orsi giganteschi abbattuti in Alaska. Della tempesta vera che si preparava e che sarebbe durata cinque anni con decine di milioni di vittime, nessun sentore.
Nel corso degli anni il livello di tutta la stampa peninsulare, on line e cartacea, ha adottato in maniera massiccia questa linea editoriale: carne fresca, completa acriticità nei confronti del potere, subordinazione agli interessi economici degli sponsor, continuo sciorinare di mostri mediatici reperiti con ogni mezzo. E quando non si trovano, ci vuol poco ad inventarne uno. Il tutto viene, per qualche strano motivo, chiamato "libertà". Un raffronto con la produzione mediatica di realtà più concrete e più civili, e dunque meno "occidentali" sarebbe, ed è, per lo meno imbarazzante. Proviamo comunque a farlo, e mettiamoci pure un pizzico di malafede, visto che di malafede a carrettate è comunque fatta la "libera" informazione vomitata a getto continuo dai mass media.
Lo stesso venti novembre 2008 la home page del Tehran Times presenta un primo articolo su un incontro di sindaci di città asiatiche a Tehran avente come scopo il rafforzamento della conoscenza e della cooperazione reciproca, l'annuncio della prossima realizzazione di un film tratto da un dramma di Ionesco, l'avvenuta traduzione in inglese del primo volume di una Encyclopaedia Islamica, la consegna di premi letterari ad opere scritte da reduci di guerra, cui seguono notizie di sport, politica interna ed estera in quest'ordine. Nessuno spazio per quella cronaca nera che costituisce l'interesse pressoché unico, insieme alle scosciate di cui sopra, delle testate on line più consultate nello stato che occupa la penisola italiana, i cui sudditi, con ogni probabilità, a stragrande maggioranza non soltanto ignorano chi fosse Ionesco, ma anche dove si trovi Tehran.
I media che abbiamo citato sono fruibili con facilità da milioni di utenti. Sarebbe il caso di chiedersi se sono queste, le basi su cui l'"Occidente" millanta la propria appartenenza ad una civiltà superiore.



martedì 18 novembre 2008

Francesco Torselli e Casaggì


La fortuna di Azione Giovani a Firenze pare durata lo spazio di un mattino. Dopo aver irretito schiere di sedicenni mandandoli in piazza contro il centro"sinistra" del demoniaco Prodi e contro l'inviso Fioroni, il movimento giovanile di Alleanza Nazionale rischia di rimanere schiacciato nella tenaglia piddì con la elle - studenti infuriati.
Il piddì con la elle non sa che farsene di questi sciamannati imbrattamuri e in via della Scrofa hanno già preso le distanze senza farne alcun mistero. Gli studenti, presi abbondantemente in giro per fini elettorali, si ritrovano con un ministro dell'istruzione alle prese con una scuola i cui problemi sono ben al di là della portata del governo di cui fa parte, e che tanto per non sbagliare ha pensato bene di assecondare linee che fanno sembrare la reintroduzione degli esami di riparazione una specie di scampagnata. Per via Maruffi, un cocktail velenoso con un'emorragia di militanti istantanea ed un calo di credibilità e consensi tanto prevedibile quanto imbarazzante da gestire.
A novembre 2008 una manifestazione studentesca lancia qualche petardo e qualche fumogeno proprio in via Maruffi e dintorni. Il "centro sociale di destra" Casaggì rilascia un comunicato tanto rivelatore quanto indignatissimo, che abbiamo pensato bene di additare al pubblico ludibrio su Indymedia.


Casaggì: la presa di giro è arma di vittoria!
Sfotterne uno per educarne cento!

Pare che stamani in via Maruffi a Firenze sia volato qualche petardo; Casaggì ne incolpa i "nullafacenti" della sinistra. Io non sono stato perché ero (e sono, fino alle 19.30) a LAVORARE. Quelli di Casaggì che lavoro facciano non è dato saperlo...

Comunicato:

INTERROMPIAMO LA PROPAGANDA DELL'INIZIATIVA IN PROGRAMMA SABATO 29 NOVEMBRE SULLA STRAGE DI BOLOGNA PER RENDERE CONTO A TUTTI I VISITATORI DI QUESTO SITO DELL'ENNESIMA VIGLIACCATA INSCENATA DALLA SINISTRA FIORENTINA CHE, SEGUENDO IL COPIONE IDEOLOGICO DEL '68, E' ORMAI RIUSCITA A INDOTTRINARE I MOVIMENTI DEGLI STUDENTI TRASFORMANDOLI IN CORTEI FINALIZZATI ALL'INTOLLERANZA ED ALL'ODIO POLITICO. FIRENZE E' OGGI UNA CITTA' INTOLLERANTE E ANTIDEMOCRATICA CHE TOLLERA I SEMINATORI D'ODIO, DI IGNORANZA E DI VIOLENZA.

Traduzione:

Siamo parecchio arrabbiati perché Alleanza Nazionale ci ha già mandato a dire che ci sopporterà giusto un annetto e poi ci scaricherà senza misericordia visto che noi ragazzi le abbiamo fatto tanto comodo quando c'era da attacchinare e da scrivere sui muri col rischio d'esser presi per la collottola e rispediti a casa a pedate nell'epididimo, ma adesso le roviniamo il buon nome di partito della legge e dell'ordine ed è una cosa che non va più bene perché ora che c'è da mettersi a pane col Berlusca e certa gente va fatta sparire dal salotto buono giù per la scala di servizio.

Per evitare d'affogare sùbito abbiamo messo in piedi la solita tiritera su una sentenza passata in giudicato da quel dì, ma questo vi si dice dopo perché ora vi si voleva raccontare che gli studenti che abbiamo preso per il culo mandandoli in piazza con le manifestazioni contro Fioroni e i suoi esami a settembre e che ora con la Gelmini si sono accorti d'esser passati dalla padella alla brace se potessero ci cucinerebbero alla cacciatora coll'ulive noi e tutto il partito.... Invece ci hanno solo tirato qualche raudo e qualche fumogeno che a confronto allo stadio la domenica sembra d'essere a Beirut, ma siccome si deve far cagnara sennò nessuno ci caca nemmeno, noi si scrive che sono cattivi e intolleranti con noi poveri sturmabteilunghinucci che in fondo a insegnare ai ragazzi che ganzi che erano Codreanu e Marinetti non facciamo nulla di male.... Sob! Sniff! Uèèèèh!



Francesco Torselli è uno dei dirigenti di Azione Giovani; in occasione dei fatti su schematicamente riassunti ha paragonato Firenze a Berlino est.
L'abbiamo un po' punzecchiato, sempre su Indymedia, ricordando una certa canzone.


Una canzone per Francesco Torselli
L'autore a Francesco Torselli irridentemente dedica

Francesco Torselli è un ultratrentenne dirigente d'Azzzione Ggggiovani. Anch'egli sempiterno laureando, nel solco di una tradizione secolare degli ambienti da cui proviene, in cui si può fare i segretari giovanili fino a quarantasei anni compiuti.
Francesco Torselli s'è lamentato per i due petardi scoppiatigli davanti alla sede di via Maruffi invocando Berlino Est.
Non resta quindi che dedicargli una bellissima canzone di qualche anno fa: l'atmosfera rarefatta e quasi onirica data alla città da Franco Battiato ne costituiscono un ritratto di cui andare orgogliosi e le restituiscono la sua meritata fama di punta di diamante della Repubblica Democratica Tedesca.
60 jahre DDR!


ALEXANDER PLATZ

E di colpo venne il mese di febbraio,
faceva freddo in quella casa;
mi ripetevi: "Sai che d'inverno
si vive bene come di primavera?"
Sì sì proprio così.

La bidella ritornava dalla scuola un po' più presto
per aiutarmi.
"Ti vedo stanca; hai le borse sotto gli occhi...
come ti trovi a Berlino Est?"

Alexander platz
Aufwiedersehn
C'era la neve
Faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera
Vengo con te

E la sera rincasavo sempre tardi;
solo i miei passi lungo i viali...
E ti piaceva spolverare fare i letti
poi restarmene in disparte
come vera principessa
prigioniera del suo film,
che aspetta all'angolo come Marlene.
"Hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a berlino est?"

Alexander platz
aufwiedersehn
c'era la neve
ci vediamo questa sera fuori dal teatro.
"Ti piace schubert?"



sabato 15 novembre 2008

Western way of life


Ripresa di un articolo dell'estate 2008, sicuramente ancora attualissimo.




L'immagine si commenterebbe anche da sé; ma aggiungiamoci pure del nostro, e andiamoci giù pesante.
Un enorme ipermercato alle porte di Firenze, stracolmo di roba a poco prezzo e del vociare ebete delle televisioni. La politica di marketing della struttura usa da sempre i volti della clientela per le campagne pubblicitarie, e stavolta, forse proprio volendolo, ha fornito un ritratto perfetto dell'oltremodo orribile quotidianità "occidentale", con particolare riferimento a quella della penisola italiana: "di casa" dalle parti degli ipermercati ci sono obesi ingordi di salsicce, scagionati fino a lunedì mattina dall'affidabilità mendace di quel giaccheccravatta un tempo vestimento della classe dominante e oggi divisa dei sudditi-zerbino. Un volgo impoverito e disperso, incattivito, approssimativo e cialtrone, che molto giustamente teme concorrenti validi anche nel più squinternato di quegli "immigrati" che una politicanza senza più freni addita come causa di ogni male, aveva già nell'incultura uno dei suoi cavalli di battaglia. Adesso, formalmente autorizzato del capitale, può ufficialmente aggiungerci anche lo sbraco, addirittura a prezzo di realizzo.
Almeno fino a lunedì mattina. Poi testa china e silenzio, che c'è da ppaga' i'mmùtuo.

La foto qui sotto, invece, viene da Picasa e mostra chi è "di casa" nella Repubblica Islamica dell'Iran.
Dove i pochi supermercati che ci sono fanno i supermercati, e non si mettono certo a fare a gara con politicanti e gendarmi per insegnarti come dovresti passare le giornate.




mercoledì 12 novembre 2008

Enrico Bosi e gli accattoni


Riprendiamo con le stoccate agli "occidentalisti" del Consiglio Comunale di Firenze.
Mercoledi 12 novembre 2008 piove, l'economia "occidentale" sta andando serenamente a farsi benedire e "Il Giornale della Toscana" fornisce ad Enrico Bosi l'assist per una lamentosa denuncia della scarsa presenza "istituzionale" (figuriamoci quella popolare...) alla commemorazione dei caduti di Nassirya, ultimo esempio di inutili stragi che, nonostante la loro pazzesca storia recente caratterizzata da oltre un secolo di interventismo scellerato ed impiccione, i sudditi dello stato che occupa la penisola italiana non hanno ancora imparato a considerare come l'ovvia ed inevitabile conseguenza della guerra.
Non contento di aver rivangato un episodio che sarebbe il caso di far silenziosamente sparire -anche perché a cinque anni di distanza dai fatti di stragi come quella di Nassirya se non peggiori in Iraq ne avviene in media almeno una la settimana, con tanti saluti alla "pacificazione del paese"- Enrico Bosi e il consigliere di quartiere Umberto Conciani trovano il tempo di deplorare la presenza di "troppi accattoni per le vie del centro" con un comunicato stampa spettacoloso per pochezza e cialtroneria.
Si prenda visione del comunicato, e si notino in primo luogo due cose; importano "le vie del centro" e la vita delle persone, persone di cui (ci si può scommettere la vita) Bosi e Conciani non sanno assolutamente niente può venir ridotta e derubricata a "brutto biglietto da visita". Per giunta, proprio in questi giorni che Firenze "piange" la perdita di un "turismo di qualità come quello americano"...
Occorrerebbe un po' più di chiarezza in proposito, perché gli statunitensi che ingrossano le schiere serali dei frequentatori di locali pubblici fiorentini sono noti per le performances alcooliche improntate a tutt'altro che alla "qualità" e alla moderazione. Un dettaglio interessante comunque, perché rivela di quale "libertà" si goda in AmeriKKKa, dove ormai anche bere una birra in santa pace è diventato un problema. Si tratta piuttosto di ben altro: Enrico Bosi, da "occidentalista" coerente, non si rende certo conto che il mondo è cambiato alla velocità della luce, non sempre per il meglio, e che l'AmeriKKKa attuale è un paese disperato e povero, in piena crisi sociale, la cui popolazione è indebitata (non da adesso, da decenni) a livelli finalmente insostenibili. Pretendere chissà quale "turismo di qualità" -ovverosia spennabile senza misericordia- da un paese che sta lottando a coltello con gli sfratti e con i pignoramenti ci pare che pecchi di scarso realismo.
La perla del comunicato è l'asserzione secondo la quale la gestione dei luoghi turistici a Firenze sarebbe "scriteriata e lasciva".
Secondo il nostro vocabolario, un comportamento lascivo è un comportamento lussurioso, licenzioso ed impudico; l'aggettivo può senz'altro adattarsi al "quartiere rosso" di Amsterdam, ma ci pare poco adatto a Piazza del Duomo e a via dell'Oriuolo. Probabile che Enrico Bosi, poco ferrato anche in lingua toscana al pari dei sudditi tra cui raccatta suffragi, intendesse dire corrivo o qualcosa di simile.
Pare che a Milano abbiano pensato bene di spazzare sotto il tappeto le crescenti e continue ingiustizie sociali prodotte da un assetto economico e politico basato sull'esclusione punendo forsennatamente chi chiede l'elemosina; Enrico Bosi vorrebbe che a Firenze fosse seguita la stessa strada, lamentandosi del fatto che chiedere l'elemosina non sia considerato un reato penale. Una decisione, a sentir lui, addirittura sciagurata perché permette ai mendicanti di usare i sagrati delle chiese come li hanno usati per secoli, se non per millenni.
Enrico Bosi deve avere una grossa ammirazione per il sistema repressivo statunitense; noi non la condividiamo affatto ed auspichiamo proprio un suo prossimo trasferimento vita natural durante in AmeriKKKa. Non sappiamo se questo gli risparmierebbe lo spettacolo della crescente povertà, anzi, abbiamo un bel po' di dubbi a riguardo; ma a noi sarebbe di sicuro risparmiato almeno qualche cascame della crescente e crudele incompetenza dei politicanti.


lunedì 10 novembre 2008

Vladimiro Poggi: un campione d'"Occidente"


Scrivevamo pochi giorni fa che gli eletti -e ancor di più i candidati- "occidentalisti" nascondono un campionario agghiacciante di guitti, sciacquette, maneggioni, casi umani, ignorantelli, pregiudicati, minus habentes, irresponsabili e zerbini dominato da individui la cui unica guida sono l'interesse privato e l'impunità.
Il bello dell'avere a che fare con certa gente è che non occorre attendere tempi biblici per assistere all'avverarsi di facili profezie. L'otto novembre 2008 un certo Vladimiro Poggi, dirigentegiornalisteppresentatoretelevisivo gurdjieffiano e soprattutto -non è uno scherzo- Assessore alla Sicurezza del comune di Caorso, è stato beccato con la coca come un disgraziato qualsiasi. E fin qui nulla di male; in un mondo in cui le sostanze stupefacenti sono entrate nell'uso della maggioranza della popolazione e sono anche un costituente non eliminabile dell'economia globalizzata, la cosa non è certo fuori dal mondo. E poi possono sempre avergli servito una polpetta avvelenata; non sarebbe la prima volta che succede. Il problema comincia quando, con poca fantasia ma anche minor fatica, si inserisce "vladimiro poggi" in un motore di ricerca su Internet. Ora, di solito gli arresti avvengono beccando più o meno di sorpresa l'interessato; una nostra conoscenza completamente priva di agganci con la Firenze che conta apprese di avere sul collo una sentenza di due anni passata in giudicato solo da un controllo di documenti, e finì a Sollicciano con cinque euro in tasca e i calzini da cambiare. Vladimiro Poggi se l'è vista un po' meglio perché invece che essere semplicemente scaraventato in galera è stato solo associato alla locale casa circondariale, che è tutta un'altra cosa, ed è stato rimesso in libertà veloce veloce, dopo neanche tre giorni. Ma non ha avuto il tempo di chiudere vladimiropoggi.splinder.com. Ci sono tante cose interessanti, sul suo sito. Piccinerie politicanti contro la "sinistra", lodi di Bettino Craxi, fastidiose litanie sull'"etica", omelie vescovili, evviva bambineschi, bandierine pro Tibet ed una nutrita e rivelatrice lista di link che esamineremo più nel dettaglio. Il Nostro, ovviamente, a suo tempo ha sposato senza discussioni la causa della "lotta al terrorismo", che come tutti sanno è una dottrina geopolitica che consiste nell'approvare, avallare e facilitare qualunque cosa permetta all'AmeriKKKa e ad Israele di bombardare e invadere paesi, radere al suolo città, rapire le persone, torturarle e imprigionarle per anni col puro e semplice giustificativo dell'arbitrio.
Intanto, nel caso il sito venisse malauguratamente chiuso togliendo all'utenza l'esempio di un tanto illuminato caso di integrità morale, timor d'Iddio, spirito di servizio, ferrea coerenza e totale dedizione al bene pubblico, riportiamo qui per intero la biografia di questo giovane campione d'"Occidente". Se ne ammirino dunque le attività, le frequentazioni, il fervore culturale.

Nome: Vladimiro Poggi. 34 anni, docente di comunicazione, dizione della lingua italiana e public speaking, fondò a Roma nel 1994 il Partito Socialista Riformista insieme all'on. Fabrizio Cicchitto (oggi Presidente del gruppo "Il Popolo della Libertà" alla Camera dei Deputati) ricoprendo per due anni la carica di Segretario nazionale dei Giovani (sezione nazionale ''Walter Tobagi'') e distinguendosi, già nel 1995, per la proposta di revisione della Legge 194 con la chiara ammissione che l'aborto non è una conquista sociale ma la soppressione di una vita; eletto Consigliere comunale a Piacenza nella coalizione di centrodestra, ha ricoperto le cariche di Capogruppo Consiliare e di Vicepresidente dei Trasporti pubblici piacentini. Attualmente è Assessore Comunale di Caorso (Piacenza). Ha ideato e condotto per cinque anni "La Terra di Mezzo", il primo talk show di attualità cristiana del piacentino, realizzato da Blacklemon presso il cinema President di Piacenza. Dal dicembre 2004 al Giugno 2007, è stato il Portavoce nazionale del "Centro Popolare Europeo", movimento culturale che poneva come obiettivo principale della sua attività la costruzione del partito unico del centrodestra. In occasione del referendum sulla fecondazione assistita ha ricoperto la carica di Responsabile Stampa e Comunicazione del Comitato Provinciale "Scienza e Vita" a difesa della Legge 40. Nel 2005 ha curato e condotto "DECODER", trasmissione di approfondimento politico e sociale, in onda su Teleducato. Nel 2006 e nel 2007 ha condotto "CUORE", la trasmissione televisiva settimanale di attualità e politica, in diretta, ogni mercoledì sera, su Telecolor. Dal 2004, è opinionista del quotidiano di Piacenza, "La Cronaca". E', inoltre, opinionista del nuovo portale d'informazione "Piacenza Day". Nel 2007 è stato autore e conduttore della nuova trasmissione di critica sociale "Piacenza libera!" in onda ogni settimana su Telecolor. In occasione delle elezioni comunali di Piacenza 2007, è stato il Portavoce unico del candidato sindaco e del centrodestra piacentino. Dal marzo 2007 è Vicepresidente dell'Osservatorio Nazionale Impresa e Territorio - http://www.osservatorioimpresaeterritorio.com/. Dal 7 febbraio 2008 scrive e conduce il nuovo programma televisivo di politica e società "Gotham City", appuntamento settimanale in diretta, ogni giovedì in prima serata, su Telecolor (canale 34 Uhf: Piacenza, Cremona, Mantova, Parma, Lodi, Milano sud, Brescia, Bergamo, Lago di Garda). Dal luglio 2008 collabora come editorialista con il quotidiano nazionale LAB, organo del Nuovo Psi del Popolo della Libertà. In qualità di dirigente nazionale dell'Osservatorio per l'Impresa, cura e coordina lo sviluppo del Centro Studi impegnato nella definizione delle proposte della piccola e media impresa in relazione all'Expo 2015 che si terrà a Milano. Dal 1 settembre 2008 conduce PRIMARETE VILLAGE, una trasmissione, in diretta, d'approfondimento e di discussione delle notizie del giorno su Primarete Lombardia (canale 60 uhf), tutti i lunedì, mercoledì e venerdì, dalle ore 22 alle ore 23 (il blog della trasmissione all'indirizzo http://www.1retevillage.splinder.com/)


Vladimiro Poggi: un esempio di coerenza militante

I link del sito? Chissà come salteranno di gioia, fiere di tanta considerazione, Alleanza Cattolica, gli amici del Panzerpapst, la Conferenza Episcopale, la devozione al Sacro Cuore di Gesù eccetera eccetera eccetera. Chi avrebbe mai detto che un micropolitico piacentino bene in carne, sorpreso con nemmeno dieci grammi di coca in macchina e dunque pesce infinitesimo nel vasto oceano degli ingabbiati fosse capace di interessi tanto vasti.


sabato 8 novembre 2008

Mahmoud Ahmadinejad saluta Barack Husayn Obama Ikkinchi


Per la prima volta dalla Rivoluzione Islamica del 1979, un capo di governo iraniano spedisce un messaggio di augurio ad un neo eletto presidente americano.
Jimmy Carter passò il capodanno del 1978 a Tehran con la famiglia dello shah Mohammad Reza Pahlevi; in quell'ocasione, Carter fu accompagnato dalla moglie e da quasi due terzi del suo staff e questo dimostra l'attaccamento americano all'allora alleato Iran. Dopo la rivoluzione del 1979 l'AmeriKKKa ha interrotto i rapporti dipomatici con la Repubblica Islamica dell'Iran. Questa è la pima volta che un presidente iraniano saluta un nuovo presidente americano in maniera ufficiale. Ecco la versione integrale del messaggio di Ahmadinejad a Obama.


In nome di Dio Clemente e Misericordioso

Onorevole signor Barack Obama, presidente eletto degli Stati Uniti d' America,
Le esprimo le mie congratulazioni per aver ottenuto la maggioranza dei voti nelle ultime elezioni; come Lei sa, Dio offre molte occasioni alle sue creature e queste occasioni possono essere sfruttate dagli eletti per favorire l'evoluzione qualitativa e quantitativa dell'umanità, ma a volte esse vengono usate contro i popoli per guidarli verso l'abisso.
La mia speranza è che lei sia in grado di individuare gli interessi reali del popolo che si accinge a guidare; spero che sia amante della giustizia e che non ceda all'insaziabile avidità di un netta minoranza egoista e stolta che cercherà di influire sul suo mandato. Spero che, sfruttando al meglio questa occasione, Lei possa lasciare un buon nome e un buon ricordo di sé nella storia e nel cuore del suo stesso popolo ed in quello dei popoli del mondo.
Credo che ciò che il suo popolo si aspetta da Lei sia una risposta chiara e rapida, un cambiamento veloce, della politica interna e di quella internazionale del suo paese; questa è anche la richiesta della maggioranza dei popoli del mondo, che uniscono la loro voce in questo momento storico a quella del popolo del suo paese.
Io auspico che tutte queste speranze trovino uno spazio primario nella agenda del suo programma e nei suoi progetti, e per il governo che si accinge a formare.
Da una parte, il popolo americano tende molto ad esaltare al meglio i valori umani; quindi le sue aspettattive corrisponderanno ad una politica che usi tutto ciò che ha in potere e tenga conto, in base a questi valori, di questioni etiche per risolvere la crisi economica e per riconquistare l'onore perduto degli americani, nonché per ritrovare quello spirito necessario che possa trasformare le speranze in una realtà basata sul rispetto dell'individuo senza alcun pregiudizio razziale e sui diritti che devono rafforzare la base della società che è costituita dalla famiglia.
Dall'altra parte, i popoli del mondo hanno anch'essi delle aspettattive che si basano sul rifiuto delle politiche di guerra e di occupazione militare, sul rifiuto delle politiche basate sull' inganno e sulla prepotenza e sull'umiliazione dei popoli e sulla impostazione di ingiusti meccanismi come prassi regolare nelle relazioni internazionali.
Questa era la politica internazionale del suo paese negli scorsi anni, ed è questo alla base dell'odio generalizzato a livello mondiale che molti popoli esprimono nei confronti del suo paese; io spero che questo stato di cose, che io ritengo sia un'offesa al popolo americano, sia modificato tramite un cambiamento di rotta nella politica del suo paese e che sia chiaro al mondo che tutto questo non era espressione della volontà di tutti gli americani ma soltanto il furro delle scelte di chi si9 trovava al governo del suo paese negli anni passati; spero quindi che l'America possa cessare di essere l'abominio che è stata in questi anni contro i popoli e che il rispetto per i popoli sovrani diventi il principio base dei rapporti internazionali del suo futuro governo.
Io spero in modo particolare che il suo futuro governo possa intraprendere una politica basata sulla giustizia per quanto riguarda il popolo palestinese, cui da sessant'anni vengono negati i più elementari diritti di cui gode ogni popolo; spero che Lei possa mettere fine alle ingiustizie perpetrate ai danni dei popoli dell'Iraq e dell'Afghanistan e spero che possa comprendere che il grande popolo iraniano, che gode di una documentata storia di popolo costruttore di civiltà, è stato sempre amante della giustizia e della verità e per questo approva pienamente ogni politica che possa stabilire la giustizia nel mondo, nel medio Oriente in particolare.
A mio avviso, se percorreremo la strada maestra illustrataci dagli insegnamenti dei grandi profeti, la speranza di poter camminare verso la giustiza cresceranno e, con l'aiuto di Dio, si potrà porre rimedio almeno ad una parte delle pesantissime e gravissime ingiustizie del passato.
Che Iddio possa far scendere la pace su tutti i popoli del mondo; le auguro ogni successo, la piena salute fisica e mentale e la possibilità di evolversi nel futuro, facendo tesoro degli errori del passato. Le auguro che siano per Lei molte ed importanti le occasioni per servire le creature di Dio e per stabilire la pace tra popoli.

Mahmoud Ahmadinejad
Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran


giovedì 6 novembre 2008

Giocoli e Cavaciocchi (FI-PdL): «Penalizzante per i cittadini ristrutturare per i giudei l'immobile di via Lorenzini»



COMUNICATO STAMPA
Firenze, 06 Novembre 2008
GIOCOLI E CAVACIOCCHI (FI-PDL): «PENALIZZANTE PER I CITTADINI RISTRUTTURARE PER I GIUDEI L'IMMOBILE DI VIA LORENZINI»

«I progetti di integrazione sono falliti ma, non contenta, l'amministrazione spende altro denaro per ristrutturare case per i giudei. E' ora di finirla». Lo hanno detto Bianca Maria Giocoli, capogruppo di Forza Italia-PdL, e Carla Cavaciocchi, capogruppo al Quartiere 5, commentando la risposta dell'assessore Cristina Bevilacqua ad un'interrogazione «su un immobile in via Liguria».
«Lo scorso maggio - hanno ricordato le due esponenti del centrodestra - avevamo chiesto un commissario straordinario per i giudei, la realizzazione di un Cpt anche a Firenze, lo smantellamento di tutti i campi, la verifica delle spese e dei risultati concreti ottenuti dall'amministrazione comunale, nella convinzione, appunto, che le politiche di Comune e Regione Toscana sono un fallimento. Ora l'amministrazione ci ribadisce che è sempre sua intenzione 'superare' il campo nomadi dell'Olmatello 'attraverso la sistemazione dei suoi attuali ospiti in regola con la normativa nazionale sull'immigrazione attraverso interventi di sostegno al canone di locazione in appartamenti di proprietà privata e attraverso l'inserimento nel progetto 'un percorso plurale per l'emergenza alloggiativa'. E ha persino individuato dove ospitare i giudei: in un immobile da ristrutturare in via Lorenzini per il quale il Comune pare abbia già stanziato 900mila euro».
«La giunta, sindaco in testa - hanno proseguito Bianca Maria Giocoli e Carla Cavaciocchi - sa chi abita o ha abitato al campo giudei dell'Olmatello? Si ricorda di Nazif Sulejmanovic, l'ultra settantenne ora in carcere per aver ucciso i due nipoti in un campo di Milano? Ha dimenticato quei capo-clan che, proprio dall'Olmatello, addestravano i figli al borseggio ed a svaligiare case? Non siamo contrari ad integrare chi, nella nostra città, vuol vivere onestamente e dignitosamente. Siamo contro un'amministrazione che aiuta, con soldi pubblici, chi non se lo merita».
«Il sindaco siede nel comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza - hanno concluso - prima di spendere soldi, ha chiesto al prefetto un vero censimento di chi abita in quel campo? Senza dimenticare i residenti in via Lorenzini che si trovano coinvolti in una scelta di questo tipo senza essere stata minimamente coinvolti. E' questa la tanto decantata 'partecipazione'? Avremmo preferito un piano che, in un periodo di recessione economica, premiasse chi lo se merita: cosa penseranno quei cittadini che, pur di vivere nella legalità, fanno sacrifici ma che nessuno aiuta?». (fn)

ATTENZIONE: al momento di postare sul blog ci siamo accorti di un errore che non siamo in grado di correggere, probabilmente dovuto ad un truthvirus. Al posto della parola GIUDEI deve pertanto leggersi ed intendersi la parola ROM.
"Noi non siamo contrari ad integrare..." ma certo, come no! Al di là delle cose serie, perché questi dappoco sono capacissimi di rimpiangere quei sistemi totalitari della cui nostalgia accusano incessantemente la parte politica che si presenta come loro avversaria, è chiaro, ed è chiaro dai mille e mille comunicati e dichiarazioni di intenti simili a questo pubblicato oggi sul sito del Comune di Firenze, che gli "occidentalisti" considerano l'appartenenza etnica direttamente correlata alla propensione al crimine.


Contro il calcio (reprise)



Un palloniere Murdoch-compatible.
Una delle varietà umane meno dotate di senso del ridicolo

Di pallone, qui, si è già trattato qualche tempo fa, trascurando l'aspetto più "politico" della questione, sulla quale un episodio verificatosi a Firenze qualche giorno fa permette di ritornare con qualche proprietà d'argomento.
Uno scambio d'opinioni piuttosto acceso, definito "assalto", "spedizione punitiva" eccetera eccetera del quale abbiamo già fatto cenno ha coinvolto i frequentatori del bar-circolo di una piccola società sportiva. Il gestore si è trincerato istantaneamente dietro la "apoliticità" di un luogo "dove si parla solo di calcio".
Ma sono davvero "apolitici" i luoghi del pallone? La nostra lunga frequentazione di esperti del settore, le esperienze giovanili sul campo, la parte "virtuale" del fenomeno rappresentata dalla sua pervasività mediatica fanno pensare l'esatto contrario.
Se ne potrebbe scrivere molto a lungo, ma limitiamoci a quanto successo a Firenze all'inizio di novembre. La storia non ha mobilitato soltanto i giornali, ma anche qualche blogger di buona memoria che è andato a ripescare un episodio di qualche anno fa. Le grida razziste di alcuni suoi calciatori costarono qualche multa e qualche punto di penalizzazione proprio ad una squadra che fa capo alla società nei cui locali è avvenuto il diverbio. La parte dell'articolo della Gazzetta dello Sport che riporta l'accaduto è interessante, soprattutto laddove questo del razzismo ostentato in campo e fuori viene definito "un malcostume generale". E stiamo parlando di ragazzini in un campo di periferia, dove i "valori" del pallonismo strapagato sono modelli da imitare.
Varie fonti che trattano il brevissimo ed incruento scontro del primo novembre citano un tale, che come palloniere pare che goda di una certa notorietà, come non presente al momento del fatto ma presentissimo alla gendarmeria, al momento dei "riconoscimenti". Il che fa pensare che i protagonisti dell'episodio siano soliti frequentare gli stessi ambienti pallonistici e che le motivazioni di certi risentimenti vadano cercate più in quella maleodorante sentina di piccinerie, vendette trasversali, risse da pollaio, regressioni, battibecchi e traffici scaltri e nebulosi che viene definita "tifo organizzato" che non nella politica militante vera e propria.
Negli ultimi anni il mondo dei pallonieri è entrato in pieno marasma. Dall'Australia Rupert ha mandato a dire che non vuole rompicoglioni tra i piedi: i pallonisti di tutti i colori devono pagare (e molto), comprare il merchandising ufficiale, farsi trattare dai gendarmi come i fellahin palestinesi si fanno trattare da Tsahal e soprattutto non disturbare lo spettacolo facendo quello che hanno sempre fatto. Una vera doccia fredda su anni ed anni di scontri di piazza, locali devastati sul serio, coltellate prese e date, fumogeni, antisemitismo d'accatto e coracci assassini tollerati in nome del denaro. Dalla sera alla mattina centinaia di migliaia di individui adusi a ben altre pratiche, ed in questo autorizzati da una prassi universale che ha nel profitto il suo unico vero limite, han dovuto imparare a recarsi allo stadio come si recherebbero in un negozio di cristalleria, a familiarizzare con quei "terzi tempi" mutuati dal rugby laddove era prassi ordinaria il promettersi -e in qualche caso il mantenere- di squartarsi vivi a vicenda, a cantare canzoncine caste e pure, ad esibire "striscioni privi di scritte offensive". Una moltitudine dai rituali ben definiti e dai comportamenti di consumo ancora più codificati, a cui una miriade di imprenditori fornisce da decenni beni e servizi dalle bandiere colorate agli armamentari nazionalsocialisti che fanno tanto bene alla coesione di gruppo, dalle palestre ai locali dedicati, rischia di trovarsi espulsa dalla sera alla mattina dall'ambiente che l'aveva prodotta. Rischia di trovarsi digiuna di rituali identitari e delle occasioni per praticarli. E i suddetti imprenditori di veder ridimensionato il proprio giro d'affari.
Come rimediare? Da qualche tempo clienti e venditori percolano nelle cosiddette "serie inferiori" i comportamenti finora sperimentati in alto loco. Il terreno è già pronto da anni, secondo quanto siamo andati spiegando. C'è però un problema: se per i venditori non è certo difficile vendere caterve di sciarpe sintetiche delle società di pallone più quotate anche ai pallonieri che vanno a vedere le partite del Borgorosso, la numerosità ridotta delle compagini, gli ambienti anche architettonicamente diversi, mal si prestano alle orge identitarie rispetto a quelli in cui il pallonaggio è nato ed ha prosperato a lungo. Non si può far tanto numero, ecco. Le situazioni in cui origina quella diluizione della responsabilità che ti faceva gettare uno scooter da cima d'una gradinata o che ti faceva contendere un autogrill agli avversari in furibonde battaglie a colpi di prosciutto sottovuoto è diventato difficile trovarle. Molti dei gruppi nati nel pallonismo hanno trovato che l'iconografia e la pratica politica di quella che definiscono "destra radicale" offrono la possibilità di rafforzare in modo gratificante i legami di gruppo e ricreare occasioni per la diluizione di responsabilità su accennata e li hanno adottati in blocco, con un'assimilazione che ha causato un ulteriore impoverimento di simboli e contenuti già nefasti per conto proprio. Lungi dal produrre "idee", anche del tipo più discutibile o ripugnante che si possa concepire, i fasciopallonieri da periferia affollano (per modo di dire) forum telematici i cui utenti esibiscono avatar scelti tra poche decine di soggetti; brancate di foto in seppia della Wehrmacht, rune di varia estrazione ed invenzione, gerarchi in divisa (finiti quasi tutti miserrimamente, ma guai a ricordarglielo e soprattutto a ricordargli il perché)... Ci sono ragazze che posano succinte in nero e con un'arma in mano riportando a mo' di firma motti a contenuto sessuale. Se si pensa che uno dei forum più trafficati prende il nome da un immondo romanzaccio di Filippo Tommaso Marinetti, si ha l'impressione di trovarsi di fronte a gente la cui massima aspirazione nella vita è recitare da comparse in un remake di Salon Kitty. Unici contenuti rilevabili: autoincensamento reciproco, vacuità pallonistiche, post monosillabici e una ristrettissima rosa di insulti (sempre i soliti quattro o cinque) rivolti ad "avversari politici" in grado di fare di meglio, di sidereamente meglio, anche in questo settore un tempo ritenuto appannaggio di facchini e carrettieri.
Interessi ristrettissimi, cervello in cantina, livello umano su cui sorvolare, competenze zero in tutti i campi dello scibile. L'unico prodotto della coesione di gruppo mantenuta a scapito di tutto il resto dall'adozione di un'iconografia e -fatto non secondario- da modelli di consumo ferreamente limitati è diventato l'azione violenta. La correlazione tra l'intensificarsi degli omicidi a sfondo discriminatorio, gli assalti squadristici, i pestaggi di piazza, le forme più repellenti di bullismo adolescenziale e la blindatura degli stadi decisa praticamente dalla sera alla mattina dopo la morte di un gendarme catanese avvenuta in circostanze ancora poco chiare illustra bene quanto sta accadendo in questi mesi. Bandite dalla loro scena dalla militarizzazione del set dove si gira lo spettacolo che fa guadagnare Rupert Murdoch, la violenza e la sopraffazione come modo abituale di rapportarsi con gli altri diventano pratica consueta in contesti sociali diversi dagli stadi in cui hanno incubato e prosperato in santa pace per decenni, benedette da una lunghissima serie di operatori economici.
E' bene sottolineare anche la natura essenzialmente commerciale del fenomeno in corso. La pratica politica del fasciopallonismo -anzi, dovremmo chiamarla la pratica manesca- ispira gadget a tema che a loro volta ne amplificano le parole d'ordine, oltre a servire al rafforzamento identitario. E questi gadget vengono commercializzati in parte attraverso gli stessi canali e gli stessi operatori che da tanto tempo alimentano a furia di sciarpe e di adesivi l'identitarismo masturbatorio dei pallonieri. L'altra parte arriva diritta via internet dai produttori, gente che in qualche caso ha fondato vere e proprie linee di abbigliamento che stanno dando il loro bravo contributo a rendere ancora più impresentabile una generazione di ventenni già messa male per conto proprio.
Il contesto sociale che si è venuto a creare dovrebbe rendere il mondo palloniero ancora più odioso nella sua interezza: caccia da sotto i riflettori quell'umanità spaventosa che ha accarezzato per decenni e che è diventata impresentabile in un batter di ciglia, e la spinge, ulteriormente retrocessa da tutti i punti di vista, a celebrare nelle strade i propri riti di sangue.



Giornalismo e "libertà"


Messo tempo fa su iononstoconoriana.com, e meritevole di ripresa.

...Nel luglio 2008 "Repubblica" dà ogni giorno spazio ad oziosi "sondaggi" cui tale Ilvo Diamanti fornisce lungo e lacrimoso commento. Da questi "sondaggi" risulta un unico dato interessante: l'allarmismo e la malafede giornalaie sono finalmente riuscite, dopo un decennio di menzogne e di falsità ammannite quotidianamente ai sudditi in una misura mai vista nei trent'anni precedenti, a creare proprio quel clima di allarme sociale e di paura ubiqua che permettono ai professionisti della ciancia e ai politicanti in cravatta di campare praticamente di rendita e di derubricare a crimine qualunque comportamento e qualunque fenomeno sociale non comporti il passaggio di denaro da chi lavora a chi vende fumo.

Il brano che segue è tratto da Incontri con uomini straordinari, scritto da George Ivanovic Gurdjieff ed uscito postumo nel 1960. Gudjieff lo attribuisce ad un "vecchio letterato persiano" che lo avrebbe pronunciato in Persia ai tempi della sua giovinezza. Il contesto cui si fa riferimento, quindi, è quello russo-persiano dell'inizio del XX secolo. Lasciamo al lettore il compito di trarre conclusioni, ferma restando l'ingenuità dell'autore originale, secondo il quale tra "giornalismo" e "detentori di potere" esisterebbe competizione.


Le esigenze della civiltà contemporanea hanno generato un’altra forma molto specifica di letteratura, che viene chiamata giornalismo.
Non posso passare sotto silenzio questa nuova forma letteraria, perché, a parte il fatto che non porta assolutamente nulla di buono per lo sviluppo dell’intelligenza, essa è diventata, a mio avviso, il male dei nostri tempi, nel senso che esercita un’influenza funesta sui rapporti umani. Questo genere di letteratura si è molto diffuso negli ultimi tempi perché — ne sono fermamente convinto — esso corrisponde meglio di ogni altro alle debolezze e alle esigenze determinate negli uomini dalla loro crescente mancanza di volontà. Finisce così per atrofizzare la loro ultima possibilità di acquisire i dati che permettevano loro, finora, di prendere più o meno cura della loro reale individualità - unico mezzo per raggiungere il ricordo di sé, fattore assolutamente indispensabile per il processo di perfezionamento di sé.
Inoltre, questa letteratura quotidiana, priva di princìpi, isola completamente il pensiero degli uomini dalla loro individualità, di modo che la coscienza morale, che di tanto in tanto ancora appariva in loro, adesso ha cessato di partecipare al loro pensiero. E sono ormai privati dei dati che fino a quel momento avevano assicurato loro un’esistenza più o meno sopportabile, non fosse che nel campo dei rapporti personali.
Per sfortuna di noi tutti questo genere di letteratura, che invade ogni anno di più la vita quotidiana degli uomini, fa subire alla loro intelligenza, già molto indebolita, un indebolimento ulteriore, consegnandola inerme a ogni genere di inganni e di errori; essa li mette fuori strada a ogni passo, li distoglie da qualsiasi modo di pensare più o meno fondato e, invece di un giudizio sano, stimola e fissa in loro alcune tendenze indegne, quali: incredulità, ribellione, paura, falso pudore, dissimulazione, orgoglio, e così via.
Per dipingervi in modo sommario tutto il male fatto all’uomo da questa nuova forma di letteratura, vi racconterò alcuni avvenimenti provocati dalla lettura dei giornali: non ho motivo di dubitare della loro veridicità, poiché il caso ha voluto che vi partecipassi.
A Teheran, un mio amico intimo, un armeno, morendo, mi aveva designato come suo esecutore testamentario.
Egli aveva un figlio, già di una certa età, costretto dai suoi affari a vivere con una numerosa famiglia in una grande città europea.
Ora, all’indomani di un pranzo fatale, li trovarono tutti morti, lui e tutti i membri della sua famiglia. Nella mia qualità di esecutore testamentario, dovetti subito recarmi sul luogo della terribile disgrazia.
Venni a sapere che, i giorni precedenti, il padre di questa sfortunata famiglia aveva seguito, su uno dei quotidiani ai quali era abbonato, un lungo servizio su un salumificio modello, in cui venivano preparate, in condizioni igieniche eccellenti, delle salsicce fatte, così si diceva, con prodotti garantiti genuini.
Inoltre, egli non poteva aprire né questo giornale né nessun altro, senza imbattersi in inserzioni che raccomandavano questo nuovo salumificio.
In breve la tentazione divenne irresistibile e, benché le salsicce non piacessero molto — né a lui né d’altronde ad alcuno dei suoi familiari, perché essi erano cresciuti in Armenia, dove non si mangiano salumi —, non poté fare a meno di comprarne. La sera stessa le mangiarono per cena, e furono tutti avvelenati.
Colpito da questo avvenimento straordinario, riuscii in seguito, con l’aiuto di un agente della polizia segreta, a scoprire quanto segue.
Una ditta molto importante aveva comprato a basso prezzo un enorme quantitativo di salsicce destinate all’estero che però, in seguito a un ritardo nella spedizione, era stato respinto. Per sbarazzarsi al più presto dell’intera partita, la ditta in questione non aveva lesinato il denaro ai giornalisti ai quali aveva affidato questa malefica campagna pubblicitaria sui giornali.
Altro esempio: durante uno dei miei soggiorni a Baku, lessi io stesso, per vari giorni di seguito, sui giornali locali che mio nipote riceveva, lunghi articoli le cui colonne occupavano più della metà del giornale, dove si facevano i più sperticati elogi a un’attrice e alle sue prodezze con dovizia di particolari.
Si parlava di lei con tanta insistenza e in termini così esaltati che perfino io, uomo vecchio, mi infiammai, e una sera, lasciando da parte tutti i miei affari e rinunciando alle mie abitudini, andai a teatro per vedere la stella.
E che cosa credete che abbia visto?... Qualcosa che corrispondesse almeno un po’ a ciò che si scriveva su di lei in quegli articoli che riempivano metà del giornale?...
Nulla di simile.
Nel corso della mia vita, avevo incontrato numerosi rappresentanti di quest’arte, alcuni buoni, altri pessimi, e posso dire senza esagerazione che già da molto tempo venivo considerato un conoscitore in materia.
Ora, senza neppure tener conto delle mie concezioni personali sull’arte, ma considerando semplicemente la cosa da un punto di vista ordinario, devo riconoscere che non avevo mai visto nulla di paragonabile a questa celebrità... per la mancanza di talento e l’assenza delle nozioni più elementari circa l’arte di interpretare una parte.
In ogni suo gesto sulla scena c’era una tale mancanza di presenza, come si suol dire, che io personalmente, neppure in uno slancio di altruismo, avrei affidato a questa stella la parte di sguattera in casa mia.
Come venni a sapere in seguito, un certo industriale di Baku — il tipico raffinatore di petrolio, che aveva fatto fortuna — aveva anticipato una bella somma ad alcuni giornalisti, promettendo di raddoppiarla se fossero riusciti a rendere celebre la sua amante, fino a poco tempo prima cameriera presso un ingegnere russo, che egli aveva sedotta in occasione delle sue visite di affari.
Ed ecco un altro esempio.
Leggevo di tanto in tanto, su un giornale tedesco molto diffuso, lunghi panegirici di un certo pittore, e questi articoli mi portarono a pensare che questo artista fosse una specie di fenomeno dell’arte contemporanea.
Siccome mio nipote si era fatto costruire una casa nella città di Baku e aveva deciso, in previsione del suo matrimonio, di farla arredare in modo sontuoso, gli consigliai di non lesinare sul denaro e di mandare a chiamare quell’artista famoso perché dirigesse i lavori di decorazione e dipingesse alcuni affreschi. (Sapevo che quell’anno egli aveva avuto la fortuna di trivellare alcuni pozzi di petrolio ad alta resa che lasciavano sperare in un rendimento ancora migliore). Così le enormi spese sarebbero per lo meno servite ai suoi discendenti, che avrebbero ricevuto in eredità gli affreschi e altre opere di questo maestro eccelso.
Così fece mio nipote. Andò lui stesso a cercare l’illustre artista europeo. E presto giunse il grande pittore, trascinandosi appresso un’intera schiera di assistenti e operai e, così mi sembrò, perfino il proprio harem — nel significato europeo della parola, beninteso. Poi, senza fretta, si mise all’opera.
Il risultato del lavoro di questa celebrità contemporanea fu, innanzitutto, che il matrimonio venne rimandato, e, in secondo luogo, che si dovette spendere parecchio denaro per risistemare tutto, facendo poi ridipingere e decorare le pareti in modo più conforme alla vera pittura da semplici artigiani, persiani questa volta.
Nel caso presente, bisogna rendere giustizia ai giornalisti: fu quasi disinteressatamente che essi aiutarono quel pittore da strapazzo a far carriera, da modesti imbrattacarte quali erano. Come ultimo esempio, vi racconterò una fosca storia di cui fu responsabile uno dei pontefici di quella specie di letteratura contemporanea particolarmente perniciosa.
Nel periodo in cui abitavo nella città di Khorasan, un giorno incontrai a casa di un comune amico due giovani sposi europei, e strinsi amicizia con loro.
Essi si fermarono parecchie volte a Khorasan, ma ogni volta per pochissimo tempo.
Mentre viaggiava in compagnia della giovane moglie, il mio nuovo amico raccoglieva osservazioni e faceva delle analisi per determinare gli effetti della nicotina di vari tipi di tabacco sull’organismo e lo psichismo degli esseri umani.
Avendo raccolto in vari paesi dell’Asia tutte le informazioni di cui aveva bisogno, ripartì per l’Europa con sua moglie e si mise a scrivere un’opera importante in cui esponeva le conclusioni delle sue ricerche.
Ora, per mancanza di esperienza, la giovane donna non aveva ancora imparato a prendere in considerazione l’eventualità che si presentassero ‘periodi neri’, e, durante quei viaggi, aveva dato fondo a tutte le loro risorse. Così, per permettere al marito di portare a termine il suo libro, si vide costretta a lavorare come dattilografa in una grande casa editrice.
Questa casa editrice era frequentata da un certo critico letterario che la incontrava spesso. Innamoratosi di lei, come si suol dire, o semplicemente desideroso di soddisfare la sua concupiscenza, egli tentò di indurla ad avere un legame con lui. Ma lei, da donna onesta che conosceva il proprio dovere, non cedette alle sue proposte.
Mentre in questa sposa fedele di un marito europeo trionfava la morale, quel tipico individuo contemporaneo, sudicio in ogni senso, nutriva, tanto più forte in quanto la sua concupiscenza non era stata soddisfatta, il desiderio di vendetta abituale in gente del suo stampo, cosicche egli riuscì, con i suoi intrighi, a farle perdere il posto senza il minimo motivo. Poi, quando suo marito ebbe terminato e pubblicato la sua opera, per rancore, quel critico si mise a scrivere sui quotidiani di cui era collaboratore e perfino su altri giornali e riviste tutta una serie di articoli in cui dava del libro un’interpretazione assolutamente falsa. In breve, egli lo screditò a tal punto che esso fu un fiasco completo; nessuno si interessò di quel libro né lo comprò. Gli intrighi di uno dei rappresentanti malefici di una letteratura priva di princìpi ebbero questa volta il risultato di spingere un onesto ricercatore a porre fine ai propri giorni. Quando questi ebbe esaurito tutte le sue risorse e non ebbe più neanche di che comprarsi il pane per sé e per la sua cara moglie... dopo essersi messi d’accordo, tutti e due si impiccarono.
I critici letterari, a causa dell’influenza che la loro autorità di scrittori esercita sulla massa degli uomini ingenui e facili da suggestionare, a mio avviso sono mille volte più nocivi di tutti quei mocciosi di giornalisti.
Per esempio, io conoscevo un critico musicale che per tutta la sua vita non aveva mai toccato uno strumento, e che dunque non aveva nessuna coinprensione pratica della musica: non sapeva neppure che cosa fosse un suono, né quale fosse la differenza esistente tra le note do e re. Ciò nonostante, le anomalie inerenti alla civiltà contemporanea gli avevano consentito di occupare un posto di responsabilità come critico musicale, e di diventare successivamente un’autorità per i lettori di un giornale in piena prosperità la cui diffusione era considerevole. I suoi giudizi del tutto incornpetenti avevano finito per inculcare nei lettori opinioni definitive, mentre la musica sarebbe potuta essere per loro ciò che essa è in realtà: una fonte di corretta comnprensione di uno degli aspetti della conoscenza.
Il pubblico non sa mai chi è che scrive. Conosce soltanto il giornale, il quale appartiene a un gruppo di esperti commercianti.
Che cosa sanno esattamente coloro che scrivono su quei giornali, e che cosa succede dietro le quinte della redazione? Il lettore lo ignora completamente. Perciò prende per oro colato tutto ciò che trova sui giornali.
Su questo argomento, la mia convinzione si è andata rafforzando in questi ultimi tempi, ed è diventata salda come roccia e ogni uomo capace di pensare in modo più o meno imparziale può fare la stessa constatazione: coloro che cercano di svilupparsi con i mezzi loro offerti dalla civiltà contemporanea, al massimo riescono ad acquistare una facoltà di pensare degna della prima invenzione di Edison e, in fatto di sensibilità, sviluppano in sé soltanto ciò che Mullah Nassr Eddin avrebbe chiamato “la finezza di sentimenti di una vacca”.
I rappresentanti della civiltà contemporanea, trovandosi a un grado di sviluppo morale e psichico molto inferiore, sono, come dei bambini che giocano col fuoco, incapaci di misurare la forza con la quale si esercita l’influenza della letteratura sulla massa.
Se devo credere all’impressione che mi è rimasta dopo avere studiato la storia antica, le élites delle civiltà di un tempo non avrebbero mai permesso che una simile anomalia continuasse così a lungo.
Ciò che dico d’altronde può venire confermato da informazioni che ci sono giunte circa l’interesse che provavano per la letteratura quotidiana i dirigenti del nostro paese, non tanto tempo fa, nell’epoca in cui eravamo fra le grandi potenze, nell’epoca cioè in cui Babilonia ci apparteneva ed era l’unico centro di cultura universalmente riconosciuto.
Secondo queste informazioni, anche laggiù esisteva una stampa quotidiana, sotto forma di papiri stampati, in quantità limitata, naturalmente. Ma a questi organi letterari potevano collaborare soltanto uomini di una certa età, che fossero qualificati, conosciuti da tutti per i loro sicuri meriti e la loro vita onesta. Esisteva perfino una regola secondo la quale questi uomini venivano ammessi ad adempiere alla loro carica soltanto dopo avere prestato giuramento. Portavano allora il titolo di “collaboratori giurati”, come oggi esistono i membri di una giuria, gli esperti giurati, eccetera.
Oggigiorno, invece, qualsiasi sbarbatello può diventare giornalista, purché sappia esprimersi in modo garbato e, come si dice, letterario.
Ho imparato peraltro a conoscere molto bene lo psichismo di questi prodotti della civiltà contemporanea che sommergono con le loro elucubrazioni quei giornali e quelle riviste, e ho potuto valutare il loro essere perché, per tre o quattro mesi, ho avuto occasione di stare al loro fianco, ogni giorno, nella città di Baku, e di avere con loro frequenti conversazioni.
Mi trovavo a Baku, dove ero andato a passare l’inverno da mio nipote. Un giorno, alcuni giovani vennero a chiedergli una delle grandi sale al pianterreno di casa sua — dove prima aveva avuto intenzione di aprire un ristorante — come sede per la loro Nuova Società degli Uomini di Lettere e Giornalisti.
Mio nipote accolse subito tale richiesta e, a partire dall’indomani, quei giovani si riunirono ogni sera a casa sua per tenervi ciò che essi chiamavano le loro assemblee generali e i loro dibattiti scientifici.
A queste riunioni venivano ammessi anche gli estranei, e siccome io non avevo nulla da fare la sera, e la mia camera si trovava accanto alla sala dove si incontravano, andavo spesso ad ascoltare i loro discorsi. Ben presto alcuni di loro mi rivolsero la parola e, a poco a poco, fra noi si stabilirono rapporti amichevoli.
Per la maggior parte erano ancora giovanissimi.
delicati ed effeminati. In alcuni, i lineamenti del viso rivelavano che i loro genitori probabilmente si erano dedicati all’alcol o ad altre passioni per mancanza di volontà, o che i proprietari di quei visi si abbandonavano di nascosto a cattive abitudini.
Benché Baku sia una piccola città, se la si confronta con la maggior parte delle grandi città della civiltà contemporanea, e benché i campioni di umanità che si riunivano laggiù fossero tutt’al più “uccelli che volano bassi”, non mi faccio scrupolo alcuno a generalizzare mettendo tutti i loro colleghi nello stesso sacco.
E sento di averne il diritto perché più tardi, durante i miei viaggi in Europa, ho spesso incontrato dei rappresentanti di questa letteratura contemporanea, che mi hanno fatto sempre la stessa impressione: quella di somigliarsi tutti come gocce d’acqua.
Erano diversi soltanto per il loro grado di importanza, che dipendeva dall’organo letterario al quale essi collaboravano, cioè dalla fama e dalla diffusione del giornale o della rivista che pubblicava le loro elucubrazioni, o ancora dalla solidità della ditta commerciale alla quale apparteneva quest’organo, con tutti i suoi operai letterari.
Molti fra loro si autodefinivano, non si sa perché, “poeti”. Oggigiorno, in Europa, chiunque scriva una breve assurdità di questo genere:

Verde reseda
rosso mimosa
la divina posa di Lisa
è molle acacia
di pianto intrisa

riceve dalla sua cerchia il titolo di poeta; alcuni fanno perfino stampare questo titolo sul loro biglietto da visita.
Tra questi operai del giornalismo e della letteratura contemporanea lo spirito di corpo è molto sviluppato: essi si sostengono a vicenda e si lodano in ogni occasione in modo esagerato.
Mi sembra anzi che questa caratteristica sia la causa principale della loro proliferazione, della loro falsa autorità sulla massa, e dell’adulazione incosciente e servile dimostrata dalla folla per quelli che si potrebbero definire, con la coscienza a posto, delle perfette nullità.
In queste assemblee, uno di essi saliva sul palco per leggere, ad esempio, qualcosa del genere dei versi che ho appena citati, o per esaminare perché il ministro di questo o quel paese, durante un pranzo ufficiale, si fosse espresso su una certa questione nel tal modo e non nel tal altro. Poi, il più delle volte, l’oratore terminava il suo discorso con una dichiarazione di questo genere:
“Cedo la parola a questo eccellentissimo luminare della scienza del nostro tempo, il signor Tal dei Tali, chiamato nella nostra città per un affare della massima importanza e che ha avuto l’estrema cortesia di voler assistere alla nostra assemblea. Avremo ora il grande piacere di ascoltare la sua incantevole voce”.
E quando questa celebrità saliva a sua volta sul palco, prendeva la parola in questi termini: “Signore e Signori, il mio collega è stato così modesto da chiamarmi celebrità...”. (Va notato per inciso che egli non aveva potuto afferrare ciò che aveva detto il suo collega, poiché era venuto dalla sala accanto, la cui porta era chiusa).
“A dire il vero, se mi si paragona a lui, non sono neppure degno di sedere in sua presenza. Non sono io il luminare, bensì lui: è conosciuto non solo in tutta la nostra grande Russia, ma nell’intero mondo civilizzato. Il suo nome verrà pronunciato con esaltazione dai nostri discendenti, e nessuno dimenticherà mai ciò che egli ha fatto per la scienza e per il bene dell’umanità.
“Se questo fulcro di verità vive oggi in questa città insignificante, non è per caso, sembra, bensì per importanti motivi da lui solo conosciuti. Il suo vero posto non è fra noi, bensì accanto alle antiche divinità dell’Olimpo”.
Ed era soltanto dopo questi preamboli che la nuova celebrità pronunciava alcune assurdità, su un tema di questo genere: Perché i Sirikitsi dichiararono guerra ai Parnakalpi.
Dopo queste assemblee scientifiche, c’era sempre una cena annaffiata da un paio di bottiglie di vino scadente. Molti dei convitati si infilavano in tasca degli antipasti — chi una fetta di salame, chi un’aringa con un pezzo di pane — e se per caso uno di loro veniva colto sul fatto, diceva con aria noncurante: “E per il mio cane: quel briccone ha le sue abitudini, vuole sempre la sua parte quando rincaso tardi”.
L’indomani, si poteva leggere su tutti i giornali locali il resoconto della serata e dei discorsi, scritto in uno stile incredibilmente ampolloso, naturalmente senza che si accennasse mai alla modestia della cena né ai furterelli di fette di salame... per il cane.
E sono queste le persone che scrivono sui giornali a proposito di ogni genere di verità e di scoperte scientifiche. Il lettore ingenuo, che non vede gli scrittori e non conosce il loro modo di vivere, si fa un’opinione sugli avvenimenti e sulle idee secondo i vaneggiamenti di questi letterati da strapazzo che non sono né più né meno che uomini malati e privi di esperienza, che ignorano completamente il vero significato della vita.
Tranne rarissime eccezioni, in tutte le città d’Europa, quelli che scrivono libri o articoli sui giornali appartengono proprio alla specie di questi giovani sventati, che sono diventati tali per motivi ereditari o per loro debolezza specifica.
Per me, non v’è alcun dubbio: fra tutte le cause delle anomalie esistenti nella civiltà contemporanea, la più evidente, quella che occupa il posto predominante, è proprio questa letteratura giornalistica, per l’azione demoralizzante e perniciosa che esercita sullo psichismo degli uomini. Peraltro sono profondamente stupito che nessun ‘detentore di potere’ se ne sia mai accorto, e che ogni Stato consacri quasi più di metà del proprio bilancio al mantenimento della polizia, delle carceri, dei municipi, delle chiese, degli ospedali, ecc... e che paghi innumerevoli funzionari, preti, medici, agenti della polizia segreta, procuratori, agenti per la propaganda, ecc... tutto ciò con l’unico scopo di salvaguardare l’integrità fisica e morale dei suoi cittadini, senza spendere un solo centesimo né intraprendere una qualsiasi azione per distruggere fino alle radici questa causa evidente di ogni genere di crimini e di malintesi.

lunedì 3 novembre 2008

Gli antifascisti e gli antifa


La giornata del primo novembre è stata caratterizzata da due avvenimenti piuttosto importanti per il ristretto mondo dell'attivismo politico fiorentino.
Il primo, il funerale civile di un attivista del CPA di Firenze Sud esponente, secondo quanto si può leggerne in giro, di un antifascismo vero, quotidiano, fondato su logiche e documentate basi.
Il secondo, l'"assalto" al bar di un circolo sportivo, attribuito dalla stampa ad altri attivisti dello stesso CPA, avvenuto poche ore dopo. L'importanza di questo secondo evento, tanto inutile quanto condotto in maniera demenziale ammesso che di "assalto" si sia trattato, è però oggettivamente pari a zero: nessun ferito, nessun danno rilevante, tre denunciati per danneggiamento. Il fatto che si sia verificato dà però alla compagine "occidentalista" del Comune di che dare aria alla bocca almeno per una settimana.
Le due cose, prese nel loro insieme, possono essere utili per riportare una serie di paragrafi scritti anni fa da Miguel Martinez, e che trattano proprio della differenza che c'è tra antifascisti ed antifa.

Esiste un'area dell'estrema sinistra che dedica la maggior parte del suo tempo a stilare liste di proscrizione di "fascisti". In questo, non c'è interesse per le idee. Ad esempio, il razzismo genocida di Oriana Fallaci, che viene promosso su Panorama, il Corriere della Sera e la Rai, non interessa affatto a questo genere di "antifascisti". A loro interessa solo il diciassettenne bocciato a scuola che disegna svastiche sulle panchine.
Questo tipo di antifascismo non differisce strutturalmente dall'antisemitismo di epoche passate. Il nemico non è un'ideologia, rispetto alla quale ognuno può prendere posizione. Il nemico è "il fascio", cioè uno specifico essere umano, in genere tale semplicemente perché nato in una famiglia di ammiratori di Mussolini. Il "fascista", per i cultori di questo tipo di psicosi, è tale, irrimediabilmente, a vita, ed è colpevole collettivamente di ogni delitto mai commesso da qualunque altro "fascista" nel corso della storia. Ogni azione del "fascio" è schifosa e immorale: è un "personaggio", un "losco figuro", nel gergo antifa. Se il "fascio" non cambia idea, è un nemico; se la cambia, è un infiltrato, e quindi ancora più pericoloso. Sono del tutto irrilevanti le sue idee o le sue trasformazioni, tutte rubricate sotto la voce di "trascorsi".
Se ci si pensa bene, questo genere di antifascismo ha come unico sbocco logico lo sterminio.
Si penserebbe che questi antifascisti dedichino gran parte del loro tempo a combattere gli eredi di Mussolini che stanno attualmente al governo. Nient'affatto, perché un Fini o un Urso sono troppo in alto. Come i tifosi della Roma o della Lazio, i veri nemici non sono quelli che contano, ma quelli cui puoi strappare la sciarpa.